Françoise Barré-Sinoussi è una scienziata, ma anche un’attivista, che ha avuto un ruolo decisivo nell’individuare il virus HIV e nello studio delle possibili cure. Ha viaggiato in Africa e nel sud-est asiatico per promuovere una migliore educazione pubblica alla prevenzione dell'Aids e istituire centri, dove i casi di infezione da HIV potessero essere identificati e curati. Stupita dall'entità dell'epidemia, si è impegnata a combattere la malattia nei paesi con risorse limitate. Per Barré-Sinoussi, il Premio Nobel è stato un nuovo punto di partenza. Grazie alla visibilità ottenuta, riesce a dare voce alla sua causa in maniera più attiva di fronte alle istituzioni.

François Barré-Sinoussi nasce a Parigi nel 1947 in una famiglia umile di cui si sa molto poco. Il fascino verso la natura nasce durante l’infanzia, quando trascorre buona parte delle vacanze estive a osservare le campagne dell’Alvernia. La stessa passione è risultata determinante nella scelta dell’università: infatti, è terribilmente indecisa tra la facoltà di Medicina e quella di Scienze Naturali. L’inclinazione verso la prima è data dalla perdita del cugino a causa della leucemia, ma alla fine sceglie la facoltà di Scienze Naturali alla Sorbona. Questo, infatti, è il percorso di studi più economico e breve: in questo modo riesce a non gravare sulla famiglia.

Durante i primi anni universitari, Barré-Sinoussi fa esperienze di ricerca in laboratorio, ed è proprio qui che comincia a interessarsi alla biochimica. Nell’ultimo anno di specializzazione (1971), decide di entrare come volontaria all’interno di un laboratorio; dopo una serie di rifiuti, viene accolta nel centro di immunologia dell’Istituto Pasteur di Parigi, guidato dal virologo Jean-Claude Chermann. Ciò determina la svolta decisiva nella sua vita di scienziata. Anche se il laboratorio riempie la maggior parte delle sue giornate, Barré-Sinoussi riesce a raggiungere la fine del suo percorso universitario. Poco dopo la laurea ottiene un dottorato negli Stati Uniti, presso il National Institute of Health. Nel 1978, terminato il suo soggiorno in America, torna a Parigi per accettare un nuovo incarico all’Istituto Pasteur: qui la sua équipe lavora sul legame tra retrovirus e tumori.

Françoise Barré-Sinoussi e il suo collega Luc Montagnier vengono coinvolti da Willy Rozenbaum – un medico che ha iniziato a vedere i primi casi dell’epidemia globale di AIDS in Francia – in una particolare ricerca. Nel 1982 infatti i contagi, soprattutto fra gli omosessuali, si stanno diffondendo notevolmente; Rozenbaum, preoccupato per i suoi pazienti, vuole perciò indagare le cause della malattia. La scienziata riesce in poco tempo, con il suo gruppo, a isolare il virus, responsabile della malattia, che viene oggi definito virus dell’immunodeficienza umana (HIV). Grazie a questa scoperta, i ricercatori possono rilevare l’infezione nei malati di Aids e, dopo vari studi, progettano farmaci antiretrovirali per mantenerli in vita.

Quando il suo lavoro viene pubblicato, nel 1983, Françoise Barré-Sinoussi viene contattata da molti pazienti morenti che chiedono una cura. Sentendosi impotente, commenta in questo modo:

“È stato davvero traumatico. Sapevo come scienziato che domani non avremo un trattamento perché sappiamo che la scienza ha bisogno di tempo per sviluppare farmaci. Vedere i pazienti morire e aspettarsi così tanto da noi è stato terribile.”

A 38 anni organizza la conferenza internazionale sull’Aids a Parigi e due anni dopo istituisce, con i suoi colleghi, la International AIDS Society. Nel 1996 Barré-Sinoussi scopre una terapia antiretrovirale, ma, sopraffatta dalla pressione finora accumulata, si ritira dagli impegni pubblici a causa di una forte depressione.

“Come tutti, ci sono momenti nella mia vita in cui sono pessimista. Mi chiedo se dovrei continuare… Poi vado a fare un viaggio in Africa o nel sud-est asiatico e ho un piccolo incontro con persone affette da HIV, e dimentico il mio umore.”
È questo il pensiero che condivide Françoise Barré-Sinoussi quando torna a combattere in prima linea.

Nel 2008, lei e il suo collega Montagnier ricevono il Premio Nobel per la medicina, in quanto primi scienziati ad aver isolato il virus dell’immunodeficienza umana. Ad oggi, Françoise Barré-Sinoussi dirige l’unità di regolazione delle infezioni retrovirali presso l'Istituto Pasteur, che è ancora alla ricerca di un vaccino o di una cura funzionale.

*Voce a cura di Federica Amica e Roberta Romio, laureate presso l’università Gabriele D’Annunzio di Chieti, in Scienze e Tecniche Psicologiche. Attualmente, Federica Amica frequenta la magistrale di Psicologia, con indirizzo Psicologia Clinica, a Trento; Roberta Romio frequenta la magistrale di Psicologia, con indirizzo Neuroscienze, a Trento. Amano aiutare il prossimo: hanno entrambe esperienze di volontariato, in chiesa e in ospedale. Partecipano al gruppo SCRIBUNT: (Gruppo di) Scrittura di Biografie - Università di Trento (referenti Maria Barbone; Susanna Pedrotti; Lucia Rodler).

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Françoise Barré-Sinoussi

Lever, A. M. L., & Berkhout, B. (2008). 2008 Nobel prize in Medicine for discoverers of HIV. Retrovirology 5, 91.
Petralia, S. (2018). Françoise Barré-Sinoussi, l’AIDS e la scoperta dell’HIV. OggiScienza, 8 novembre.

Pincock, S. (2008). Françoise Barré-Sinoussi: shares Nobel Prize for discovery of HIV. The Lancet Journal, 372 (9647), 1377.



Voce pubblicata nel: 2024

Ultimo aggiornamento: 2024