Cristina è stata famosissima in vita e non solo in Italia. Celebrata anche dopo morta per decenni, grazie al suo apporto alla causa dell’Unità d’Italia, è oggi quasi sconosciuta. A Milano, dove il suo nome era noto a tutti, per la sua ricchezza, la bellezza, il coraggio e l’anticonformismo, è oggi ricordata con una via suburbana che porta a Pero, dopo lo svincolo autostradale di Roserio.

Cristina fu una bambina gracile e timida, ma già da giovanissima si dimostrò intrepida. Era nata in una famiglia nobile e ricca; suo padre morì quando lei aveva solo quattro anni e tuttavia la sua fu un’infanzia serena: la madre si risposò con Alessandro Visconti d’Aragona, ebbe altri quattro figli e Cristina ebbe buoni e affettuosi  rapporti sia con il patrigno che con i fratellastri. Come si usava a quel tempo nelle famiglie nobili, non fu mandata a scuola e prese invece lezioni a casa. Determinante per la sua formazione fu il rapporto con l’insegnante di disegno, Ernesta Bisi, che per prima le fece intravedere idee nuove, e l’amicizia con Bianca Milesi: idee che venivano dalla Francia e che non piacevano neppure un po’ al potente nonno materno di Cristina, Gran Ciambellano dell’imperatore d’Austria.

A 16 anni Cristina rifiutò il matrimonio con un cugino triste e piagnucoloso e sposò invece, pur sconsigliata dagli amici, il principe Emilio di Belgioioso: che era bello, giovane, sifilitico e stava dilapidando allegramente il suo patrimonio. Per dare un’idea della ricchezza della famiglia Trivulzio, si pensi che Cristina portò in dote 400.000 lire austriache, calcolate oggi a 4 milioni di euro. Il matrimonio con Belgioioso durò poco, ma si dissolse pacificamente in un rapporto d’amicizia che durò tutta la vita.

Verso la fine degli anni Venti Cristina cominciò a frequentare i patrioti, cosa che ovviamente non sfuggì all’occhiuta polizia di Milano. Sentendosi minacciata, scappa prima in Svizzera, poi in Francia. Qui, ospite di un amico notaio, conosce lo storico francese Augustin Thierry, che le rimane amico per tutta la vita, innamorato della sua testa, della sua vitalità, della sua intraprendenza: non poteva ammirarne la bellezza perché era da poco diventato cieco.

Intanto la polizia austriaca sequestra tutti i suoi beni in Italia: Cristina decide allora di trasferirsi in Francia dove per qualche tempo si guadagna da vivere facendo pizzi e coccarde. Ma per sua fortuna la povertà dura poco: arriva prima l’aiuto materno, poi il dissequestro del suo patrimonio.

Affitta allora un appartamento nel centro di Parigi, apre un salotto, stringe amicizia  con Heinrich Heine, Liszt, de Musset, corrisponde con La Fayette. Scrive articoli, paga di tasca sua giornali patriottici, aiuta numerosi fuorusciti italiani, finanzia addirittura un tentativo di colpo di stato mazziniano in Sardegna, perora la causa italiana nel mondo che conta a Parigi.

È molto ammirata, sicuramente affascinante. Alta, sottile, colorito pallidissimo, capelli nerissimi, molti la corteggiano, tutti l’ammirano. A trent’anni mette al mondo una bambina, Maria. Figlia di chi? Non si saprà mai di sicuro, forse di uno storico che si chiamava François Mignet. Seguono anni di isolamento e di studio. Poi Cristina decide di tornare a Locate, dove possiede una grande proprietà di famiglia.

Prima di lasciare Milano, Cristina chiede di dare un ultimo saluto a Giulia Beccaria , la madre di Alessandro Manzoni, malata gravemente. Ma il “pio” Manzoni non la lascia entrare: troppo scandalosa era stata la sua vita per essere accettata da un cattolico. Lo stesso Manzoni, quando gli fu riferito che Cristina a Locate aveva fondato un asilo per i bambini poveri esclamò: «ma se ora i figli dei contadini vanno a scuola chi coltiverà i nostri campi?»

Asilo che fu invece lodato dal  grande pedagogista Ferrante Aporti e non fu l’unica iniziativa filantropica della Belgioioso, che in Francia aveva apprezzato le idee del socialismo utopistico di Charles Fourier: a Locate crea anche scuole maschili e femminili, nonché forme di previdenza per i contadini.

Seguono anni di studio (tra l’altro traduce in francese le opere di Gian Battista Vico) e  di fervore di idee, dissensi, iniziative: Cristina si orienta per la soluzione unitaria e monarchica. Sono anni caldi che preparano il ‘48. Usa il suo denaro per diffondere idee, fonda la rivista «Ausonio» sul modello della celebre «Revue des Deux Mondes». Incontra Cavour, Cesare Balbo, Tommaseo, Giuseppe Montanelli.

È a Roma quando scoppiano le Cinque Giornate di Milano. Organizza quello che, con un po’ di ironia, venne chiamato l’ “esercito Belgioioso”, 200 volontari portati in piroscafo fino a Genova e di qui a Milano. Poco tempo dopo si unisce ai patrioti della Repubblica Romana, trascorre giorno e notte negli ospedali, si espone a ogni rischio e “inventa” le infermiere, che ancora non esistevano: dame aristocratiche, donne borghesi e anche qualche prostituta. Ciò che, quando si verrà a sapere anni dopo, non mancherà di  scandalizzare i “benpensanti” e lo stesso Papa, al quale Cristina risponderà  rispettosamente, ma per le rime, con una pubblica lettera.

Dopo la sconfitta della Repubblica Romana s’imbarca a Civitavecchia con la figlia, sbarca a  Costantinopoli, finisce in Turchia, dove con soldi a prestito acquista una proprietà, fonda una colonia agricola aperta a profughi italiani, assiste la popolazione locale come a Locate, si guadagna da vivere scrivendo articoli di sorprendente verismo sull’Anatolia, il Libano, la Siria, la Palestina.

Nel 1855 ottiene dalla burocrazia austriaca la restituzione dei suoi beni, torna in Italia, e nel 1860 si sposa la figlia Maria - e sarà un matrimonio felice, che renderà felice anche Cristina. Nel 1861, dopo la proclamazione della tanto sospirata unità d’Italia, la principessa di Belgioioso lascia serenamente ogni attività politica e vive tra Milano, Locate e il lago di Como con l’affezionato servo turco Burdoz e la governante inglese Miss Parker, entrambi compagni di viaggi e d’avventure da vent’anni.

Muore nel 1871, a 63 anni, a Locate: dove si trova ancora la sua tomba.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Cristina Trivulzio di Belgioioso

Rachele Farina (a cura di), Dizionario delle donne lombarde, Baldini e Castoldi 1995

H. Remsen Whitehouse, A Revolutionary Princess. Christina Belgiojoso Trivulzio: Her life and times, New York, E.P. Dutton 1906

Arrigo Petacco, La principessa del Nord, Milano, Rizzoli 1992

Mino Rossi, Principessa Libertà, Ferrara, Tufani 2006

Cristina Trivulzio di Belgiojoso, Les révolutions du 1848

Cristina di Belgioioso (link)

Referenze iconografiche: Vista frontale del monumento a Cristina Trivulzio di Belgiojoso, opera di Giuseppe Bergomi, in piazzetta Belgioioso a Milano. Foto di Congolandia.g.  Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International license.

Voce pubblicata nel: 2012

Ultimo aggiornamento: 2023