Scarse sono le notizie su Proba, matrona romana autrice dei 694 esametri che costituiscono un centone virgiliano di argomento cristiano molto conosciuto nell’antichità.
La poetessa, che rivela il suo nome al v. 12 del centone stesso (
Nell’esperienza di Proba ritroviamo lo studio della Bibbia intesa come punto di partenza e di arrivo, unito ad una solida formazione classica. Ella cerca di fondere le due radici culturali riproponendo i contenuti delle Scritture servendosi del linguaggio e dello stile di Virgilio attraverso la tecnica centenaria.
Il suo Centone redatto verso il 360 nell’ultimo decennio della sua vita, rientra nella vasta definizione di parafrasi biblica. Non è una trascrizione fedele del testo biblico in quanto l’autrice opera selettivamente e addirittura, offre di taluni episodi sia dell’Antico sia del Nuovo Testamento interpretazioni del tutto particolari.
Isidoro di Siviglia encomia Proba come la sola donna che abbia un seggio d’onore fra gli scrittori ecclesiastici per aver scritto il Centone in lode di Cristo e nelle scuole claustrali del medioevo il testo verrà letto, studiato e trascritto, così come dimostrano le numerose copie trovate negli archivi dei monasteri e i codici anteriori al decimo secolo.
Il Cento Vergilianus consta di 694 esametri, divisi in due parti quasi uguali: la prima (vv. 1-332) comprende la narrazione di fatti relativi al Vecchio Testamento con la ripresa di capitoli del Genesi ed un brevissimo accenno a Esodo; la seconda (vv. 333-694) narra episodi della vita di Cristo. Fra le due parti esistono numerosi rimandi e situazioni quasi speculari e Proba mostra di essere in grado di cogliere la consonanza delle situazioni vetero e neotestamentarie non solo con notevole approfondimento teologico, ma anche con straordinaria sensibilità poetica. L’introduzione al poema è chiara testimonianza della sua conversione; dopo aver cantato guerre e fatti di violenza il suo nuovo programma poetico è sintetizzato al v. 23: «Vergilium cecinisse loquar pia munera Christi».
Pur traendo forma e materia rispettivamente da Virgilio e dalla Bibbia, Proba opera interventi personali attraverso la scelta e la disposizione dei versi. Non si tratta quindi di una ripresa meccanica, in quanto essa deve selezionare, fra i vari passi virgiliani potenzialmente adatti a descrivere un evento, quelli più evocativi, e deve inoltre intervenire con la sua capacità compositiva per adattare e modificare versi ed emistichi, facendo leva, nello stesso tempo, sulla conoscenza del lettore dei racconti biblici e virgiliani. Si confronta inoltre con la sostanziale mancanza di una vera e propria terminologia teologica, così utilizza termini virgiliani rinnovandoli alla luce del contesto cristiano ed attribuendo loro un nuovo valore. Gli appellativi trinitari sono modesti in quanto la composizione del Centone risale ad un periodo in cui il vocabolario teologico per descrivere lo Spirito Santo era ancora in formazione. L’originale parafrasi del testo biblico mette in evidenza il punto di vista antropologico della poetessa e rivela interessanti sfaccettature del suo modo di intendere il cristianesimo.
Proba riscrive la storia della salvezza con una sottile poesia che si fa veicolo di un contenuto dottrinale e spirituale. Il punto di partenza è il riferimento alla guerra civile, per ricordarci la nostra condizione umana e storica. Prosegue poi con la narrazione della caduta e salvezza dell’umanità, tenendo presente sia la scansione biblica che l’epica virgiliana, passando dal disordine all’ordine, dal caos all’ordine costituito e quindi dalla sofferenza alla speranza.
Nel racconto della storia di Eva e Adamo, ella pone l’accento sulla loro unione felice e prosegue la descrizione di questo amore senza tracce di volontà di dominio e di possesso da parte dell’uomo nei confronti della donna anche dopo la caduta.
Così Proba affronta gli insegnamenti evangelici ponendo al centro del discorso il suo senso di giustizia, e ammonisce severamente coloro che accumulano beni solo per se stessi, maltrattano i genitori e frodano i clientes. L’egoismo e l’avidità, che sono alla base dei peccati che affliggono l’umanità, sono condannati senza appello. Attraverso la sua vena poetica, Proba si avventura in un discorso che si potrebbe definire esistenziale, analizzando dapprima la colpa umana come libertà personale di scelta, ma riconoscendo tuttavia l’aiuto costante di un Dio Amore per risollevarsi.
NOTA: l’apparato critico del testo è tratto da C. Schenkl, Poetae christiani minores, in Corpus scriptorum ecclesiasticorum latinorum, XVI, Vindobonae 1888,569-609.