“Mi è sempre piaciuto fantasticare, da piccola disegnavo manga. Ma non sono portata per il disegno e allora ho cominciato a pensare di diventare qualcos’altro. A vent’anni non ci pensavo già più, anzi volevo fare la redattrice. Poi, quando ne ho compiuti trenta, ho iniziato a studiare per diventare sceneggiatrice, e scrivendo sceneggiature mi sono resa conto che mi piaceva scrivere storie che lasciassero spazio alla psicologia dei personaggi. È stato allora che è nato in me il desiderio di diventare una scrittrice”.

Come molti romanzieri, Kirino Natsuo, regina del noir giapponese e profonda innovatrice della letteratura femminile del suo paese, aveva innati dentro di sé i semi dell’arte del racconto, ben nutriti e germogliati fin da quand’era bambina e amava leggere e inventare storie. La sua infanzia all’insegna dei continui spostamenti ha con ogni probabilità contribuito allo sviluppo di un’indole indipendente e di un forte e critico spirito di osservazione, che senza dubbio le hanno permesso di estrapolare al meglio dalla sua interiorità il desiderio impellente di narrare le cose in modo originale e trasversale, scoprendo sempre nuovi e sorprendenti punti di vista. Nasce nel 1951 a Kanazawa, splendida cittadina sul Mar del Giappone ricca di tradizioni artistiche e letterarie, ma già all’età di due anni, a causa della professione del padre, ingegnere presso una società di costruzioni, deve trasferirsi a Sendai, nel Nord dell’arcipelago nipponico, dove nel 1958 inizia a frequentare la scuola elementare. Appena il tempo di arrivare al termine dell’anno scolastico e si prospetta un nuovo trasferimento, ancora più a nord, nella fredda Sapporo in Hokkaidō, dove frequenta gli altri anni delle elementari e il primo delle medie. Di quegli anni ricorda soprattutto il clima rigido, il buio e il vento forte, che soffiava spesso facendo cigolare le imposte di casa. Sono atmosfere plumbee e gelide, che ricorrono di frequente nei suoi libri, per esempio in Una notte dimenticata dagli angeli (1994), secondo romanzo della “Serie di Murano Miro”, in parte ambientato proprio a Sendai, o in Morbide guance (1999), dove la protagonista Kasumi fa ritorno in Hokkaidō, sua terra d’origine. Nel 1965, poco prima dell’inizio del secondo anno della scuola media, giunge l’ultimo e definitivo trasferimento a Musashino, nei pressi di Tokyo. È in questo periodo che la sua passione per la letteratura esplode in via definitiva, anche in conseguenza della solitudine che deve fronteggiare soprattutto i primi tempi per via delle difficoltà nel rapportarsi con i suoi coetanei nati e cresciuti nella capitale, ben più chiusi e riservati rispetto a quelli di provincia. Legge Via col vento, Cime tempestose, Jane Eyre e molti altri capisaldi della letteratura femminile mondiale, ma si avvicina anche al mistery giapponese e in particolare a Edogawa Ranpo (1894-1965), uno dei suoi ideali maestri. Frequenta un liceo femminile di Tokyo dal 1967 al 1970, negli anni della guerra del Vietnam, della contestazione giovanile e dell’esplosione della controcultura, abbracciando i nuovi ideali del tempo e vivendo in prima persona la trasognata utopia di quella stagione per lei indimenticabile: pomeriggi con gli amici al parco di Inokashira, musica rock e jazz, feste, e anche il primo approccio concreto alla scrittura in qualità di reporter e redattrice del giornalino della scuola. Questa medesima atmosfera prosegue anche negli anni dell’università, fino al 1974, quando frequenta la facoltà di Giurisprudenza, scelta, parole sue, per “imparare la logica che regola il mondo”. Oltre ai capolavori della letteratura mondiale, legge le opere e si appassiona agli ideali di autori e autrici giapponesi iconoclasti e perlopiù legati alla sinistra, come Kurahashi Yumiko (1935-2005), Takahashi Kazumi (1931-1971) e Takahashi Takako (1932-2013). Dopo la laurea, angosciata di fronte all’ignoto rappresentato dal futuro e pur continuando a partecipare con assiduità alle manifestazioni studentesche, prova a svolgere con scarso successo vari lavori: tuttofare presso un noto cinema del centro di Tokyo, redattrice in una casa editrice farmaceutica e in seguito in una società di marketing. Nel 1976 si sposa e prova a fare la casalinga per circa un anno, ma si accorge che questo tipo di vita non fa per lei e prende forse la decisione più importante della sua vita: iscriversi a una scuola di sceneggiatura e dedicarsi alla scrittura creativa. Nel 1982, poco dopo la nascita della sua unica figlia, grazie ad alcuni preziosi contatti maturati negli ultimi anni, viene ingaggiata da una piccola casa editrice per scrivere romanzi per ragazzi, e ancora, nel 1986, le viene conferito l’incarico di scrivere romanzi rosa. Non è certo la sua massima aspirazione, ma almeno ha coronato il sogno di fare della scrittura la sua professione. Forte di questo primo traguardo, scrive racconti e partecipa a numerosi concorsi letterari indetti da famose riviste, giungendo talvolta fino alle selezioni finali. Finalmente, nel 1993, il suo primo vero romanzo, Pioggia sul viso, vince il premio Edogawa Ranpo e la proietta verso la notorietà. A questo periodo risale tra l’altro la sua decisione di utilizzare in via definitiva l’ambiguo pseudonimo (all’inizio molti pensano a uno scrittore uomo, anche perché in Giappone il genere hard boiled in cui si cimenta era fino a quel momento prettamente maschile) con cui è conosciuta, Kirino Natsuo, tratto dal nome delle protagoniste di due romanzi di scrittori da lei molto amati, Shiba Ryōtarō (1923-1996) e Ōba Minako (1930-2007). Per la protagonista di Pioggia sul viso e degli altri quattro romanzi che compongono la serie, la detective privata Miro, Kirino Natsuo racconta di essersi ispirata a una donna vista per caso in un minimarket a notte fonda, intenta a fare la spesa da sola, in cui ha intravisto evidentemente il prototipo della donna metropolitana single ed emancipata. Il successo inaspettato le fornisce l’entusiasmo e la consapevolezza di essere una narratrice prolifica e ispirata come poche, capace nel giro di pochi anni di scrivere romanzi di straordinario valore e successo come Le quattro casalinghe di Tokyo (1998), il già citato Morbide guance (vincitore del prestigioso premio Naoki), Grotesque (2003), Real Word (2003), L’isola dei naufraghi (2008), In(side) (2009), Qualcosa c’è (2010) e il recente Notte, di nuovo notte, profonda notte (2014), romanzo che Kirino, dopo un soggiorno a Napoli, ha deciso di ambientare nel capoluogo partenopeo. La chiave del suo successo, che fa di lei una delle scrittrici giapponesi più importanti a cavallo tra il XX e il XXI secolo, va individuata nella volontà mai sopita di sovvertire le regole precostituite e proporre al lettore nuove prospettive, eleggendo la figura femminile ad assoluta protagonista di questa piccola grande rivoluzione. Altresì fondamentale è senza dubbio la scelta di utilizzare l’hard boiled e il noir, generi letterari tradizionalmente maschili, associandoli al nuovo ruolo della donna emancipata nella società contemporanea. “Non mi ritengo una scrittrice femminista”, ama spesso dichiarare Kirino Natsuo. “Il mio obiettivo è riflettere e far riflettere sulle difficoltà delle donne nella società giapponese contemporanea”.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Kirino Natsuo (Hashioka Mariko)

Kirino Natsuo, Le quattro casalinghe di Tokyo (trad. Lydia Origlia), Neri Pozza, Vicenza 2003

Kirino Natsuo, Morbide guance (trad. Antonietta Pastore), Neri Pozza, Vicenza 2004

Kirino Natsuo, Grotesque (trad. Gianluca Coci), Neri Pozza, Vicenza 2008

Kirino Natsuo, Real Word (trad. Gianluca Coci), Neri Pozza, Vicenza 2009

Kirino Natsuo, L’isola dei naufraghi (trad. Gianluca Coci), Neri Pozza, Vicenza 2010

Kirino Natsuo, Una storia crudele (trad. Gianluca Coci), Neri Pozza, Vicenza 2011

Kirino Natsuo, Pioggia sul viso (trad. Gianluca Coci), Neri Pozza, Vicenza 2015

Kirino Natsuo, Una notte dimenticata dagli angeli (trad. Gianluca Coci), Neri Pozza, Vicenza 2015

Paola Scrolavezza, Silhouettes in black: l’ombra del giallo nella scrittura femminile del Giappone  contemporaneo, in Gianluca Coci (a cura di), Japan Pop: parole, immagini,

suoni dal Giappone contemporaneo, Aracne Editrice, Roma 2013, pp. 189-217

Il sito ufficiale

Referenze iconografiche: La copertina di Out, di Natsuo Kirino. Foto di gael, fonte Flickr. CC BY 2.0

Voce pubblicata nel: 2015

Ultimo aggiornamento: 2023