Dorota nacque all’inizio di febbraio del 1347 in Prussia, nel piccolo paese di Montau (oggi Mątwy Wielkie), l’odierna Polonia nord, settima di nove figli di Guglielmo Swarte e Agata. I genitori erano ben conosciuti in zona come persone rispettabili. Già da piccola Dorota era abituata dalla madre Agata, nota per la sua devozione, a fare pellegrinaggi in luoghi di culto che si trovavano in zona, a praticare digiuni e a trascorrere il tempo in prolungate preghiere quotidiane. Secondo la testimonianza di Giovanni Marienwerder (1343-1417), che poi diventò il suo biografo, Dorota fin da bambina aveva visioni mistiche, durante le quali vedeva Cristo sofferente. Queste visioni la indussero ad insistere di più nelle preghiere e nei digiuni fino al desiderio di entrare in monastero. I piani della famiglia, però erano diversi e Dorota, obbediente alla madre e al fratello maggiore, diventato dopo la morte del padre il capo famiglia, nell’ottobre del 1363 sposò lo spadaio Adalberto, più grande di lei di circa 20 anni, e proprietario di una bottega a Danzica.

Il matrimonio non era molto felice per Dorota. Adalberto era impulsivo, violento e dedicava molto tempo alla vita mondana e al lavoro in bottega. Dorota invece non voleva abbandonare gli insegnamenti della madre ed essendo sposata praticava tutta l’istruzione ricevuta da lei, continuando i digiuni prolungati, battendo il suo corpo con le verghe o rami spinosi, portando sulla pelle nuda un cilicio e dedicandosi a lunghe preghiere. Oltre a ciò Dorota preferiva andare in chiesa o rimanere in casa, piuttosto che accompagnare il marito ai banchetti e alle feste organizzati nell’ambiente lavorativo di Adalberto. Questo suo comportamento spesso era causa di frequenti liti con lui. Inoltre Dorota si rifiutava di portare abiti costosi e colorati preferendo quelli più modesti.

Ebbero nove figli e Dorota alternava la preghiera con la loro cura, la conduzione della casa e probabilmente anche il lavoro in bottega. La vita con Adalberto non era facile. Il marito spesso la picchiava, inventandosi le accuse e sostenendo che lei aveva trascurato i suoi impegni domestici o i doveri sociali. Questo tipo di punizione era sopportato da Dorota, fino ad un giorno in cui Adalberto la picchiò così duramente, che ella stava quasi per morire. In questa situazione Adalberto, preoccupato per la moglie e anche per le chiacchiere dei vicini, decise di cambiare. I suoi attacchi di violenza divennero meno frequenti e Adalberto non solo lasciava che la moglie andasse in chiesa quando lei lo desiderava, ma spesso andava con lei. Altra causa del suo cambiamento così radicale fu la morte di otto dei loro figli, tre dei quali morirono durante l’epidemia che esplose a Danzica nel 1373 e altri cinque nel 1382. Solo la figlia più piccola, Gertrude, sopravvisse coi suoi genitori.

Queste disgrazie erano considerate una punizione divina e così Dorota ed Adalberto decisero di fare un pellegrinaggio ad Aquisgrana per pregare davanti alle reliquie della passione del Signore che ivi erano esposte. Successivamente gli sposi andarono a Einsiedeln, dove si trovava il monastero benedettino famoso per il culto della Madonna. Quando tornarono a casa vendettero i loro beni e partirono per un altro pellegrinaggio, durante il quale visitarono diversi posti di culto. Durante questo viaggio Dorota conobbe per la prima volta la situazione dei reclusi e delle recluse che avevano deciso di chiudersi in piccole celle per dedicarsi solamente alla preghiera. Nel 1390, mentre Dorota si trovava a Roma in pellegrinaggio, morì Adalberto. Visto che adesso non aveva più nessun ostacolo, Dorota lasciò la sua unica figlia Gertrude nel monastero delle benedettine, poi lei stessa andò a Marienwerder (oggi Kwidzyn), dove inizialmente visse nella piccola stanza di una vedova.

Lì Dorota conobbe Giovanni di Marienwerder, professore di filosofia e di teologia di Praga, molto famoso per il suo insegnamento. Dorota desiderava condurre una vita da eremita e chiese al vescovo di poter chiudersi in una piccola cella presso la cattedrale. Dopo sei mesi di prova la sua richiesta venne accettata. Il 2 maggio del 1393 Dorota entrò nell’eremo e finalmente poté condurre la vita che sempre aveva desiderato. L’unico contatto con il mondo era una piccola finestra attraverso cui dialogava con il suo confessore Giovanni, raccontandogli le proprie visioni e trattando con lui complesse questioni teologiche. Giovanni scrisse la sua Vita (in latino e in tedesco) come pure alcune sue massime riguardanti i segreti dell’amore divino, la felicità eterna delle persone scelte, le sofferenze delle anime nel purgatorio, e altri temi teologici. In questa cella Dorota visse solo un anno dedicandosi a continue preghiere e facendo prolungati digiuni. Morì il 25 giugno 1394 e fu sepolta nella cripta della cattedrale. È considerata la santa e la patrona della Prussia.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Dorota di Montau

Jan z Kwidzyna, Siedmiolilie Doroty z Mątów, Wojtkowski J. (trad.), Olsztyn 2012, pp. 215

A. Liedtke, Dorota z Mątów, in Hagiografia polska. Słownik bio-bibliograficzny, R. Gustaw OFM (curr.), Vol. 1, Poznań 1971, pp. 311-321

P. Dinzelbacher, D. R. Bauer (cur.), Movimento religioso e mistica femminile nel Medioevo, Cinisello Balsamo, 1993, pp. 420-441

Referenze iconografiche: Ritratto di Dorota di Montau a Kwidzyn, Polonia. Foto di Marcin n® ☼. Creative CommonsAttribution-Share Alike 2.5 Generic license.

 

Voce pubblicata nel: 2012

Ultimo aggiornamento: 2023