Lene Hau ha ricevuto due volte “la borsa al genio”, mezzo milione di dollari della fondazione MacArthur: la prima nel 2001 e la seconda come una dei nove supergeni finanziati nei 25 anni di esistenza della borsa.

«I miei genitori non avevano una formazione scientifica, mio padre vendeva sistemi di riscaldamento e mia madre lavorava in un negozio. Ma entrambi ritenevano giusto che avessi gli stessi vantaggi di mio fratello, e per la mia educazione è stato molto importante.» [1]

All’università di Aarhus si laurea in matematica e in fisica, anche se la termodinamica e la meccanica classica l’annoiano terribilmente finché “scopre” la fisica quantistica. Il 1988 è l’anno con cui si apre il suo dottorato, dedicato ai modi in cui avviene il trasporto di elettroni da un atomo all’altro in un cristallo di silicio, dottorato che conclude a Harvard nel 1991. Nel frattempo Lene Hau ha cambiato idea, vuol lavorare con gli atomi “ultrafreddi” e i gas in cui si raggruppano: i“condensati di Bose-Einstein”.

Convince Jene Golovchenko, che dirige il laboratorio all’istituto Rowland di Cambridge (Massachusetts) e che dei condensati non s’è mai occupato, a prenderla come post-dottoranda pagata da una borsa della fondazione Carslberg, danese, e nel 1994 pubblica con lui il risultato di un primo esperimento. È una «candela» dice «una miccia che cattura atomi di sodio da sodio fuso e li proietta in un dispositivo nel quale sono raffreddati da fasci laser fino a una temperatura superiore allo zero assoluto (- 273° C, n.d.r.) per soli 50 miliardesimi di gradi». [2] Intrappolati da magneti, gli atomi si raffreddano ulteriormente. A questo punto, sebbene siano milioni, si comportano con una duplicità tipicamente quantistica: come un’unica onda e al contempo come un’unica particella: «Avete presente la pettinatura di Ronald Reagan? Ecco, tanti capelli, un’onda sola». [3]

Quel comportamento era stato previsto da Satyendranath Bose e da Albert Einstein nel 1924, ma c’erano voluti settant’anni di progresso tecnologico per ottenerlo.

Lene Hau si chiede cosa succede a un raggio di luce – fatta di fotoni, cioè onde/particelle – che viaggia in un condensato, sarà frenata ma di quanto? La risposta fa la copertina di Nature il 18 febbraio 1999 [4]: in un gas di atomi di rubidio ultrafreddi, rallenta a 17 metri al secondo. Con insolita precipitazione – la riluttanza di Harvard a concedere una cattedra a una donna è nota –, diventa professore nello stesso anno. Nell’esperimento successivo fa 1,5 km all’ora, nel 2001 si ferma. A singhiozzi e un millesimo di secondo per volta, d’accordo, ma è «una durata strabiliante. E penso che si possa fermare molto più a lungo«. [5]

Mentre ci prova, con il suo gruppo compie un «trucco di magia quantistica» [6]: trasforma la materia in luce, fin qui niente di speciale, ma ritrasforma quella luce in materia. [7] Nel 2009 mette a punto un nuovo tipo di trappola elettro-ottica in cui ferma la luce per un secondo e mezzo [8]. Si manda un impulso di 3,5 microsecondi di luce laser gialla – un raggio lungo un chilometro, se misurato in lunghezza - in una nuvoletta di atomi ultrafreddi di sodio dove si ripiega un po’ come una fisarmonica in uno spazio di 0,02 millimetri. Con un altro colpetto di laser, si riapre e torna lungo come prima, stessa polarizzazione, stessa frequenza dell’onda luminosa [9]. Il giallo esce un po’ sbiadito, ma cento volte più simile all’originale che nei precedenti tentativi.

È ricerca di base ma anche applicata nel senso che, per esempio, potrebbe portare a sostituire la memoria elettronica dei computer con una fotonica. Non subito, prima bisogna trovare il modo di tenere il dispositivo di stoccaggio, disco o chiavetta che sia, a qualche miliardesimo di grado sopra -273 °C e il contorno a temperatura ambiente.

Dalle statistiche, il Nobel per la fisica risulta quasi altrettanto maschilista di quello per l’economia, infatti per i condensati di Bose-Einstein ha ricompensato tre uomini nel 2001 e Lene Hau no. Lei non si dà abbastanza arie, gira in bicicletta, dedica molto tempo all’insegnamento. È da temere che la sua elezione nel gennaio 2008 all’Accademia delle scienze svedese - che attribuisce il premio per la fisica e la chimica - sia fatta apposta per crearle un conflitto d’interessi e bloccarne la candidatura.

[continua...]

NOTE:

1. Lene Vestergaard Hau: She puts the brakes on light, The New York Times, 30 marzo 1999.

2. idem.

3. Lene Vestergaard Hau et al., Light speed reduction to 17 metres per second in an ultracold atomic gas (link). Nella scienza, l’importanza di un contributo alla propria disciplina si misura anche da quante volte viene citato. A dieci anni dalla pubblicazione, questo articolo lo era stato 1.360 volte. Commento e foto dell’apparecchiatura sulla Harvard Gazette (link).

4. Eric Cornell, Nobel 2001, intervista, Le oche di Lorenz, RAI-Radio3, 31 luglio 2002.

5. The New York Times, 30 marzo 1999 (link).

6. Martin Fleischhauer, Quantum physics: Indistinguishable from afar, Nature, 8 febbraio 2007 (link).

Altro commento sulla Harvard Gazette (link).

7. Naomi S. Ginsberg, Sean R. Garner & Lene Vestergaard Hau, Coherent control of optical information with matter wave dynamics, Nature, 8 febbraio 2007 (link).

8. Rui Zhang, Sean R. Garner, and Lene Vestergaard Hau, Creation of Long-Term Coherent Optical Memory via Controlled Nonlinear Interactions in Bose-Einstein Condensates, Physical Review Letters, 4 dicembre 2009 (link).

9. Spiegazione più tecnica e precisa, in inglese (link)

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Fonti, risorse bibliografiche, siti su Lene Vestergaard Hau

I principali articoli scientifici di Lene Hau si possono prelevare dal sito del suo laboratorio

Biografia di Lene Hau (1)

Biografia di Lene Hau (2)

Intervista del 2007 al «Boston Globe», sul piacere di manipolare la luce, sulla fisica teorica e sperimentale e sull’atteggiamento conservatore degli accademici verso le donne (link)

Voce pubblicata nel: 2012

Ultimo aggiornamento: 2019