Poliedrica figura di intellettuale, giornalista militante, politica, parlamentare, educatrice e insegnante, pur avendo giocato un ruolo politico di rilievo è, tra le ventuno costituenti, fra le meno conosciute: su di lei è stato pubblicato nel 2009 un testo a cura di Elisabetta Selmi e Chiara Celiker, che è la tesi di laurea di un giovane, Giorgio Moretti, morto purtroppo pochi mesi prima della discussione della sua laurea.

Laura nasce in una famiglia di condizioni modeste, per cui fin da giovanissima è costretta a cercarsi un lavoro; ma continuerà a studiare da autodidatta, si diplomerà maestra e riuscirà poi anche a conseguire, nel 1932, la laurea in lettere.

Iniziò a insegnare a Brescia, prima come maestra, poi come docente di storia e filosofia e diverrà infine preside dell’Istituto magistrale. La sua passione per le tematiche educative la portò a collaborare con la casa editrice cattolica La Scuola, per la quale realizzò alcuni libri scolastici; sempre negli stessi anni pubblicò saggi su varie riviste italiane nel campo pedagogico e didattico. Continuava intanto il suo impegno nel cristianesimo sociale: negli anni universitari fece parte della Fuci (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) e del Movimento Laureati – due circoli universitari molto vitali e ricchi di spazi di discussione. Qualche anno più tardi assumerà la carica di presidente, che manterrà per sette anni, del ramo femminile della Fuci, coordinata a livello nazionale da Igino Righetti e da monsignor Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI, nonché da Maria de Unterrichter, un’altra delle future costituenti. Fu proprio in questo contesto che ella sviluppò progressivamente il suo antifascismo, che la portò poi a un impegno militante nella lotta per la resistenza.

Dopo l’8 settembre, la sua casa fu sede delle prime riunioni di esponenti militari e politici dell’antifascismo bresciano; vi installò anche una tipografia di fortuna per redigere il giornale «Brescia libera», della cui redazione faceva parte. In uno dei suoi articoli, si rivolgeva agli insegnanti –  cui muoveva la critica di non aver aiutato i giovani a capire quello che stava succedendo (“Voi avete la responsabilità gravissima di averci illusi, Voi che tacevate, che sopportavate, che non avete mai trovato il coraggio di dire a noi, giovani inesperti, la parola della verità”) esortandoli a non prestare giuramento al governo della Repubblica Sociale Italiana: “Se giurate, non siete educatori di anime, siete dei corruttori del costume”.

Divenuta sospetta alla polizia fascista, si trasferì a Milano ove intensificò l’attività con le Fiamme Verdi (formazioni partigiane cattoliche), occupandosi dell’organizzazione dei soccorsi ai detenuti politici, dirigendo l’ufficio assistenza alle famiglie dei patrioti caduti e dedicandosi al soccorso dei perseguitati politici e degli ebrei, che aiutava a raggiungere la Svizzera mettendo spesso a repentaglio la sua stessa vita; diventò anche staffetta partigiana agli ordini di Enrico Mattei. Per questa sua attività di collegamento, per la sua collaborazione al servizio stampa delle Fiamme Verdi e per il lavoro rischioso che svolse le fu conferito il grado di maggiore dell’esercito partigiano.

Intervenne spesso, con vari pseudonimi (Penelope, Don Chisciotte, Battista) sulla stampa clandestina, con scritti dai quali emerge la sua formazione filosofica, con riferimento in particolare al pensiero del filosofo e pedagogista Jacques Maritain e al personalismo cristiano, che pone al centro dell’ordine sociale la persona umana.

Una volta finita la guerra, Laura Bianchini proseguì il suo impegno politico partecipando ai gruppi vicini a Giuseppe Dossetti – che tanta parte ebbero nella nascita e nella formulazione delle idee che sostanziarono l’Assemblea Costituente – e svolgendo un ruolo di primo piano nell’organizzazione delle associazioni femminili cattoliche.

Nominata dal partito membro della Consulta, vi svolse il ruolo di segretaria della Commissione dell’Istruzione e Belle Arti, all’interno della quale discusse numerose proposte riguardanti la scuola. Nel 1946 fu eletta alla Costituente e, come già in precedenza, alloggiò a Roma presso la casa delle sorelle Portoghesi, nella quale introdusse anche altri membri dell’assemblea come Angela Gotelli, Dossetti, La Pira, Fanfani: in quel gruppo Laura Bianchini brillava per intelligenza e indipendenza di giudizio, come ricorda Paolo Giuntella, un illustre suo ex allievo che talvolta veniva coinvolto negli accesi dibattiti  degli ospiti: “Era piuttosto scorbutica e scostante, burbera, ma sprizzava vita e intelligenza, passione politica, civile e cristiana da ogni poro”. Il gruppo, un vero e proprio cenacolo di intellettuali e politici che si ritrovavano per discutere di politica e della Costituzione sul punto di nascere, venne denominato “Comunità del porcellino” e, a suggello di questo nome, Fanfani comprò un tagliere a forma di maialino che venne suddiviso con inchiostro di china in parti diverse, ciascuna delle quali fu assegnata goliardicamente ai diversi componenti, secondo le loro caratteristiche fisiche e di carattere: a Laura, che era chiamata Laurona per il suo fisico imponente, toccò il prosciutto.

All’ Assemblea Costituente i suoi contributi si legarono soprattutto ai problemi della donna e della scuola, di cui era una profonda conoscitrice e per i quali si guadagnò l’ammirazione e la stima di Umberto Calosso e di Concetto Marchesi. In particolare, si schierò per la difesa della scuola privata in nome del pluralismo sociale, per la necessità di non considerare più la scuola dell’infanzia come un semplice luogo di assistenza, ma come un vero e proprio centro di educazione e per quella di non restare vincolati all’ideale di una scuola finalizzata solo alla cultura, dando invece il giusto spazio anche alla formazione professionale.

Terminati i lavori della Costituente, nel 1948 Laura Bianchini entrò in Parlamento come deputata nella corrente dei Cristiano sociali di Giuseppe Dossetti. Qui divenne membro della Commissione Parlamentare d’inchiesta sulla miseria in Italia ma, come parlamentare, i suoi sforzi furono dedicati soprattutto al progetto di riforma della scuola proposto dall’allora ministro della Pubblica Istruzione, il democristiano Guido Gonnella, con cui collaborò attivamente – continuando il ruolo assunto il 12 aprile del 1947, quando era stata nominata nella Commissione nazionale d’inchiesta per la riforma della scuola – impegnandosi per portare avanti istanze innovatrici, come quella della scuola inferiore obbligatoria fino ai quattordici anni; ma la proposta di riforma preparata da Gonnella con il prezioso contributo di Laura Bianchini non riuscì a trasformarsi in legge.

Dal 1953 Bianchini uscì dalla vita parlamentare, perché non venne più candidata – a causa, sembra, di giochi di potere interni alla dirigenza della Democrazia Cristiana di Brescia – e tornò alla sua prima vocazione, l’insegnamento, che esercitò fino al 1973 sulla cattedra di storia e filosofia presso il Liceo Classico Virgilio a Roma, dove morì nel 1983.

 

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Laura Bianchini

Giorgio Moretti, Laura Bianchini, a cura di Elisabetta Selmi e Chiara Celiker, Fondazione Civiltà Bresciana, Brescia 2009

Patrizia Gabrielli, Laura Bianchini: la ruvida, la burbera, l’instancabile in Eadem, Il primo voto. Elettrici ed elette, Roma, Castelvecchi 2016

Annamaria Imperioso, Laura Bianchini – Il pensiero e l’azione di una donna nella Resistenza cattolica, in http://www.universitadelledonne.it

Paola Gaiotti, Laura Bianchini in http://www.fondazionenildeiotti.it

Referenze iconografiche: Laura Bianchini negli anni cinquanta. Fonte: http://data.camera.it/data/en/datasets/.  Creative Commons Attribution 4.0 International license.

Voce pubblicata nel: 2018

Ultimo aggiornamento: 2023