Tra le ventuno costituenti, solo due erano socialiste: Lina Merlin e Bianca Bianchi, tutte e due insegnanti.

Bianca Bianchi era nata a Vicchio, in provincia di Firenze, in una famiglia di modeste condizioni: il padre, Adolfo, fabbro e segretario della locale sezione socialista, morì quando lei aveva sette anni e allora la madre, insieme con lei e con la figlia maggiore, si trasferì a Rufina presso l’abitazione dei suoi genitori. Fu proprio il nonno, un contadino antifascista, a stimolare Bianca con discussioni letterarie e religiose e a darle i primi rudimenti di politica. La giovane rivelò ben presto un grande interesse per lo studio e – grazie all’appoggio del nonno e nonostante la contrarietà della madre – si trasferì a Firenze per frequentare la scuola magistrale prima e la Facoltà di Magistero poi.

Nel 1939 si laureò con ottimi voti in Filosofia e Pedagogia con il prof. Ernesto Codignola, con una tesi sul problema religioso in Giovanni Gentile che fu pubblicata l’anno successivo. Insegnò in diversi istituti superiori di varie città ma i suoi metodi, ispirati alla libertà e al dialogo, erano in contrasto con i principi della scuola fascista. Entrata più volte in conflitto con i suoi dirigenti, abbandonò con grande fierezza l’insegnamento in Italia, accettando nel 1941 un incarico in Bulgaria.

Rientrata in patria nel 1942, dopo la caduta del fascismo e la firma dell’armistizio, partecipò, su invito del prof. Codignola, alle riunioni del Partito d’Azione, contribuendo attivamente alla Resistenza; ma, dopo la Liberazione, lasciò il partito azionista, giudicandolo troppo elitario, per aderire allo Psiup – Partito socialista italiano di unità proletaria, nato nel 1943 dalla fusione del Psi con il Movimento di Unità Proletaria – e si impegnò a tempo pieno nella politica. Durante la campagna elettorale acquisì da subito molti consensi tra la base, anche grazie alle sue abilità oratorie, al punto che le fu proposto di presentarsi come capolista alle elezioni per l’Assemblea Costituente. Ciò però suscitò non poche reazioni. In particolare i vecchi militanti, sventolandole sotto gli occhi la “tessera ingiallita dell’antimarcia” (“come se l’anzianità fosse sinonimo di intelligenza”), le rimproveravano, di fatto, la giovinezza: vedevano in lei “lo strumento giusto per accrescere voti e attirare le donne fuori dall’indifferenza. Servivo insomma ai fini della propaganda elettorale, ma in cuor loro speravano che non venissi eletta”. E, a ulteriore dimostrazione di quanto sia stato difficile il suo rapporto con il partito, a distanza di anni Bianchi racconterà che ai tempi della Costituente le fu chiesto “di firmare una lettera di dimissioni preparata in antecedenza”. Come capolista fu indicato Sandro Pertini, ma Bianca ottenne il doppio delle sue preferenze. Nel novembre del 1946 venne poi eletta al Consiglio comunale di Firenze, anche qui con il maggior numero di preferenze.

All’interno dell’Assemblea Costituente ricoprì, insieme a Teresa Mattei, la carica di Segretaria di Presidenza. Le cronache si occuparono subito di lei, non per parlare del suo impegno e del suo lavoro, ma del suo abbigliamento e dei suoi capelli biondi. In occasione della seconda seduta della Costituente, il 26 giugno 1946, su un quotidiano nazionale veniva così descritta:

vestiva un abito color vinaccia e i capelli lucenti che la onorevole porta fluenti e sciolti sulle spalle le conferivano un aspetto d’angelo. Vista sull’alto banco della presidenza dove salì con i più giovani colleghi a costituire l’ufficio provvisorio, ingentiliva l’austerità di quegli scanni.

E commenta il giornalista Jader Jacobelli, che seguì i lavori della Costituente per la rubrica Oggi a Montecitorio: “La chiamavano tutti “la Biondissima”, come se fosse una vamp, e non una delle deputate più preparate che siano passate da Montecitorio”.

Intervenire in aula non le fu affatto facile; anzi le richiese grande coraggio e tenacia, come lei stessa racconta in un suo libro. Era un diritto che le fu contestato in nome di regole politiche non scritte e, evidentemente, perché donna (“penso a nonno Angiolo, a quanta verità mi disse quando stavo per intraprendere questo lavoro: “tu sei una donna”). Inizialmente Bianca non capisce cosa stia succedendo,

poi, metto insieme il mosaico di parole e di sguardi e: Dio, ce l’hanno con me. Sono io l’accusata. Non vogliono che parli sulle dichiarazioni del Governo. Chi mi ha autorizzato? Ho avuto forse l’incarico dal partito? Non so che ogni intervento in aula deve essere discusso e approvato dagli organi direttivi? […]. Non si può parlare quando si vuole […]. Posso essere brava a fare un comizio ma, che diamine, parlare alla Camera è un’altra cosa […]. La più accanita contro di me è Lina Merlin: ma guarda, penso, una donna contro un’altra donna, dovrebbe sostenermi, aiutarmi. Sono ferita nell’amor proprio e decido di non permettere nessun boicottaggio su di me. […] è diventata una sfida. Ingoio saliva amara, la pelle mi brucia addosso come fosse stata frustata, ma resto in silenzio. Non siamo i rappresentanti di coloro che ci hanno dato il voto? Per loro parlerò.

Decisa a non mollare, affronta Saragat, che però la tranquillizza: “Tu parlerai perché ti farò parlare io, ricordalo, sono il presidente. Ti chiamerò alla tribuna martedì pomeriggio. Preparati bene”. Il 22 luglio 1946, quando le viene data la parola, ha un momento di panico, ma poi inizia a parlare

con calma e saggezza come si addice a un’aula parlamentare, quasi che una sapienza antica guidi il pensiero che non ha più paura. Quando finisco il presidente si alza, viene verso di me, mi stringe la mano e si congratula: l’assemblea si leva in piedi con un applauso prolungato. I miei colleghi di partito mi accolgono sorridenti.

Il giorno dopo un giornale intitolerà A Montecitorio nasce una prima attrice giovane.

Al Congresso del partito del 1947 decise di seguire la minoranza di Saragat, a cui la legava anche una profonda amicizia, nel Partito Socialista dei Lavoratori Italiani – divenuto poi Psdi (Partito Socialista Democratico italiano) – nelle cui liste venne candidata, ed eletta, nella prima Legislatura nel 1948. Numerose furono le proposte di legge che presentò: da quelle sulla scuola – in particolare contro le sovvenzioni statali alla scuola privata, sospettata di concedere con troppa facilità diplomi e titoli, con una gestione “mercantile”, alle quali propose di sostituire la parificazione, che offriva migliori garanzie attraverso regolari concorsi per il reclutamento degli insegnanti – a quelle sulle pensioni, sull’occupazione e sulla ricerca di paternità. Ma il tema che più le stava a cuore era quello del “riconoscimento dei figli naturali” – come dimostra anche il libro che ha scritto sull’argomento, I figli di nessuno 1 ricco di dati e di argomentazioni – di cui parlerà anche al Congresso Internazionale delle Donne ad Amsterdam, destando scalpore e sdegno quando racconterà che in Italia sui documenti del figlio naturale, perfino sulla pagella scolastica, veniva riportata la dizione di figlio di NN (Nomen Nescio). Al suo ritorno, iniziò a lavorare a un progetto di legge, in cui si prevedeva l’allargamento della ricerca della paternità, il riconoscimento obbligatorio da parte della madre, migliore assistenza alle madri nubili, superamento di ogni discriminazione giuridica o sociale tra bambini nati dentro o fuori dal matrimonio: proposta che venne respinta, rivelando le notevoli resistenze che ancora c’erano a questo riguardo; bisognerà attendere il 1955 perché una legge abolisse dai documenti anagrafici la menzione della nascita illegittima.

Dopo quella prima legislatura, Bianca Bianchi non fu più rieletta e riprese con entusiasmo il suo impegno per la scuola – fondando anche a Montesenario la “Scuola d’Europa”, centro educativo di sperimentazione didattica, strutturato secondo il metodo Pestalozzi, che accoglieva ragazzi delle scuole elementari e medie provenienti da tutta l’Italia centro-settentrionale– e la sua attività di scrittrice. Rientrò in politica quasi venti anni dopo, eletta consigliera comunale e poi vicesindaco e Assessora alle questioni legali e affari generali a Firenze, dove si spense il 9 luglio del 2000.

Note


1 Milano, Ed. di comunità 1951.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Bianca Bianchi

Bianca Bianchi, L’esperienza di un’educazione nuova alla scuola d’Europa, Roma, Editoriale Opere Nuove 1962

Bianca Bianchi, La storia è memoria, ti racconto la mia vita, Firenze, Giorgi & Gambi1998

Elena Marinucci, Bianca Bianchi, in http://www.fondazionenildeiotti.it

Silvia Salvatici, Anna Scattigno, Una ragazza dai capelli color del rame, in Silvia Salvatici, Anna Scattigno, In una stagione diversa, le donne in Palazzo Vecchio, 1946-1970, Firenze, Ed. Comune aperto,1998

Patrizia Gabrielli, Bianca Bianchi: la biondissima in Eadem, Il primo voto. Elettrici ed elette, Roma, Castelvecchi2016

Giulia Galeotti, Bianchi Bianca, in http://www.150anni.it

Referenze iconografiche: Bianca Bianchi negli anni cinquanta. Immagine in pubblico dominio.

Voce pubblicata nel: 2019

Ultimo aggiornamento: 2023