Francesca Lutti nasce nel 1827 a Riva del Garda, nell’allora Tirolo italiano, in una nobile famiglia culturalmente attiva e sensibile agli ideali risorgimentali che dall’inizio dell’Ottocento andavano diffondendosi in tutta Italia. Grazie al mecenatismo del padre, Vincenzo Lutti, e al suo amore per l’arte e la musica, intorno alla famiglia si sviluppa un apprezzabile cenacolo artistico-culturale, animato dopo la sua morte – avvenuta nel 1854 – dai figli, Francesca e Vincenzo junior, con il sostegno del letterato di origine trentina Andrea Maffei. In quegli anni un nutrito numero di artisti, politici e intellettuali trova nella villa di S. Alessandro presso Riva del Garda e in quella di Campo Lomaso nelle Valli Giudicarie una sede privilegiata di ritrovi estivi e autunnali, dove la poesia, ispirata dall’ambiente naturale, si intreccia con la musica, la politica o con semplici momenti di svago e divertimento.

L’infanzia di Francesca Lutti trascorre nella tranquillità della cittadina trentina in compagnia dei due fratelli minori, Vincenzo e Maria, in un ambiente culturalmente dinamico e ricco di stimoli. La prima educazione della poetessa, impartita da precettori e familiari, si presenta conforme all’uso tipico aristocratico: si va dallo studio del canto e della musica, allo studio del francese e del tedesco fino a insegnamenti di economia domestica, di cucito e di ricamo.

Nel percorso educativo un posto di riguardo è riservato, fin dai primissimi anni, alla preparazione umanistica e alla pratica poetica, alla quale Francesca è avviata dalla madre Clara Capolini – a lei è infatti dedicata la prima delle novelle in versi, Maria, pubblicata nel 1858. Tuttavia fondamentale per la formazione poetica e per l’avvio di una vera e propria carriera artistica è l’incontro con il traduttore e intellettuale Andrea Maffei, amico di famiglia e frequentatore del salotto, che assume a partire dal 1851 il ruolo di maestro e guida della giovane, aiutandola ad affermare il proprio nome nel panorama letterario contemporaneo. Le tappe di tale percorso formativo sono ripercorribili nel Discorso preliminare all’Alberto – il lungo poema della Lutti pubblicato nel 1867 – nel quale Maffei ricorda i primi consigli impartiti all’allieva: l’abbandono dei poeti moderni e il ritorno allo studio dei classici, di Dante e dell’Ariosto. Tra allieva e maestro si sviluppa negli anni un complesso legame artistico-affettivo, una vera e propria adozione spirituale, che si traduce in un fitto carteggio in parte inedito, nel quale si alternano note di viaggio, consigli letterari, stati d’animo e piccoli momenti di quotidianità.

Sotto la guida di Maffei Francesca Lutti si dedica non solo alla composizione di brevi poesie d’occasione apparse in periodici e strenne – nel 1850 è pubblicato il suo primo sonetto sulla «Strenna italiana» – ma anche a opere di maggiore impegno, come le novelle in versi – Maria (1858), Rosa e Stella (1859) e Giovanni, apparsa per la prima volta nel 1862 all’interno del volume Novelle e liriche – e il «poema contemporaneo» in ottave Alberto. Si tratta di una produzione dal forte intento pedagogico, legata dal punto di vista formale ai modelli della grande poesia italiana (il sonetto petrarchesco e l’ottava dell’Ariosto) e dove è evidente, soprattutto in alcune liriche, il debito con la tradizione melica settecentesca.

Sebbene la malattia e una salute cagionevole la costringano a prolungati periodi di riposo e a un’esistenza appartata, Francesca Lutti entra in diretto contatto con l’élite intellettuale dell’epoca, grazie alla mediazione di Andrea Maffei e ai frequentatori del cenacolo culturale di famiglia. Significativi sono i legami e le amicizie con scrittrici e nobildonne dell’epoca, come Giannina Milli, Erminia Fuà Fusinato, Felicita Bevilacqua-La Masa e le sorelle Aganoor – solo per citarne alcune – e i contatti con poeti come Antonio Gazzoletti e Giacomo Zanella, con il politico Giovanni Visconti Venosta e con intellettuali come Achille Torelli, Giulio Piccini e Antonio Caccianiga. Raffaello Barbiera la ricorda tra le frequentatrici del salotto della contessa Clara Maffei, in compagnia del fratello Vincenzo – valente musicista che nella città lombarda avvia una significativa carriera musicale sotto la protezione di Maffei – mentre a Genova partecipa insieme alla madre Clara all’animato salotto del patrizio Gian Carlo Di Negro e frequenta la villa di S. Vito dell’amica Bianca De Simoni Rebizzo.

Dopo “lunghi e duri contrasti” – così riferisce Andrea Maffei in una lettera all’amico Giacomo Zanella – nel 1869 Francesca sposa il cantante lirico Giuseppe Alberti, ma il matrimonio dura poco meno di due anni: una grave malattia colpisce il cantante e lo spegne nel febbraio del 1871. Al lutto, che mina fortemente l’animo della poetessa, si affianca negli anni un crescente senso di sfiducia verso le proprie capacità artistiche. In una lettera a Felice Le Monnier, datata 25 agosto 1877, scrive in riferimento alla ristampa del volume Novelle e liriche: «Non vorrei ch’Ella avesse a pentirsi di questa ristampa – il merito delle cose mie è scarso, la fortuna non è mai stata con me e provo un doppio rincrescimento quando temo che ne possa venir danno altrui».

Nonostante le cure effettuate sotto indicazione del medico milanese Andrea Verga, lo stato di salute della poetessa peggiora gradualmente e negli ultimi anni la sua esistenza è scandita da soggiorni di cura a Salsomaggiore e a Levico nel tentativo di arginare la malattia e dallo studio, animato da un nuovo interesse verso il teatro – Francesca è autrice di alcune commedie in prosa e in versi martelliani – e dalla preparazione della seconda edizione di Novelle e liriche. La situazione precipita infine nel 1878. Dopo una crisi avvenuta durante un soggiorno a Levico, decide di recarsi a Milano presso il dottor Verga. Tuttavia la morte la sorprende durante il viaggio di ritorno a Riva del Garda e il 6 dicembre del 1878 muore a Brescia in compagnia del fratello Vincenzo. La salma, cui la città bresciana farà “spontaneamente grandi onori funebri”, è ricondotta nei giorni successivi nella città natale ed è inumata nella cappella di famiglia, accanto al padre Vincenzo.

Immagine: Luigi Sacco, Francesca, Maria e Vincenzo Lutti, collezione privata (Riva del Garda).

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Francesca Lutti

Ambrosi F., Scrittori ed artisti trentini, 2. ed. notevolmente accresciuta e corretta, Trento, Zippel, 1894, pp. 191-192

Bandini Buti M., Poetesse e scrittrici, Roma, Tosi, 1946, vol. I, pp. 25-26

Biadego G., Francesca Lutti, Milano, Tipografia Editrice Lombarda di F. Menozzi e C., 1879, estratto da «Rivista Minima», 15 marzo 1879

Emmert B., Francesca Lutti-Alberti (2 febbraio 1827 - 7 dicembre 1878). Saggio bibliografico, Rovereto, Tipografia Ugo Grandi, 1912

Farina R. (a cura di), Dizionario biografico delle donne lombarde 568-1968, Milano, Baldini & Castoldi, 1995, p. 653

Francescotti R. (a cura di), Donne in poesia nel Trentino, Trento, ed. UCT, 1990, pp. 13-16

Riccadonna G., Francesca Alberti Lutti. Il salotto culturale dell'Ottocento nel Trentino, in Donne intellettuali trentine tra Otto e Novecento, Trento, 1999, pp. 9-27

Referenze iconografiche: Francesca, Maria e Vincenzo Lutti. Collezione privata di Riva del Garda. Immagine in pubblico dominio.

Voce pubblicata nel: 2012

Ultimo aggiornamento: 2023