La mia è una storia semplice, o almeno è quello che mi piace pensare: è la storia di una vita ordinaria che divenne straordinaria”.

Con queste parole Bessie Wallis Warfield, nome che ben presto essa stessa mutò in Wallis perché, come raccontava con grande autoironia, “a me Bessie è sempre sembrato un nome da mucca”, definì una vita che può sembrare una favola, ma che non fu priva di amarezze: come lei stessa ribadì più volte nel corso degli anni, fu molto “difficile vivere la più grande storia d’amore del secolo”.

La stessa nascita di Wallis venne offuscata dai tentativi delle famiglie di origine dei genitori di ostacolare il matrimonio. Non ebbero successo e Teackle Wallis Warfield e Alice Montague si sposarono con un matrimonio riparatore nel novembre del 1895, anche se Wallis, per evitare imbarazzi, sosterrà sempre che i suoi genitori si sposarono nel giugno di quell’anno. Consapevole di non essere particolarmente di bell’aspetto e ben presto indurita dalle avversità della vita (la morte prematura del padre e, conseguentemente, le scarse possibilità finanziarie), Wallis si dedicò ben presto ad affinare le armi a sua disposizione: lo stile (“non sono un granché da vedere, il minimo che possa fare è vestirmi meglio di chiunque altro”) e le doti sociali (“quando si è invitati ad una festa si ha il dovere morale di risultare divertenti”). Entrambe le garantiranno nel corso di tutta la vita una influente e utile cerchia di amicizie e conoscenze.

Nei primi anni Venti, durante un soggiorno in Florida, Wallis conobbe un giovane pilota, l’affascinante Earl Win Spencer Jr, brevetto “n. 20” della US Navy. Earl la stregò al punto da convincerla al matrimonio: l’8 novembre 1916 divenne il suo primo marito.

In breve tempo divenne però chiaro a Wallis che il fascino travolgente di Earl nascondeva un terribile temperamento, esacerbato da una pesante dipendenza dall’alcool. Dopo diversi tentativi di far funzionare il matrimonio, tra liti furiose, separazioni, riavvicinamenti e le diverse missioni del marito, da Washington alla Cina, Wallis divenne sempre più abile nel destreggiarsi socialmente e nell’inserirsi in circoli sempre più esclusivi (l’unica frase che imparò in cinese fu “Ragazzo, passami lo champagne!”).

Con dolore, dovette riconoscere il fallimento del matrimonio: nel dicembre 1927, rientrata in America dalla Cina, Wallis chiese il divorzio. Ben presto si risposò con uno stabile e “rassicurante” gentiluomo inglese, il cui cognome avrebbe, suo malgrado, reso famoso: Ernest Simpson. Stabilitasi a Londra, grazie al suo inserimento in un circolo di amicizie aristocratiche, riuscì in breve tempo ad incontrare l’uomo a cui legò indissolubilmente il suo destino: il principe ereditario Edoardo.

Incontrato per la prima volta nel 1931, lo colpì per la sua schiettezza già nel loro primo dialogo durante un ballo in una casa di comuni amici (“le manca il riscaldamento centralizzato Signora Simpson?” chiese lui, “No signore e devo dire che mi ha delusa: a tutte le donne americane è chiesta la stessa cosa in Inghilterra, speravo in un qualcosa di più originale dal principe di Galles” rispose audacemente lei): nonostante non fosse stato amore a prima vista, Wallis Simpson aveva incuriosito il Principe e la coppia fu invitata con sempre maggiore frequenza ai weekend parties organizzati dal principe nella sua residenza di Fort Belvedere.

“Sei la prima donna a cui interessa il mio lavoro”, era solito dire Edward a Wallis.

La svolta nell’amicizia tra i due avvenne nel 1934 quando “Mrs. Simpson” divenne l’amante del principe (in un primo momento, quasi con il benestare di Ernest): fu però chiaro fin da subito che la loro non era una relazione come le altre. Edward, che ora Wallis era autorizzata a chiamare David, come i membri più stretti della sua famiglia, infatti, nutriva per lei una adorazione sempre crescente e del tutto fuori dal comune (era la fase di “Wallis in Wonderland”, come la soprannominò la zia materna) al punto da coprirla di soldi, privilegi e, soprattutto, gioielli.

Ben presto, questi divennero il medium prediletto da David per esprimerle il suo amore: dal celeberrimo smeraldo di fidanzamento la cui montatura recava incisa la frase “We are ours now 10 X 1936”, alla spilla in diamanti raffigurante il simbolo del Principe di Galles, al bracciale di Cartier con i pendenti a croce regalati per ogni pietra miliare della relazione). Con l’acuirsi dei sentimenti della coppia, crescevano anche le difficoltà: il 20 Gennaio 1936, con la morte di re Giorgio V (che, poco prima di morire, aveva affermato, con rara lungimiranza, che il figlio si sarebbe rovinato come sovrano in dodici mesi), David diveniva re Edoardo VIII e, come affermerà nel suo discorso di abdicazione, desiderava a tutti i costi la sua amata al suo fianco come legittima sposa e regina (“non verrò incoronato con una menzogna sulle labbra”).

La ferma opposizione dell’establishment inglese a una americana doppiamente divorziata come regina portò la monarchia sull’orlo dell’abisso: Wallis, nel tentativo di fermare l’abdicazione di David, che, oltretutto, aveva dimostrato una pericolosa vicinanza alla Germania nazista, fuggì nel sud della Francia.

Nonostante le esortazioni di Wallis (“qualsiasi cosa tu faccia non abdicare! È il tuo dovere, è il tuo destino”), il 10 Dicembre 1936 David rinunciava al trono affermando come gli “fosse impossibile portare a termine i compiti e doveri di Re ed Imperatore secondo i miei desideri senza l’aiuto e sostegno della donna che amo”. Lasciato il paese, l’ ex-re, ora Duca di Windsor, si rifugiò in Austria, in attesa che il secondo divorzio di Wallis giungesse in porto.

Nella primavera 1937, alla presenza di pochi amici (la famiglia reale snobbò l’invito) Wallis, impeccabilmente vestita in un completo di Mainbocher nella tonalità di azzurro che da lei prese il nome (Wallis Blue), e David divennero marito e moglie: lei indossava sentimentalmente il bracciale con le croci.

Dopo il matrimonio iniziò la vera sfida: costruire una vita insieme dalle letterali ceneri di un Impero. Non fu semplice: come riassunse un intimo dei Windsor essi “ebbero tutti gli svantaggi dell’essere reali senza poter godere di alcun vantaggio”: a Wallis, a cui il nuovo re Giorgio VI mai concesse il titolo che le sarebbe spettato, quello di Altezza Reale, spettò il compito di riempire il vuoto che l’abdicazione aveva lasciato nel marito: addestrato da sempre a diventare un sovrano, David, raccontava Wallis, aveva infatti “rinunciato a tutto per me, il minimo che possa fare è fare in modo che ne sia valsa la pena”).

Solo agli sgoccioli della vita di David, quando ormai sul trono inglese al fratello era succeduta la figlia, Elizabeth, la giovane sovrana tese un ramo d’ulivo ai Windsor, visitando la coppia nella loro residenza parigina al Bois du Boulogne poco prima che l’ex-re morisse: fu un incontro molto formale, poiché, in verità, nessuno dei due fu mai totalmente perdonato per aver interposto le ragioni del cuore al dovere.

Poiché il fato lavora in maniere misteriose, è interessante notare come alla morte di Wallis nel 1986, la maestosa residenza parigina dei Windsor venne acquistata in blocco da Mohamed Al–Fayed, il cui figlio Dodi con la compagna, la ex-principessa del Galles, lady Diana Spencer, morì nel famigerato incidente stradale a Parigi nella galleria del Pont de l’Alma il 31 agosto 1997. Due donne ostracizzate dalla famiglia reale inglese si trovavano quindi unite in un curioso colpo del destino, forse a condividere le difficoltà che la vita aveva loro serbato.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Wallis Simpson

Diana Mosley, The Duchess of Windsor: a memoir, London, Sidgwick & Jackson, 1980

Ralph G.  Martin, The woman he love, London, Simon & Schuster, 1974

Anne Sebba,  That woman, London, Weidenfeld & Nicolson, 2011

Edward e Wallis (film), regia di Madonna (Madonna Louise Veronica Ciccone), 2011

Referenze iconografiche: Ritratto di Wallis Simpson, 1936. Immagine in pubblico dominio.

Voce pubblicata nel: 2020

Ultimo aggiornamento: 2023