Definita dai suoi contemporanei la “Musa della Ragione”, Constance Marie de Théis venne educata dal padre, filosofo e uomo di scienza, secondo i precetti illuministi. Si distinse subito per la cultura solida e l’intelligenza precoce: a soli diciassette anni suoi versi vennero pubblicati sull’Almanach des Graces et des Muses e sul Journal de France.

Nel 1789 Constance sposò il giovane chirurgo Jean-Baptiste Pipelet. L’anno successivo nacque Agathe Clémence, la sua unica figlia. Gli anni del matrimonio furono gli anni della Rivoluzione Francese, che, sino al Terrore, Constance accolse con entusiasmo e fervore. Nel 1793 fu costretta a un esilio volontario, durante il quale vide la luce la sua prima grande opera poetica, Sapho. In essa, dietro le vicende di una donna innamorata e pronta a qualsiasi azione pur di recuperare il suo amato, emerge, secondo il tipico stile anodino caro a Diderot, una serrata critica a ogni forma di fanatismo ideologico e religioso.

Nel 1795, prima donna in assoluto, Constance venne ammessa al Lycée des Arts e da subito dichiarò i suoi intenti: dimostrare la parità intellettuale fra uomo e donna. Due anni dopo, nel 1797, lesse pubblicamente la sua Epitre aux femmes, che ne fece il simbolo della rivolta delle donne contro la dominazione maschile nelle discipline artistiche. In seguito, Constance venne ammessa a tutte le maggiori Sociétés savantes dell’epoca: la Societè philotechnique, e le Accademie di Lione, Caen, Livorno, Laon, Marsiglia e Nantes, incluse anche varie Sociétés littéraires di Parigi.

Ma gli onori pubblici portarono disagi privati: il marito Jean-Baptiste si dimostrò volubile e geloso, incapace di sostenere il rapporto con una donna tanto libera. Il divorzio giunse nel 1799. Poco male, dato che qualche tempo dopo Constance si risposò con il nobile conte de Salm di sei anni più giovane di lei, anch’egli divorziato, e diede vita a Parigi a uno dei salotti più frequentati dall’intelligenza europea. Vi si annoverano nomi di grande prestigio fra cui Paul-Louis Courier, La Fayette, e Alexander von Humboldt. Anni dopo, Dumas figlio vi lesse i suoi primi versi. Gli onori e la celebrità mondana non distolsero Constance dall’impegno per la causa femminile e, anzi, approfittò della sua visibilità per far giungere a Napoleone una serrata critica, sempre in versi, nei confronti dell’articolo 324 del Codice Civile; in esso, si sosteneva per alcuni casi l’ammissibilità dell’omicidio commesso da un marito verso la propria sposa. Avvicinatala pochi giorni dopo la pubblicazione dei versi, Napoleone le si rivolse con queste parole: «Ho letto i vostri versi. Avete ragione».

La caduta dell’imperatore costrinse Constance a un nuovo esilio in Alsazia. Per salvarsi dalla durezza delle condizioni di vita, la duchessa fece ricorso di nuovo alla scrittura e completò un’operetta iniziata parecchi anni prima, le Vingt-quatre heures d’une femme sensibile. Sarà il suo maggior successo, un vero gioiello di scrittura. Attraverso una scansione temporale di ventiquattr'ore segnata dall’attesa di altrettante lettere di un presunto amante, si analizzano con rigore illuminista le passioni dell’anima, in primis la gelosia, al fine dichiaratamente catartico di esorcizzarne gli effetti nefasti, se non patetici o grotteschi. Il sospetto che dietro i sospiri della protagonista si celi in realtà una sferzante critica alle teorie sulle languide passioni femminili, condotta da una donna intelligente e spregiudicata al fine di soddisfare lucidamente il proprio legittimo interesse, percorre tutte le pagine del libro.

Rientrata a Parigi, duramente colpita dalla morte della sua unica figlia Agathe Clémence e avvilita per il decadimento culturale e civile, Constance de Salm morì nel 1845 dopo una vita trascorsa alla luce della ragione, tra gli onori dell’intelligenza e la costante convinzione del valore della cultura come strumento di emancipazione dai pregiudizi sulle donne.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Constance de Théis de Salm

Referenze iconografiche: Ritratto della Principessa Constance de Salm, stampa di Jules Léopold Boilly. © The Trustees of the British Museum.  CC BY-NC-SA 4.0.

Voce pubblicata nel: 2012

Ultimo aggiornamento: 2023