È considerata una delle maggiori intellettuali turche del primo 1900. Figlia di Edib Bey, segretario del sultano Sultan Abdul Hamid (1876-1909) e di Fatma Bedrifren, morta quando Halidé è piccolissima, viene cresciuta dai nonni materni, che provvedono per lei a un'istruzione tanto religiosa quanto secolare. Come appartenente ad una famiglia dell'aristocrazia ottomana, le vengono altresì presto assegnati istruttori anglosassoni (da tempo i sultani erano consapevoli dell'importanza di un'istruzione moderna e cosmopolita). Successivamente, viene ammessa al Collegio Americano di Istanbul, divenendo la prima ragazza musulmana a diplomarsi in questa istituzione (1901).

A quindici anni, Halidè ha già tradotto Mother di Jacob Abbot e viene insignita di un prestigioso ordine (Ordine della Croce) dallo stesso sultano. In quegli anni, le viene pure assegnato quale docente un famoso matematico Salih Zeki Bey, e sebbene il professore sia parecchio più anziano della sua allieva, scoppia l'amore, e i due si sposano. Dopo circa dieci anni, Salih prende una seconda moglie, ma Halidè non sopporta di fare la co-moglie, e chiede il divorzio. Nel frattempo, si è conquistata una solida fama di attivista femminista, avendo fondato la Società per l'elevazione delle donne (Teal-e Nisvan Cemiyeti, 1908), e scrivendo di questioni femminili sulla stampa nazionale. Le sue posizioni sulla condizione delle turche, in particolare sull'urgente necessità di elevare il livello d'istruzione di donne e ragazze, provocano un pandemonio tra le forze reazionarie, tanto che Halidè deve lasciare il Paese insieme ai due figli, e si stabilisce per un periodo in Egitto. Quando può tornare a Istanbul pubblica il primo romanzo, Reclamando la parità (Seviye Talip, 1909), che vede protagonista una insegnante. Il governo turco la manda in missione in Libano, dove si occupa dell'apertura di scuole e centri culturali. Di ritorno a Istanbul, sposa il medico e politico di spicco Abdulhak Adnan Adivar, e la coppia diviene un faro per il movimento nazionalista. In occasione dell'occupazione greca di Izmir (1919), Halidè pronuncia un discorso che la fa divenire pupilla del nuovo autocrate turco, Kemal Atatürk. Alcuni anni dopo, però, la fortuna cambia di nuovo, e Halidè e il marito debbono fuggire, costretti a vivere in varie paesi europei, negli Stati Uniti e in India. Mentre è in esilio, Halidè scrive le sue memorie dichiarando di voler giustificarsi con i figli, spiegare loro perché spesso li ha trascurati per dedicarsi alla lotta politica. Ma l'autrice rende altresì partecipi i lettori delle difficoltà che incontra una donna quando vuole conciliare doveri materni, attività femminista e passione politica e civile. Al contempo, rende un vivace ritratto, seppur con qualche tocco di esotismo, della sua vita di fanciulla in seno ad una famiglia ottomana patrizia.

Torna in patria solo alla morte di Atatürk (1939), abbandona la politica e si dedica all'insegnamento della lingua e letteratura inglesi.

Halidè ha sperimentato fama e violente critiche, che non hanno risparmiato neppure la sua opera di narratrice: in verità, i suoi romanzi sono popolati di figure femminili coraggiose e determinate, mentre i personaggi maschili sono pallidi e scarsamente credibili. Nonostante ciò, alcuni suoi lavori, quali il romanzo Camicia di fuoco (Ateşten Gőmlek, 1923), è unanimemente acclamato come riuscito esempio di letteratura contemporanea della Turchia, dove è andato in ristampa numerose volte.

Halidè è considerata una leader del movimento d'emancipazione delle donne turche, ma la sua reputazione poggia altresì sulla sua attività patriottica e sulla sua produzione letteraria, consistente in una dozzina di romanzi, quattro collezioni di racconti brevi, due testi teatrali e due memoriali scritti in inglese e successivamente da lei stessa resi in turco nel 1962.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Halidè Edib Adivar

Alessio Bombaci, La Letteratura turca. Firenze, Sansoni, 1969, pp. 463-466

Elizabeth Fernea, Basima Qattan Bezirgan eds.,Middle Eastern Muslim Women Speak, 5th paperback printing, Austin, University of Texas Press, 1990: pp. 167-192.

Referenze iconografiche: 

Prima immagine: Halidè Edib Adivar, 1917. Fonte: Portrait gallery,  the University of Texas at Austin. Immagine in pubblico dominio.

Seconda immagine: ritratto fotografico di Halidè Edib Adivar. Fonte: webarchive.org. Immagine in pubblico dominio.

Voce pubblicata nel: 2012

Ultimo aggiornamento: 2023