«Sulla capacità che le donne hanno, a qualsiasi razza e cultura appartengono, di creare relazione, ho fondato il mio lavoro. Se le donne riescono a costruire relazioni significative, il lavoro è possibile e gratificante, in caso contrario, risulterà un obbligo che non produce crescita» (Defilé)

Lucia si trasferì giovanissima a Napoli con la madre e la sorella più grande Cinzia. Con lei, agli inizi degli anni Settanta partecipò all’esperienza dei Cattolici del Dissenso. Nel 1972 le due sorelle, insieme con il compagno di Cinzia, Peppe Carini, e Geppino Fiorenza di Lotta Continua, fondarono “La mensa dei bambini proletari”, una scuola pomeridiana ubicata nel popolare quartiere napoletano di Montesanto, il cui scopo era di togliere i bambini dalla strada, allettando le famiglie con la prospettiva di un pasto caldo. Esperienza che ebbe una grande valenza simbolica nella Napoli di quegli anni, ancora fortemente segnata dal laurismo.

Ben presto Lucia si avvicina al femminismo, mettendo in crisi il modello organizzativo, maschilista, di Lotta Continua. Partecipa quindi alle iniziative delle Nemesiache, femministe napoletane che professano una totale autonomia da schemi e omologazioni culturali maschili, ma si allontana da quel gruppo spinta dal bisogno di un maggiore approfondimento teorico-politico.

Nel frattempo si è sposata con un giovane e brillante medico, Roberto Landolfi, che le sarà vicino per tutta la vita e che, alla sua morte, diventerà il custode della sua memoria, costituendo, insieme con Cinzia e alcune delle sue più care amiche, l’associazione Un madrigale per Lucia.

Negli anni Ottanta Lucia aderisce all’associazione Lo specchio di Alice; e fonda la rivista «Madrigale», trimestrale di politica e cultura femminile, di cui è direttrice e in cui ha modo di esprimere la sua “concezione delll’impegno civile e politico”.

Bella, alta, con lunghi capelli rossi, Lucia persegue la grazia e la leggerezza sia nel privato che nel pubblico («Il nostro pensiero agisce nella vita pubblica alimentandosi di grazia»). Pur riservata e rigorosa («L’osservanza di una disciplina ordina le cose, le rende possibili e belle. Ma l’osservanza è anche fatica, limita lo spazio, la capienza della propria azione, come il numero dei fiori in una bocca stretta») è sempre attenta all’ascolto («Rifletto da un po’ di tempo sul nesso che esiste tra la capacità di custodire la propria solitudine e la necessità di coltivare insieme l’ascolto verso la parola dell’altra, che solo la capacità di farsi da parte di chi ascolta, può cogliere nell’altra. Non si tratta di altruismo, né di generosità, piuttosto è bisogno di luce. Desiderio di dar spazio e diritto all’invisibile, all’innominabile, a ciò che agisce a distanza molto ravvicinata, in quel avvicinare a sé che coinvolge e in cui si è coinvolte, e l’esistenza ha un nome, io ho un nome»).

Nel 1993 pubblica Gli anni ’70 e Napoli, interviste nella cui introduzione, con quasi vent’anni di anticipo, analizza lucidamente i problemi del momento storico in cui viviamo: l’estraneità della politica dalla società reale e l’indifferenza morale. Nel 1999 cura il volume Défilé, che racchiude un’esperienza di formazione professionale di venti donne africane fatta dalla comunità di Capodarco ad Aversa.

Nel 2001 viene nominata nella Commissione Pari Opportunità della Regione Campania per cui organizza, tra le altre iniziative, il convegno La libertà nell’emancipazione, «per mettere a confronto due realtà separate di donne, che seppure diversissime, agiscono nella realtà sociale della nostra regione ma nell’incapacità del dialogo; quella dell’orientamento alla parità e al potere e quella della differenza sessuale e dell’autorità femminile».

Le due realtà: una quella istituzionale-politica, qui i tentativi di mediazione che alcune hanno tentato hanno funzionato, e hanno funzionato arricchendosi di qualcosa che manca allo schema emancipazionista, quello cioè di rinominare la realtà a partire dalla relazione tra donne. Per dire che anche in quella scena non si può pensare ai rapporti sociali senza tener conto di quello che le donne vivono e pensano. L’altra è quella variegata poco visibile fatta di relazioni di tante donne che della relazione fa il suo fondamento, dove la trasversalità del desiderio femminile è più legato ad un piano di incontro che agli ambiti stessi; da questa pratica abbiamo imparato che la politica è la politica delle donne, abbiamo lavorato in questi anni col nostro esserci nelle competenze. E nel volumetto edito sempre dalla CRPO della Campania Ricette di solidarietà scrive: «Il nutrimento, quello materiale del cibo, è inscritto nella cura che le donne da sempre hanno donato a figli, uomini, anziani; chi pensa che questa è una risorsa quotidiana da viversi in privato non sa che ormai è inscritta come opera di civiltà pubblica delle donne. Per questo politicamente riconoscibile come essenziale, dunque rappresentabile come simbolica». Nell’ ultimo periodo Lucia sente sempre più il bisogno di soffermarsi sull’azione salvifica dell’amore nella società, e, nel 2005, sempre per la CRPO della Campania, chiama Luce Irigaray a tenere una conferenza all’Istituto di Studi Filosofici sul tema Imparare ad amare e le dedica un’intervista-dialogo che la filosofa pubblicherà nel suo libro Oltre i propri confini.

Nel 2006 insieme con la filosofa Angela Putino fonda una rivista on line «Adateoriafemminista» il cui primo numero uscirà nell’ottobre di quell’anno. Sul terzo numero sarà pubblicato l’ultimo articolo di Lucia, Solo l’amore salva (pag.27).

Un pomeriggio, nelle more di una seduta della Commissione Pari Opportunità, contrariamente al solito (era una donna riservata e più attenta all’ascolto che a raccontarsi) Lucia, ancora una donna bellissima, narra alcuni episodi della sua vita a una collega, di quando da giovane era stata indossatrice e anche creatrice di vestiti per una boutique di Ponza; alla fine del racconto esclama: «Ho deciso di fare un figlio a quarant’anni. Chissà come andrà a finire!» Forse presentiva che non avrebbe mai visto diventare uomo il suo adorato Rocco. Poco tempo dopo, all’età di cinquantaquattro anni, un infarto stroncherà la sua ancor giovane vita all’alba del Capodanno 2007.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Lucia Mastrodomenico

LUce Irigaray, Oltre i propri confini, Baldi Castoldi Dalai, Milano 2007

Lucia Mastrodomenico, Gli anni ’70 e Napoli, interviste, Magistra Editore, Napoli, 1993

Lucia Mastrodomenico (a cura di), Défilé, L’Ancora del Mediterraneo, Napoli, 1999

Lucia Mastrodomenico, Solo l’amore salva, Liguori, Napoli, 2012 (postumo)

Referenze iconografiche: Immagine tratta dal libro di Roberto Landolfi,  Solo

l'amore salva, Liguori 2012.

Voce pubblicata nel: 2012

Ultimo aggiornamento: 2023