Quattro secoli di enigmi irrisolti: è questa la sintesi delle vicende collegate a Camilla Faà, contessa di Bruno, marchesa di Mombaruzzo e monaca di clausura sepolta nel convento del Corpus Domini di Ferrara accanto a Lucrezia Borgia.

Camilla nacque a Casale, oggi Casale Monferrato, nel 1599 da Ardizzino Faà, Conte di Bruno, piccolo paese oggi in provincia d’Asti, e Caterina Fassati. L’esistenza della famiglia Faà nella zona monferrina è testimoniata dal 1492. Benché da subito i Faà siano entrati sulle scene della Storia con ruoli e incarichi notevoli, non si sa da dove provenissero né si ha notizia certa dell’origine del cognome. La spiegazione più semplice è che derivi dalla “fata” del loro stemma nobiliare. In realtà, la figura mitologica rappresentata non ha nulla a che vedere con creature affascinanti: caso unico nell’araldica, lo stemma raffigura un’immagine femminile sino a metà busto, completato da gambe squamate, zampe palmate, una coda culminante in tre punte e grandi ali. In una versione dello stesso, diffusa all’epoca in cui uno dei Faà divenne alto prelato, il seno è coperto da un corsetto d’armatura e il capo da un elmo. La figura rappresentata è evidentemente in grado di camminare, nuotare e volare: cosa sia, a oggi con certezza non si sa. Riguardo al combattere, attività richiamata dal “nascondimento” del seno femminile dello stemma, la famiglia Faà raramente si distinse nella Storia precedente al ‘900, fatto eccetto per Emilio Faà di Bruno, Medaglia d’Oro al Valor Militare, scomparso nella battaglia di Lissa nel 1866.

Alla famiglia appartenne il beato Francesco Faà (1825-1888), che, dopo aver iniziato la carriera militare nel contesto delle guerre risorgimentali, si dedicò a studi scientifici e matematici e fondò a Torino la Compagnia delle Figlie di Santa Zita, in seguito riunite nella congregazione delle Suore minime di Nostra Signora del Suffragio. Fu lui, in contatto con i maggiori matematici e fisici europei del suo tempo, a far costruire per la chiesa di Torino un campanile molto alto affinché l’ora fosse visibile a chi non aveva orologi e ad avviare attività di assistenza e istruzione, in particolare dedicate a ragazze e donne. Il motto dei Faà è “Nec ferro nec igne”, né con la spada né con il fuoco: una dichiarazione di non belligeranza che trova conferma nell’attitudine della famiglia soprattutto agli studi scientifici, nel ‘500 e nel ‘600 compresi nella definizione di alchemici, e agli incarichi diplomatici. La Casale in cui nacque Camilla apparteneva dal 1531 ai domini dei Gonzaga di Mantova in seguito al matrimonio fra Margherita Paleologo, figlia di Anne d’Alençon e del Marchese di Monferrato Guglielmo IX, con il Duca di Mantova Federico II Gonzaga. Le nozze erano state il risultato delle straordinarie abilità politiche e strategiche della d’Alençon, imparentata con i reali di Francia e vedova di Guglielmo. Casale era il caposaldo dei Gonzaga nel Monferrato, “cerniera d’Europa” e nella quale i Gonzaga fecero costruire una grandiosa cittadella, per la cui costruzione – ne resta soltanto il castello – è stato calcolato che ancor oggi i discendenti dei Gonzaga sarebbero indebitati se non si fossero estinti nel 1708.

La formazione e l’istruzione di Camilla avvenne a Casale, dove la bambina crebbe, oltre a soggiorni nel castello di Bruno, acquistato dalla famiglia Faà con il feudo annesso fra il 1570 e il 1580. Camilla sapeva leggere e scrivere con stile personale e raffinato e sapeva suonare l’arpa. Fu a Casale che Camilla conobbe il Duca Francesco Gonzaga, figlio di Vincenzo I e Governatore di Casale, e la moglie Margherita di Savoia, primogenita del Duca Emanuele I di Savoia. Sposi dal 1608, Francesco e Margherita soggiornarono a Casale sino al 1612, quando, alla morte di Vincenzo, Francesco ne divenne il successore.

Apprezzata per le sue doti, Camilla era intanto diventata damigella di corte di Margherita, che la portò con sé a Mantova all’atto della nomina ducale del marito. Nello stesso anno, il Duca Francesco morì di vaiolo e Margherita fu rimandata a Torino, mentre a Mantova fu trattenuta la loro figlioletta Maria, allevata da Margherita Gonzaga, la cosiddetta “Madama di Ferrara”, zia del Duca Francesco e vedova di Alfonso II d’Este. Il Duca di Savoia, però, avanzò il diritto alla successione in linea femminile della figlia Margherita al Ducato di Mantova, come previsto in Monferrato al quale il Mantovano era unito, questione che condusse alla Prima Guerra del Monferrato (1613-1617). In questo contesto di contese dinastiche, Camilla rimase alla corte mantovana e lì ebbe modo di conoscere il nuovo Duca, Ferdinando, fratello dello scomparso Francesco.

Ferdinando, che a vent’anni era stato cardinale a Roma, parlava e scriveva correttamente in otto lingue e aveva rapporti con personaggi quali il Caravaggio e Galileo Galilei. Innamoratosi, ricambiato, della damigella Camilla, pur di ottenerne i favori inscenò un matrimonio, che si svolse in segretezza il 18 febbraio 1616, officiante Gregorio Carbonelli, Vescovo di Diocesarea e Abate della chiesa mantovana di Santa Barbara, e un aiutante di Camera, Alessandro Ferrari. Dal matrimonio, segreto e non valido per assenza dei crismi necessari dei quali Camilla era stata tenuta all’oscuro, il 4 dicembre 1616 nacque Giacinto Teodoro Giovanni. Intanto era morto Ardizzino, padre di Camilla, ambasciatore dei Gonzaga a Milano, unico che, forse, avrebbe potuto districare gli intrighi in atto. Il bambino fu battezzato, alla presenza del Duca Ferdinando, che se ne assunse la paternità, nel Duomo di Casale dal Vescovo e partecipò alla cerimonia tutta la nobilità monferrina. Il 7 febbraio 1617, a distanza di appena di due mesi, il Duca Ferdinando si sposò, questa volta in nozze ufficiali e valide, con Caterina de’ Medici, figlia del Granduca di Toscana Ferdinando e di Cristina di Lorena.

Restava il “problema”, pubblico e scandaloso per quei tempi, di Camilla e di Giacinto. Richiamati da Casale a Mantova, Camilla fu ospitata nel convento delle Carmelitane e si cercò di convincerla ad accasarsi con nobili mantovani, ipotesi che Camilla respinse sempre, dichiarandosi Duchessa di Mantova. Giacinto fu allevato a corte. Il 22 maggio 1622, Camilla, fautrice la Madama di Ferrara e con ogni probabilità sottoposta a minacce di ritorsione, prese monacazione e vestizione con il nome di Suor Caterina Camilla presso il convento delle Clarisse del Corpus Domini di Ferrara, dal quale non uscì mai più e dove morì nel 1662.

Alla morte di Ferdinando, nel 1626, e del successore, Vincenzo, nel 1627, il Ducato di Mantova restò vacante: esisteva soltanto un possibile successore, il giovane Giacinto, figlio di Camilla e Ferdinando, nato però al di fuori di un matrimonio valido. Fu questa situazione a scatenare la Seconda Guerra del Monferrato, quella che fa da cornice storica ai I promessi sposi di Alessandro Manzoni. La guerra si risolse nel 1630 con la morte del quattordicenne Giacinto e con l’ingresso in Mantova di Carlo di Rethel- Nevers, francese, imparentato con i Gonzaga.

Nel periodo della sua clausura Camilla vide il figlio Giacinto a Ferrara soltanto due volte, nel giugno del 1622 e nell’ottobre del 1625. A curarsi del ragazzo, morto il Duca, era stata la sua matrigna, Caterina de’ Medici, con attenzione e affetto, come emerge dal loro epistolario. L’allontanamento da Mantova di Caterina, nominata Governatrice di Siena (1627), e la sua successiva morte (1629) furono probabilmente non estranei alla dubbia scomparsa di Giacinto, lasciato solo e senza protezioni. Di Camilla restano centinaia di lettere e un memoriale dove la donna raccontò la sua vicenda, uno straordinario documento di letteratura claustrale seicentesca. E anche un ritratto, conservato nel castello di famiglia a Bruno, dal quale un restauro condotto nel 2014 ha fatto emergere un cagnolino nero, nascosto, pure lui, da pennellate di drappeggi. Un altro nascondimento misterioso e a oggi inspiegabile nella vicenda di Camilla Faà.


Fonti, risorse bibliografiche, siti su Camilla Faà


Fernanda Sorbelli Bonfà, Camilla Gonzaga Faà – Storia documentata, Zanichelli, Bologna, 1918
Cinzia Montagna, Nec ferro nec igne – Nel segno di Camilla, Circolo Culturale I Marchesi del Monferrato, Alessandria, 2012
Cinzia Montagna, È tornato il cane nero – Gli enigmi di Camilla Faà, Circolo Culturale I Marchesi del Monferrato, Alessandria, 2014


Voce pubblicata nel: 2023

Ultimo aggiornamento: 2024