Di origini umili, Séraphine è stata recentemente “riportata alla luce” grazie al film Seraphine del regista francese Martin Provost, uscito in Francia nel 2008, e arrivato in Italia due anni dopo; ma anche grazie al libro di Francoise Cloarec Séraphine, la vita sognata di Séraphine de Senlis: l’autrice si è a lungo documentata, incontrando alcune persone che l’avevano conosciuta (Anne-Marie sorella di Udhe – collezionista d’arte che ha riconosciuto il suo talento - un tappezziere che abitava vicino a casa sua, e famiglie presso cui aveva lavorato come domestica).

Fu artista delicata e devota all’arte fino al punto, forse per tale grande devozione, di perdere la ragione. Séraphine sosteneva di essersi messa a dipingere per ordine della Vergine Maria o di un angelo - la versione varia. Così è iniziata la sua avventura nella pittura, mentre della sua infanzia non è dato sapere quasi nulla.

Séraphine nasce il 2 o il 3 settembre (anche qui le versioni discordano) del 1864 a Arsy, una piccola cittadina dell’Oise; quando lei viene al mondo i suoi genitori hanno già superato i quarant’anni, e perso due figli: Clarentine, morta nel 1853 e Alfred nel 1859.

Un anno dopo la sua nascita, il lutto colpisce nuovamente la famiglia con la morte della madre, il 3 settembre 1865.

A sette anni Séraphine è orfana, e la sorella Argentine, primogenita, prende il posto della madre, con non poche difficoltà economiche. Argentine si sposerà nel 1867 rimanendo vedova nel giro qualche mese, per poi risposarsi qualche tempo dopo: avrà una bambina. Séraphine invece non si sposerà mai. Sul rapporto delle due sorelle non è dato sapere molto; sembra però, che il fatto che la madre sia morta così prematuramente, abbia favorito una sua idealizzazione da parte delle figlie, che la ricordavano quasi come una Santa Vergine.

Séraphine cresce in modo semplice, devota alla fede cristiana, e nel corso della sua vita conserva il ricordo della natura, dei campi, dei fiori selvatici, di cui sembra che parli spesso. Di cui, senz’altro, ci ha parlato con i suoi quadri, carichi di fiori vellutati. Dipinge fino a sfinimento, di notte, alla luce di una lampada ad olio, china in terra nella sua piccola stanza. Dipinge e prega, forse parla con voci che immagina di sentire.

A tredici anni va a lavorare come domestica in casa d’altri, è il 1877. È domestica tuttofare, cameriera, lustra i mobili, lava i pavimenti, ecc… Viene assunta in varie case con vitto e alloggio, di questo periodo Séraphine dirà «facevo i miei lavori neri», forse intendendo contrapporli ai lavori colorati: di giorno quelli neri, di notte i colorati, come se i suoi ritmi fossero ribaltati, le luci invertite, per una pittura segreta. Recuperava tele e colori come meglio poteva, spesso rinunciando a qualche razione di cibo.

Trascorre vent’anni a servire il convento di Senlis, dove dice più tardi di essersi trovata molto bene «ci sono rimasta per tanto tempo perché mi trovavo bene e il lavoro non era troppo faticoso». Non prenderà mai i voti. A trentotto anni, però, decide di lasciare questo luogo sicuro e isolato dal mondo esterno. Sul perché sono state fatte varie ipotesi, ma le ragioni vere restano ignote.

Nel marzo del 1911 sarà domestica presso la famiglia Jaques, sempre a Senlis. Una delle versioni che narra come Séraphine si sia data alla pittura, dice che tutto sia nato nella cattedrale di Notre-Dame a Senlis, dove ella dice di aver sentito la Madonna che le ordinava di dipingere. Essendo abituata a ricevere ordini, non poteva fare altro che eseguirli.

Ma come fare? I professori del tempo davano lezioni soltanto a ragazze di buona famiglia, non certo alle vecchie domestiche.

Sappiamo che chiese consiglio al pittore Charles Hallo, detto Alo, il quale si dice le abbia detto che non aveva bisogno di lezioni, e consigliato di lavorare da sola.

Séraphine non sarà l’allieva di nessuno: a quarantadue anni si consacra alla pittura, cominciando con l’acquerello, come le ragazze di buona famiglia presso le quali lavorava in quel periodo, che ha osservato in modo attento e discreto.

Dall’acquarello per prove e tentativi passa allo smalto, a cui resterà fedele per tutta la vita, anche se vi aggiungerà miscugli che terrà segreti, che hanno donato brillantezza e forza ai suoi dipinti. Dal 1906 al 1912 Séraphine dipinge da sola, impara come può, la sua passione si esprime liberamente.

Nel 1912 qualcosa cambia nella sua vita: in quell’anno conosce il collezionista d’arte Uhde che, dopo varie vicissitudini in giro per Parigi, decide di approdare a Senlis per qualche tempo di riflessione.

Uhde dedicò la propria vita alla difesa di artisti quali Picasso, Braque, Rousseau, Marie Laurencin, Klee, artisti al tempo poco conosciuti, talvolta incompresi e derisi. Contribuì a far conoscere il fauvismo, il cubismo e l’arte naif.

Quando si stabilisce per alcune settimane a Senlis, gli raccomandano una domestica; Uhde assume così Séraphine, fidandosi della sua buona reputazione. Lei si presenta tutte le mattine, silenziosamente svolge i suoi lavori, senza mai parlargli della sua pittura.

Per caso: un giorno, in una casa borghese di Senlis Uhde vede una natura morta, che suscita in lui una forte emozione: alcune mele posate su un tavolo, modellate con una bella pastosità. Chiede chi è il pittore e rimane molto colpito nello scoprire che è Séraphine, la sua domestica.

Uhde è la prima persona che incoraggia e riconosce l’artista, benché le tele non abbiano ancora la forza di ciò che Sèraphine comporrà in seguito; ma lui già ne percepisce le potenzialità. Quando le porta a Parigi, le vendite vanno bene, però man mano che si avvicina la guerra (1914-18), l’accoglienza e lo sguardo delle persone su di lui cambiano: è un tedesco, e per questo si reca sempre più di rado a Senlis.

Nel 1917 si arruola, combatte per il pacifismo, ma soffre molto per essere abbandonato dai pittori, dai galleristi, da Parigi e dal mondo artistico.

Nel 1927, viene allestita, come ogni anno, la mostra collettiva degli Amici dell’Arte, al municipio di Senlis. Hallo cerca di convincere Séraphine ad esporre alcune tele, e lei dopo non poche esitazioni, ne porta tre, di grandi dimensioni.

Vengono vendute tutte e tre: le compra Udhe, che dopo dieci anni lontano dalla Francia torna lì e casualmente viene a sapere della mostra.

È quella l’occasione in cui i due si ritrovano, dopo tanto tempo. Udhe decide di aiutarla finanziariamente, generosamente, di modo che possa dedicarsi completamente all’arte.

Si può forse dire che la sua consacrazione coincide anche con l’inizio del suo declino. Séraphine inizia a spendere e a far debiti acquistando oggetti inutili e manifestando manie di grandezza.

Arriva il 1929, la crisi colpisce gli Stati Uniti, e Udhe vende e organizza mostre con crescente difficoltà. Fino a quando non è più in grado di darle altro denaro. Séraphine comincia a dubitare di Udhe, dell’arte, del suo avvenire. I deliri di Séraphine si fanno sempre più manifesti, nel corso dei mesi l’ispirazione l’abbandona. Il mondo tra realtà ed immaginazione che si era creata, sembra non lasciare più spazio per la ragione. Non mangia più ossessionata dall’idea che qualcuno voglia avvelenarla, impedisce ai vicini di dormire la notte cantando preghiere ad alta voce, accusa il prete di aver assassinato i propri figli naturali e lo denuncia con una lettera alla polizia. Queste e altre manie di persecuzione la destabilizzano sempre più: non mangia più, non dorme più e gira per Senlis, bussando alle porte e annunciando la fine del mondo. Il delirio esplode nel 1931. Il 31 gennaio di quell’anno porta fuori di casa tutti i suoi oggetti: tovaglie ricamate, tele, posate di metallo, sedie, mobili. Interviene la polizia, chiamata dai cittadini, il commissario la fa ricoverare all’ospedale di Senlis dove rimane per qualche tempo. Nel 1932 lascia Senlis per Clemont-de-l’Oise, il manicomio. Le viene diagnosticata una forma di psicosi cronica con manie di grandezza. Udhe va a trovarla spesso nei dieci anni in cui viene internata. La situazione nel manicomio diventa via via sempre più drammatica, visto che l’istituto come avviene spesso diventa ricovero per i poveri e non solo per i malati: l’istituto è sovraffollato. Séraphine in manicomio non dipinge più, ma scrive nonostante la scarsità della carta. Nel 1939 mentre Séraphine vive in manicomio in condizioni pessime Udhe viene privato dai nazisti della nazionalità tedesca.

Nel 1942 Séraphine scrive: «ho fame», strappa l’erba per cibarsene di notte… parole sconcertanti che riassumono la condizione dei malati della seconda guerra mondiale, ed è questa la sua tragica fine, l’11 dicembre di quell’anno si spegne, ha sessantotto anni. Ci sono molti documenti che testimoniano questo periodo della sua vita, scritti dallo psichiatra Lucien Bonnafé, raccolti poi in un libro Dans cette nuit peuplée con in copertina un dipinto di Séraphine. Nel 1945 Udhe organizza una mostra in sua memoria a Parigi, interamente dedicata a lei nel 1947 muore, cinque anni dopo Séraphine.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Seraphine de Senlis

Francoise Cloarec, Séraphine, la vita sognata di Séraphine de Senlis, Archinto 2010

Il Film Seraphine, Martin Provost, 2008 - La scheda del film dal sito MyMovies e dalla rivista di cinema on line gli Spietati

Il trailer del film su YouTube

Un promo del film su YouTube

La pagina di WIkipedia a lei dedicata

La recensione del film sul sito Oltreluna - Associazione di donne nell'arte

Referenze iconografiche:

Prima immagine: Séraphine de Senlis al Musée Maillol, 1942. Foto di Jeann-Pierre Dalbéra, Flickr. CC BY 2.0

Seconda immagine: Fiori e frutta, 1920 circa, Séraphine (Musée Maillol). Foto di Jeann-Pierre Dalbéra, Flickr. CC BY 2.0

Voce pubblicata nel: 2012

Ultimo aggiornamento: 2023