Donna ammirabile! Possa il luminoso tuo esempio servir di sprone a quei felici, ma timidi ingegni, che slanciarsi non osano nel bel cammin della gloria! Che se le arti del bello, e la divina poesia, e quella in particolare che lirica si addimanda, ricevono inspirazione, e acquistano vita dal fervido immaginare, e dal pronto e delicato sentire, perché mai sarà vietato il coltivarle, o malagevole il coglierne qualche palma a quel sesso, che per esquisita gentilezza di organi, e per certa interiore armonia di affetti, è il più atto a dipingere, com'è il più presto a sentire e le recondite bellezze della natura, e le più sublimi non meno che le più tenue affezioni del cuore; e sopratutto il potentissimo amore, che, qual Proteo novello, sotto mille e mille forme diverse, il cuore gli scalda, lo nutre, e lo anima sempre?.

Così scriveva Isabella Teotochi Albrizzi nelle ultime battute del suo Vita di Vittoria Colonna testo richiestole dall’editore Niccolò Bettoni nel 1812, lo stesso editore che le aveva pubblicato i Ritratti nel 1808 e la prima edizione dei Sepolcri del giovane Foscolo (di cui Teotochi fu amante, lei trentaquattrenne lui diciassettenne) nel 1807.

E in questo testo non si può non avvertire l’anelito della scrittrice stessa a raggiungere fama e gloria e a perorare la causa delle donne letterate che, in quanto donne, sono maggiormente disposte per natura alla contemplazione del bello e al sentire emozioni e sentimenti. Del resto siamo in pieno Romanticismo e a farla da padrone è il cuore, non la ragione.

Nel 1812 Elisabella (Bettina poi Isabella) era rimasta da poco vedova di Albrizzi e soggiornava, insieme al figlio dodicenne Giuseppe, Pippi per i familiari, dal Tomaetto Mocenigo Soranzo, “tutore di fatto se non di nome di Pippi”. Essa aveva allora cinquantadue anni, ma era ancora avvenente e desiderabile e al suo attivo aveva già due matrimoni, il primo annullato il 6 luglio 1795 grazie proprio all’interessamento di Albrizzi (suo secondo marito).

Elisabetta Teotochi passò l’infanzia a Corfù ed era per questo di madrelingua greca. Nonostante ciò, venne istruita nella letteratura italiana e francese da due dotti professori dell’epoca. Questo non le evitò la fine a cui tutte le giovani erano destinate: cioè contrarre un matrimonio prestigioso.

Per volere della famiglia nel 1776, a sedici anni, si sposò con Carlo Antonio Marin sopracomito di galea, titolo prestigioso e promettente per una fulgida carriera nell’alta amministrazione. Dirà del suo primo matrimonio:

Non so poi che alle mie nozze sia accaduta guerra alcuna [...], né [...] in verità intesi mai a dire, che prodotto abbiano nessun tumulto, né il mio Carlo-Piriteo ebbe niuna guerra a sostenere, né i Centauri volsero insultare le Dame, né i Lapiti difenderle, né la picciola Bettina sapeva bene allora cosa fossero Centauri e Lapiti.

Dopo due anni la coppia (che nel frattempo aveva avuto un erede Gian Battista Marin soprannominato Titta) si trasferì a Venezia e fu in questo ambiente dotato di fascino ed eleganza, che Bettina riconobbe la propria infelicità e una sete insaziabile di letteratura, arte, eleganza, sete che Marin non condivideva, anzi osteggiava. Ma Isabella non poteva non assecondare questo suo desiderio e, seguendo la moda dei salotti letterari, prestò se stessa e il suo casottino (in calle delle Balotte) per diventare una perfetta salonnière.

Dalle sue stanze passarono grandi letterati e artisti: Antonio Canova, Ippolito Pindemonte, Vincenzo Monti, Dominique Vivant Denon, Aurelio de’ Giorgi Bertola, Melchiorre Cesarotti, Scipione Maffei, Stefano Arteaga, Johann Wolfang von Goethe, George Gordon Byron, Walter Scott e molti altri. E passarono anche gli anni.

Aveva da poco ottenuto l’annullamento (nel 1795) del matrimonio con Marin quando, nel suo salotto, venne introdotto un giovane diciassettenne che, greco come la padrona di casa, si ritrovava in quella Venezia sperduto e confuso: il giovanissimo Niccolò (poi chiamato Ugo) Foscolo. Il rapporto tra Isabella e Ugo fu appassionato, intenso e totale. Lei era per il giovane poeta la Musa ispiratrice, lui per lei l’amore primaverile genuino e totale. La loro passione sbocciò velocemente e tanto velocemente dovette arrestarsi visto che lsabella contrasse subito un secondo matrimonio con Giuseppe Albrizzi (28 marzo 1796).

A seguire è tutto un movimento in ascesa per Isabella: è il momento del Grand Tour che la porta fino a Roma a contemplare le antichità parlanti del passato. Quando rientra precipitosamente (vista la situazione politica) a Venezia si stabilisce nella villa Albrizzi, sul Terraglio, strada di comunicazione tra Venezia e Padova. Qui prosegue la sua attività da salonnière invitando gli amici più cari; qui si vede spesso Foscolo passeggiare parlando con Ippolito Pindemonte, qui vedono la gestazione i Sepolcri e le Ultime lettere di Jacopo Ortis.

Intanto Isabella ha un figlio da Albrizzi. Giuseppe, Pippi per gli amici, nasce nel 1799. Gli amici la vedono felice e soddisfatta. Di lei dice Ippolito Pindemonte:

È contentissima d'essere Cerere. Dice che è una dea saggia e assai utile agli uomini.

Anche da un punto di vista letterario la sua vita è prolifera: pubblica nel 1808 i Ritratti e nel 1809 Opere di scultura e di plastica di Antonio Canova e lo scultore, per ringraziarla, le fa dono di una testa di Elena.

Ma sullo sfondo la storia d’Italia è travagliata: dopo le guerre napoleoniche e una entusiastica adesione agli ideali napoleonici da parte di nobili e letterati, il trattato di Campoformio e la cessione di Venezia agli austriaci raffreddano gli animi patriottici. Ugo se ne andrà prima nella Repubblica Cisalpina e poi in Inghilterra. Anche la vicenda personale di Isabella conosce il travaglio; trasferitasi a Padova per allontanarsi dalle truppe in movimento (il Terraglio veniva usato molto per gli spostamenti delle truppe) la sorte la sottopone a un doppio colpo: la morte di Albrizzi e la morte del vecchio padre Teotochi. Siamo nel 1812. Nello stesso anno vede la luce il suo Vita di Vittoria Colonna eco di un periodo fecondo e felice.

Per la prima volta nella sua vita Isabella sente di essere sola di fronte a un futuro incerto e intesse rapporti sempre più affettuosi con Tomaetto Mocenigo Soranzo (che frequentava già dal 1798). A lui si affida confidando tutta la sua preoccupazione per l’avvenire in una lettera del 24 agosto 1813:

Intanto la mia salute se ne va e il povero Giuseppino resterà senza fortuna e senza scorta al mondo. Suo padre l'ha tradito, avendo impiegata la sua propria esistenza a pro nostro. Io lo benedico perché il suo cuore era quello di un angelo, del resto non gli chiedo conto.

Da lui dipenderà d’ora in poi il suo benessere economico.

Nonostante ciò ella rimane una donna curiosa e desiderosa di conoscere: nel 1817 riesce persino a visitare Parigi e il Louvre e a rivedere Denon. La sua vita torna ad essere radiosa e splendente; molti la ammirano e il suo salotto è frequentato.

Ma il tempo passa e altri lutti la amareggiano: nel 1827 muore Ugo Foscolo, nel 1818 Ippolito Pindemonte. E nel 1835 inizia il suo declino fisico e morale:

Non avvezza ad essere malata si aggiunse in me tale una tristezza, per cui, quasi direi avere più che vissuto, vegetato.

Muore il 27 settembre 1836 e i suoi resti sono custoditi nella chiesetta delle Grazie situata nei pressi della Villa del Terraglio con un’epigrafe che inizia con queste parole:

“Giace sotto questa pietra Elisabetta de' conti Teotochi corcirese...

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Isabella Teotochi Albrizzi

Cinzia Giorgetti, Ritratto di Isabella. Studi e documenti su Isabella Teotochi Albrizzi, Firenze, Le Lettere 1992

Adriano Favaro, Isabella Teotochi Albrizzi, Udine, Gaspari Editore, Collana Storica 2003

N. Barozzi (a cura di), Alcune Lettere d'Illustri Italiani ad Isabella Teotochi Albrizzi, Firenze, Felice Le Monnier 1836

Luigi Carrer, Notizia intorno a Isabella Teotochi Albrizzi, in Il Gondoliere, IV, nº79, Venezia, Tip. Antonelli 1836

Emilio de Tipaldo, Biografia degli italiani illustri nelle scienze, lettere ed arti del secolo XVIII, e de'contemporanei compilata da letterati italiani di ogni provincia, Venezia, tipografia Alvisopoli, 1836

Vittorio Malamani, Isabella Teotochi Albrizzi - I suoi amici - Il suo tempo, disponibile on line e PDF, Torino, Locatelli 1882

Pio Schinetti, Il Foscolo Innamorato, Milano,Garzanti 1943

Nunzio Vaccalluzzo, Fra donne e poeti nel tramonto della Serenissima. Trecento lettere di Ippolito Pindemonte al conte Zacco, Catania, N. Giannotta, 1930

Antonio Meneghelli, Notizie biografiche di Isabella Albrizzi nata Teotochi, Padova, Minerva 1837

Pietro Ercole Visconti, Isabella Teotochi Albrizzi, in L'Album - Giornale letterario e di belle arti, anno III, distribuzione 34, Roma, Tipografia delle Belle Arti, 29 ottobre 1836, pp. 268-269. URL consultato il 3 gennaio 2014. Disponibile PDF anche presso l'University of Toronto: L'Album - Giornale letterario e di belle arti on line pp. 280-28

Opere di Isabella Teotochi Albrizzi

La Risposta della Signora Isabella Teotochi Albrizzi all'Abate Stefano Arteaga

I Ritratti

Le Opere di scultura e di plastica di Antonio Canova

La Vita di Vittoria Colonna

Referenze iconografiche:Élisabeth Louise Vigée Le Brun: ritratto di Isabella Teotochi Albrizzi, 1792. Toledo Museum of Art. Immagine in pubblico dominio. 

Il Ritratto di Giustina Renier Michiel

Voce pubblicata nel: 2019

Ultimo aggiornamento: 2023