Il 25 luglio del 1978, l’Ospedale generale di Oldham, nel Nord dell’Inghilterra, fu teatro di un evento straordinario. Alle 11:47 della sera venne al mondo Louise Joy Brown, la prima bambina concepita in provetta. La nascita avvenne in gran segreto, per tenere alla larga i tanti giornalisti che nei mesi precedenti avevano seguito la gravidanza, in modo spesso invadente. Del resto, fino ad allora, la possibilità di avere un figlio attraverso la fecondazione in vitro sembrava appartenere più al regno della fantascienza che a quello reale. La gran parte della comunità scientifica riteneva che quella tecnica non avrebbe mai portato a nulla oppure, peggio ancora, che avrebbe generato mostri. E anche i filosofi e i teologi che si erano interrogati sull’argomento (non molti in realtà, almeno fino ad allora) avevano espresso perlopiù censure e condanne. I giornali non fecero in tempo, il 26 luglio, a dare la notizia di quella nascita straordinaria, avvenuta di nascosto e a tarda sera. Nei giorni successivi, però, Louise era sulle prime pagine di tutto il mondo.

Per molti motivi la nascita di Louise Brown è un evento chiave per la storia non solo scientifica dell’ultimo mezzo secolo. Lo è perché la fecondazione in vitro, messa a punto dal biologo Robert Edwards (1925-2013) premio Nobel nel 2010, e dal ginecologo Patrick Steptoe (1913-1988) ha dato una possibilità a milioni di coppie che prima disperavano di tenere fra le braccia un figlio loro; lo è perché il dibattito etico, che fino al 1978 era rimasto sullo sfondo, emerse allora in tutta la sua forza, dando vigore alla nuova disciplina della bioetica, che ha in seguito allargato i suoi orizzonti a moltissimi aspetti dell’applicazione delle tecnologie biomediche. Da quel dibattito, negli anni a seguire, sono scaturite riflessioni nuove e originali sulla natura umana, sul ruolo dei generi nella società, sulle possibilità che ha la medicina di incidere sugli aspetti più intimi della vita delle persone. Dal punto di vista scientifico, poi, i vagiti che risuonarono quella notte nell’Ospedale di Oldham rappresentavano il sospirato traguardo di una ricerca durata almeno un trentennio, e l’inizio di una nuova era che oggi lascia intravedere straordinarie prospettive terapeutiche, anche per malattie e condizioni molto distanti dall’infertilità di coppia.

L’intera vita di Louise è stata segnata dalle circostanze uniche che le permisero di venire al mondo. Le fotografie di lei neonata, bambina, adolescente e donna, sono state pubblicate in tutto il mondo. Ospite di innumerevoli programmi televisivi, dibattiti pubblici ed eventi istituzionali, Louise è diventata una paladina della ricerca scientifica e della fecondazione in vitro. Sposata con Wesley Mullinder, portiere di nightclub, ha due figli, Cameron e Aiden, concepiti senza bisogno di interventi medici.

Voce pubblicata nel: 2018

Ultimo aggiornamento: 2023