Adélaïde Nathalie Marie Hedwige Philippine d’Affry nacque nel cantone svizzero di Friburgo da una famiglia aristocratica e benestante, che nell’assicurarle un’educazione all’altezza del suo ceto, non mancò di farle impartire anche lezioni di disegno e di acquerello.

Abituata a viaggiare sin dall’adolescenza, la bella Adèle aveva una personalità spumeggiante e una promettente capacità creativa. Soggiornò a lungo a Roma, dove frequentò lo studio dello scultore svizzero Imhof, da cui apprese le prime basi del modellato.

Risale a quegli anni trascorsi il suo incontro con Carlo Colonna, poi duca di Castiglione Altibrandi. Fu amore a prima vista per entrambi e il matrimonio non si fece attendere. Purtroppo, la bella favola si chiuse appena otto mesi dopo, con la febbre tifoidea che stroncò Carlo in poche ore, mentre i due sposi si trovavano a Parigi.

Per la giovane vedova si aprì una stagione burrascosa: al dolore per la perdita subita, si aggiunse, infatti, l’amarezza per gli scontri con la famiglia Colonna, a causa di questioni ereditarie, che la costrinsero a trasferirsi a Roma, ospite del convento delle Dame del Sacro Cuore a Trinità dei Monti.

Assorbita in parte dalle incombenze legali, dedicò il resto del tempo all’incontro ravvicinato con l’arte antica e “moderna” di Roma, restando particolarmente colpita dalla potenza delle opere di Michelangelo: Quest’uomo ha tormentato la creazione per farle dire il segreto di Dio…

Fu proprio in quel periodo travagliato che tornò nell’atelier di Imhof, per riprendere a lavorare il bronzo e il marmo, con tanta abilità e passione che in qualche mese riuscì a realizzare un lodevole busto del suo compianto consorte. A quella scultura ne seguirono molte altre, inaugurando una carriera intensa di scultrice.

Di nuovo a Parigi, prese in affitto un atelier sul Cours-la-Reine, facendone presto un raffinato punto d’incontro di artisti e letterati, tra cui George Sand, romanziera prolifera ormai avanti negli anni. Ma a conquistare un posto speciale nel cuore di Adèle fu la pittrice impressionista Berthe Morisot, della quale scrisse nel diario: «Ieri, mi sono messa in vettura con Berthe Morisot, che era venuta a posare da me, e insieme siamo andate da Manet, che ho guardato mentre dipingeva questa bella tenebrosa piena di spirito…».

In questi anni, la d’Affry conosce Delacroix e altri artisti di punta e presenzia i salotti che contano.

A lezione di anatomia dal professor Seppey, nella scuola di medicina, non trascurò di recarsi al Louvre per copiare dal vero le opere classiche. Ciononostante, tanto impegno non le fu sufficiente per spuntarla sulla giuria esaminatrice dell'École des Beaux-Arts, che respinse la sua domanda di ammissione.

E intanto, tra delusioni professionali e amori passeggeri, ecco affacciarsi i primi sintomi della tisi, malattia tanto silenziosa quanto incurabile, che le toglie via via le forze, proprio a lei che per poter scolpire aveva bisogno di moltissima energia. Stanca ma non battuta, l’artista raggiunge ancora una volta Roma, dove, a Villa Medici, conobbe Jean-Baptiste Carpeaux, uno scultore oscillante tra gusto romantico e realismo, al quale si lega affettivamente per alcuni anni ma non al punto di accettarne la proposta di matrimonio.

Nel 1863, in pieno Secondo Impero, avviene il suo gran debutto al Salon di Parigi: dopo molte esitazioni, decide di presentarsi con lo pseudonimo di Marcello. Non si può immaginare quanto l’essere donna ritardi tutto… L’adozione di un nome maschile le era parsa la soluzione di un doppio problema: mettersi al riparo dalla riprovazione sociale suscitato dalla scelta di una occupazione considerata maschile, come quella della scultura, e esercitare nella cornice della riservatezza e del decoro imposti dal suo titolo nobiliare. Il suo segreto, però, ebbe vita breve, destando, in verità, più curiosità che sconcerto.

Tra le opere ammesse all’Esposizione, il suo busto neo-rinascimentale di Bianca Cappello suscitò l’ammirazione dell’imperatrice Eugénie, che spalancò le porte di corte alla scultrice, annoverandola tra le amicizie di famiglia. Da quel momento, la vita mondana di Adèle ebbe un’impennata, fioccarono per lei commissioni importanti e inviti prestigiosi, non ultimo quello che la vedrà in prima fila a Budapest, all’incoronazione della regina Elisabetta, Sissi, di cui in seguito realizzerà un piccolo busto.

Viaggiatrice instancabile, la d’Affry soggiornò anche in Spagna, dove ottenne il permesso speciale di studiare le opere di Velasquez esposte al Prado. E tuttavia, a carriera ormai avviata, ricevette anche un colpo basso: la sua Pythie, presentata al Salon del ’70, fu paragonata a una negra selvaggia e a una strega del medioevo in trance. L’opera e la sua artefice dovettero aspettare l’inaugurazione dell’Opéra di Parigi per veder riconosciuto il proprio valore: posta nel foyer, la scultura conquistò subito sia il pubblico che la critica.

Nel frattempo, a causa della salute cagionevole, l’artista fu costretta ad appendere lo scalpello al chiodo, ma colse subito la palla al balzo per cambiare direzione, seguendo corsi di pittura con Ernest Hébert. Abituata a maneggiare strumenti pesanti, non mancò di lamentarsi della matita Ah, com’è difficile da maneggiare questo piccolo strumento, è peggio di cavalcare un cavallo reticente, capriccioso… Lagnanze a parte, non tardò a vincere anche sul disegno: a testimoniarlo, fra l’altro, è il bel ritratto fatto alla sua amica Morisot.

Consapevole che la fine non fosse troppo lontana, la duchessa s’affrettò a redigere il testamento, donando un cospicuo numero di sculture alla città natale di Friburgo, affinché le raccogliesse in un museo interamente consacrato alla sua opera, sotto il nome di Marcello.

La tubercolosi la uccise in piena estate, a Castellammare di Stabia, dove s’era rifugiata nella speranza che la mitezza del clima rallentasse il decorso della malattia. Aveva 43 anni e lasciava una miriade di progetti incompiuti e una grande mancanza nelle amicizie più care. Appreso del decesso, la stessa Morisot ne fu toccata nell’intimo: … è per me una perdita grave, una pena profonda, scrisse a sua sorella Edma, Ci sono amicizie che non si sostituiscono…

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Adèle d’Affry (Marcello)

Henriette Bessis, Marcello Sculpteur, Musée d'Art et d’Histoire de Fribourg, 1980

Les Cahiers d'Adèle, edizione a cura di Simone de Reyff e Fabien Python, Société d'Histoire du canton de Fribourg, Archives de la Société d'histoire du canton de Fribourg, nuova serie, vol. 17, 2014

Voce ricca di dettagli su wikipedia.org/wiki/Marcello

Referenze iconografiche:

Prima immagine: Ritratto di Marcello (Adèle d'Affry), olio su tela, di Gustav Courbet, 1870. Musée des beaux-arts, Reims. Immagine in pubblico dominio.

Seconda immagine: Pythia, 1870. Foto di Mussklprozz.  Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 3.0 Unported

Voce pubblicata nel: 2020

Ultimo aggiornamento: 2023