Quante volte sciogliei la voce al canto

che di pianger bramai le mie sventure,

e coi sospir miei rattenni il pianto,

sclamando le passate mie venture.

Ahi, quante volte il mio passato vanto

mi ramentai fra scene così dure,

e quante e quante volte in volto finsi

d’esser contenta e la mia pena vinsi.

Ridea la bocca e mi piangeva il core.

Parlava la lingua, il mio desir tacea.

Nel mio riso copriva il mio dolore,

e le miserie mie, saggia ascondea.

Margherita, femminista, cortigiana, commediografa e virtuosa che cantò nei palazzi della nobiltà romana e alle corti di Firenze, Torino e Parigi, è la più barocca delle poetesse italiane. Fece a gara con i marinisti per creare meraviglia con le sue opere letterarie. Era scrittrice prolifica, pubblicò sei volumi di versi, due opere in prosa, una commedia, due drammi, due poemi e un balletto a cavallo. Nelle sue poesie criticò spesso l’atteggiamento verso le donne del suo tempo e descrisse gli ostacoli e la vita difficile che le donne dovevano affrontare.

È la prima poetessa italiana a usare l’umorismo, l’ironia, la satira, e ad affrontare temi originali quali l’esilio personale e il tema politico dell’Italia devastata. Ma nessun critico letterario riconobbe il suo valore e la sua originalità fino al ventunesimo secolo.

Si sa poco della vita di Margherita che nacque a Roma nel primo Seicento e che si firmò sempre romana. Di famiglia povera, fu avviata alla carriera di cantante e trovò successo nell’ambiente musicale. L’opera lirica La catena d’Adone, di D. Mazzocchi fu composta per Margherita e doveva servire per una gara fra lei e la sua rivale, Cecca del Padule (protetta da G. Lupi). Ma la madre del principe G. G. Aldobrandini (protettore e forse amante di Margherita), si oppose a tale recita perché non voleva esporre il nome della famiglia papale allo scandalo della rivalità di due cantanti considerate immorali. L’opera fu recitata nel 1626 da due castrati nel palazzo di E. Conti.

Ci furono molte chiacchiere su Margherita, considerata cortigiana benché ricercata come virtuosa. Colpita dalle maldicenze, Margherita partì, nel 1628, per Firenze dove trovò protezione alla corte di Ferdinando II de’ Medici e dove rimase fino al 1644. Il suo primo libro, Istoria del viaggio d’Alemagna del serenissimo Gran Duca di Toscana Ferdinando II (1630 ca.), è basato sugli appunti di B. Guerrini che aveva partecipato a questo viaggio. Nel 1638 Margherita pubblicò La chitarra, una raccolta di poesie serie e umoristiche in varia rima che contengono temi del tutto nuovi, come il lamento di una donna incinta, tormentata da due sentimenti opposti: il nascente amor materno e il desiderio che il bambino muoia, per risparmiargli una vita da bastardo. Fra le poesie umoristiche spicca l’invito alle donne a vendicarsi degli uomini infedeli, ripagandoli con la stessa moneta. Sempre nel 1638 pubblicò un secondo volume di versi, Il violino, notevole per l’idillo erotico, Violamento di Lilla, scritto in polemica con Trastulli estivi di Marino che esalta la conquista violenta dell’uomo, mentre Margherita condanna la violenza carnale e la sua Lilla rifiuta la proposta di matrimonio del violatore per scegliersi un compagno di suo gusto. Un altro tema nuovo in questa raccolta è la disperazione di una madre per la sua bambina malata. Nel volume Lo stipo (1639) è notevole la poesia autobiografica indirizzata a P. Gaudenzi, e la satira Il Cortigiano ravveduto. Lettere amorose (1639), versione umoristica del genere letterario popolare sin dal Rinascimento, consiste di missive in prosa accompagnate da poesie.

Nel 1640 Margherita pubblicò tre libri: Flora feconda (poema mitologico-allegorico della nascita e morte del primo figlio di Ferdinando II e di Vittoria della Rovere), La Flora feconda (dramma basato sul poema), e La selva di Cipressi: opera lugubre (lamenti per la morte di uomini famosi, fra cui spicca il lamento dell’Italia per la devastazione del Piemonte a causa delle guerre fra Francia e Spagna combattute sul suolo italiano). La commedia Li buffoni (1641), dedicata a B. Ricci, detto il Tedeschino, è una parodia della corte medicea. Ricci, attore e buffone al servizio di Ferdinando II, era amante (o forse marito) di Margherita, che tornò a Roma nel 1644 come penitente sotto la protezione del cardinale F. Barberini, a cui dedicò il poema sacro Cecilia martire (1644). Nel 1646 cantò alla corte torinese e passò poi a Parigi per recitare, nel 1647, la parte di Giunone (sua sorella Francesca faceva la parte di Euridice) nell’opera L’Orfeo di L. Rossi.

Aiutata da Mazzarino, nel 1647 pubblicò a Parigi due volumi di versi, La selva di Diana (in cui sono da notare le dodici poesie encomiastiche che descrivono i vari gradi della vita muliebre, e le ottave autobiografiche dell’esilio personale), e La tromba di Parnaso (versi in lode dei membri della corte francese e dei musicisti italiani ivi presenti), e uno spettacolo barocco pomposo, Festa reale per balletto a cavallo.

Non si sa dove andò Margherita dopo le recite parigine, ma nel 1650 era a Venezia e passò in Germania, rimanendovi alcuni anni alla corte dei duchi di Braunschweig-Lüneburg. Di ritorno, a Venezia, pubblicò il dramma Gli amori della Luna (primo tentativo italiano di sceneggiare l’amore di Diana e Endimione).

Dev’essere poi tornata a Roma, perché nel 1657 scrisse una lettera a M. Chigi (comandante delle truppe pontificie e fratello di Alessandro VII), in cui si dichiara vedova con due figlie, bisognosa di aiuto. Questa è l’ultima notizia che si ha di Margherita.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Margherita Costa

Dante Bianchi, Una cortigiana rimatrice del Seicento: Margherita Costa, «Rassegna critica della letteratura italiana», 29 (1924) pp. 1-31, 187-203; e 30 (1925) pp. 158-211

Natalia Costa-Zalessow, Introduction, in Margherita Costa, Voice of a Virtuosa and Courtesan. Selected Poems, Bilingual Edition, a cura di Natalia Costa-Zalessow, translations by Joan E. Borrelli, New York, Bordighera Press, 2015

Teresa Megale, La commedia decifrata: metamorfosi e rispecchiamenti in Li Buffoni di  Margherita Costa, in «Il Castello di Elsinore» (Quadrimestrale di teatro), 2 (1988) pp. 64-76

Bernardino Ricci, Il Tedeschino overo Difesa dell'Arte del Cavalier del Piacere, con l'Epistolario e altri documenti, a c. di Teresa Megale (Storia dello Spettacolo, Collana diretta da Siro Ferrone, FONTI 2). Firenze: Casa Editrice Le Lettere, 1995

Referenze iconografiche: Ritratto di Margherita Costa in "Lettere amorose", 1638.

Voce pubblicata nel: 2016

Ultimo aggiornamento: 2023