Pensato il Museo del Cinema
È l’8 giugno del 1941, un appunto di sole cinque parole sul diario, una breve dichiarazione d’intenti che determinerà il corso della vita di Maria Adriana Prolo, nata a Romagnano Sesia il 20 maggio del 1908 e ultima di tre sorelle di un’agiata famiglia borghese di origini piemontesi. I genitori incoraggiano le inclinazioni culturali e le aspirazioni delle tre figlie: Tarsilla diventa pittrice, Itala studia pianoforte e Maria Adriana si dedica alla poesia e alle ricerche storiche, frequentando corsi di biblioteconomia, archivistica e paleografia.

Nel 1919 Maria Adriana si laurea a pieni voti all’Università di Torino e inizia a lavorare presso la Biblioteca Reale del capoluogo piemontese. Coltiva due “anime”: da un lato segue un percorso accademico con il ruolo di studiosa e ricercatrice specializzata nella Storia del Risorgimento, dall’altro lato porta avanti la passione per la storia del cinema, percorrendo una strada di rigorosa archivista e compulsiva collezionista.

Il 1938 è l’anno della svolta decisiva per i suoi studi e per la sua carriera: un’indagine sulla letteratura piemontese di fine ‘800- inizio ‘900 le permette di scoprire il fondamentale ruolo di Torino nella prima produzione cinematografica. Tale scoperta la spinge a scrivere l’articolo Torino cinematografico prima e durante la guerra (Appunti) per la rivista specializzata “Bianco e Nero”.

Nel corso di tre anni, abbandona la veste di storica del Risorgimento per diventare studiosa della storia del cinema, girovagando tra i mercatini dell’usato in cerca di materiale cinematografico utile per le sue ricerche. Gli antiquari torinesi iniziano a chiamarla “la signorina del cinematografo” perché ogni sabato mattina si presenta puntuale tra le bancarelle del Balon, il mercato delle pulci di Porta Palazzo a Torino, a caccia di vecchie pellicole, macchine da presa e memorabilia sul mondo del cinema.
Il suo approccio al collezionismo e alla storiografia cinematografica è sempre meticoloso e mai settoriale: oltre ai fascicoli della stampa specializzata, include quotidiani, riviste culturali, bollettini scientifici, giornali di fotografia e periodici militari.

Per la prima volta il mondo del cinema viene studiato, non solo come espressione artistica, ma anche come fenomeno industriale, tecnologico, economico e sociale attraverso l’interesse verso il suo impatto sui primi tentativi di censura, il censimento delle sale, l’uso didattico dei film fino al ruolo degli scrittori e degli intellettuali nel cinema.
Anche la storia della fotografia ottiene il suo dovuto spazio come precursore della storia cinematografica. La città di Torino ormai non è più solo la città “delle caramelle, delle automobili e delle pellicole”, ma culla del cinema e primo centro italiano di fotografia artistica.

Intorno al 1940 l’appoggio di Luigi Chiarini - allora direttore del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma - incoraggia Maria Adriana Prolo a continuare la sua ricerca sulla storia cinematografica italiana. Chiarini è il tramite ideale per i contatti con i protagonisti del cinema muto italiano, quali Giovanni Pastrone e Arrigo Frusta, utili nel reperire notizie preziose, materiali e cimeli sul mondo del cinema muto.
Nel 1951 la pubblicazione del volume Storia del cinema muto italiano è il frutto di questa approfondita ricerca.

Il progetto Museo del Cinema inizia a muovere i primi passi: nel 1953, infatti, su iniziativa della stessa Prolo, nasce l’ “Associazione culturale Museo del Cinema” e vede tra i fondatori i registi Giovanni Pastrone e Arrigo Frusta, insieme al critico cinematografico per “La Stampa” Mario Gromo, che in futuro sarà indispensabile nel processo per l’allestimento del Museo.
Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, la nascita del Museo vede un temporaneo rallentamento e, per salvare i cimeli dai bombardamenti, il comune di Torino le affida uno spazio per l’archivio nel seminterrato della Mole Antonelliana.
Il 27 settembre del 1958 la realizzazione del Museo inizia a prendere forma: Palazzo Chiablese, un’ala di Palazzo Reale di Torino, diventa la prima sede del Museo del Cinema con una piccola sala di proiezione per le retrospettive.

Insieme a Einar Lauritzen e Henri Langlois - “papà” della Cinémathèque Française di Parigi - è tra le prime al mondo a concepire l’idea di fondare un museo per il cinema attraverso il restauro di pellicole e dando loro un contesto. Riuscirà a creare una collezione disponibile per tutti e composta da:

    • 7 mila pellicole
    • 9 mila oggetti d’arte
    • 130 mila fotografie
    • 200 mila manifesti
Nel 1974 ottiene la Medaglia d’Oro per l’attività svolta a favore del cinema italiano dal Centro studi di cultura cinematografica di Roma. Nel 1988 viene nominata “Cavaliere dell’ordine delle Arti e delle Lettere” in Francia, primo italiano a ottenere questo riconoscimento. Sotto la sua direzione, il Museo organizza mostre, retrospettive e collaborazioni con le città di Milano, Venezia, Parigi, Monaco di Baviera, Bruxelles e Buenos Aires.
Nell’esporre e ideare la collezione, affianca il rigore della ricerca (“La serietà e il prestigio di un museo dipendono dal rigore della scelta delle opere esposte”), a un approccio moderno e creativo (“ Il lato spettacolare deve essere potenziato”).

Donna colta, appassionata e pratica, testarda e determinata nel perseguire i suoi obiettivi (“Quando una nasce con il pallino dei musei, non c’é niente da fare”), i nipoti la ricordano come una donna piena di vitalità, allegra e capace di improvvisare canzoni, filastrocche, spettacoli con le marionette.
Il suo fiero temperamento piemontese nasconde in realtà un’insospettabile natura romantica:

Romantica? Oh molto, non sembrerebbe ma lo sono stata e lo sono ancora
(dal documentario “Occhi che videro”)

Un romanticismo che trapela anche attraverso la sua passione per il pre-cinema:

Era divertente: divertente come le vetrine delle lanterne magiche, era un po’ una fiaba
(dal documentario “Occhi che videro”)

Muore il 20 febbraio 1991, a 82 anni. L’anno successivo nasce la Fondazione Maria Adriana Prolo – Museo Nazionale del Cinema. Non farà in tempo a rivedere il suo Museo tornare nella “casa” predestinata: la Mole Antonelliana. Il 20 luglio del 2000, infatti, il Museo tornerà definitivamente nella suggestiva e attuale sede all’interno della Mole, simbolo di Torino.



Voce pubblicata nel: 2023

Ultimo aggiornamento: 2024