Israeliana, è nata a Tel Aviv da genitori ebrei polacchi, giunti in Israele nel 1933 come sionisti. Tutta la famiglia della madre, rimasta in Polonia, fu uccisa ad Auschwitz.

A proposito della propria infanzia, e del fatto di aver avuto come prima lingua l’ebraico, racconta di essere cresciuta – al pari di tutta la prima generazione nata in Israele e non nella diaspora – circondata da molto amore, totale devozione e «ammirazione».Ha frequentato a Tel Aviv le scuole elementari e medie presso strutture religiose ortodosse e ha condotto la propria carriera accademica presso l’università ebraica di Gerusalemme, dove si è laureata in studi francesi e italiani. Ha conseguito inoltre un master in letteratura comparata e un diploma presso la Scuola dei bibliotecari. Traduce in ebraico dall’italiano e dal francese diversi autori e filosofi. Dal 2001 fa parte di Machsom watch, associazione pacifista nata nel gennaio del 2001 in risposta alla violenza della seconda Intifada. Il nome completo dell’associazione è Women against the Occupation and for Human Rights: è formata da sole donne che, in piccoli gruppi, fanno presenza ai checkpoint (in ebraico machsom) dei Territori palestinesi occupati.

Oggi sono in tutto cinquecento, per la maggior parte mamme e nonne. Ai posti di blocco le donne di Machsom watch osservano i comportamenti dei soldati, raccolgono e pubblicano dati e testimonianze dei palestinesi in fila, scrivono denunce e rapporti al loro governo e alla società civile. Di fronte a evidenti violazioni dei diritti (ritardi ingiustificati nel passaggio delle persone o delle ambulanze, ritiro dei documenti, comportamenti aggressivi), si interpongono andando a parlare con i soldati, dei quali condividono la lingua e il mondo di appartenenza. La loro semplice presenza abbassa la soglia delle tensioni, ed è spesso un conforto e una sicurezza per i palestinesi. Daniela Yoel si reca in un checkpoint una volta ogni due settimane, e così spiega perché ha deciso di aderire fin da subito, nel 2001, al gruppo di Machsom watch: «Vado ai check point perché mi sento obbligata dalla memoria storica del mio popolo. Mi hanno insegnato a non tacere davanti ai torti fatti ad altri. Tutto il mondo taceva di fronte alla perdizione del mio popolo: adesso non posso tacere quando vedo il mio esercito, l’esercito del mio paese, che importuna i palestinesi».

Si occupa anche, per gruppi che vengono dall’Italia e dalla Francia, di testimoniare sul tema dell’occupazione militare e sulle restrizioni che riguardano la vita quotidiana dei palestinesi.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Daniela Yoel

Machsom watch - Women against the Occupation and for Human Rights

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Referenze iconografiche: foto di Giulia Ceccutti.

Voce pubblicata nel: 2012

Ultimo aggiornamento: 2023