“You got to play, that’s all… working with men… you automatically become strong… though that doesn’t mean you’re not feminine.” “Devi suonare, ecco tutto… lavorare con soli uomini… diventi immediatamente forte… questo non significa però che tu non sia femminile.”

Mary Lou Williams, nata Mary Elfrieda Scruggs, è una pianista jazz, compositrice e arrangiatrice nata ad Atlanta, Georgia, nel maggio 1910, seconda di otto figli. Passa la sua infanzia e adolescenza a Pittsburgh, in Pennsylvania, città in cui si trasferisce con la madre per sfuggire alla povertà del sud rurale. Ancora oggi la città è a lei “consacrata” e ovunque si parla di lei.

Tutto il suo lavoro, così come le sue composizioni, è ad oggi poco analizzato e studiato dai musicisti, ma questo non impedisce che l’artista abbia un ruolo fondamentale e insuperato nella storia del jazz, e che rappresenti in quel campo una delle figure femminili di maggiore influenza.

Fin dalla più tenera età è un prodigio musicale. Viene incoraggiata dalla madre che le insegna a suonare il pianoforte dall’età di tre anni e a sei è lei stessa a esortare i fratelli e le sorelle a dedicarsi alla musica. L’anno dopo Mary Lou si ritrova a esibirsi pubblicamente e dai dodici anni a tenere concerti “on the road”, mentre nella sua città viene soprannominata “The little piano girl of East Liberty”.

È all’età di quindici anni che Williams comincia ufficialmente la sua professione di musicista. La musica per lei è sia un rifugio che un veicolo per diffondere amore nelle comunità contraddistinte dalla paura a causa della segregazione razziale e anche in quelle che non vedevano di buon occhio lei e la sua famiglia, come i vicini di casa bianchi che, si racconta, lanciavano mattoni attraverso le loro finestre.

Nella ormai classica biografia di Mary, scritta nel ’99 da Linda Dahl, si leggono alcune parole della pianista al riguardo: <em>“Guardandomi indietro, noto che la mia musica fungeva da scudo, preservandomi dall’essere cosciente dei molti pregiudizi che potevano esserci. Ero completamente assorbita dalla mia musica. Poche altre cose importavano per me.”</em>. Queste “poche altre cose” erano per lei la famiglia e il senso della comunità, che si esprimevano nel cercare di offrire tutto il suo aiuto a parenti e musicisti-colleghi in difficoltà. Nel lavoro di Deanna Witkowski Music for the soul si legge che l’ostetrica che l’ha fatta nascere ha riferito alla madre Virginia Riser che la figlia era nata con un “velo” (una piccola membrana di placenta) sopra i suoi occhi. Nella cultura afro-americana si tramanda che i bambini nati con questo velo godono dell’abilità di “vedere” cose che gli altri non riescono a scorgere. Le sue frequenti visioni dunque, aggiunte al suo precoce talento musicale hanno contribuito alla connotazione di Mary come “diversa” e a farla crescere forte e consapevole. Siccome la madre aveva preso lezioni di pianoforte da un’insegnante professionista e aveva per questo perso l’abilità di improvvisare, a Mary viene intimato di non commettere lo stesso errore, tanto che Mary negli anni a venire radica nella sua filosofia il pensiero che il jazz non può essere imparato formalmente. Dopo gli insegnamenti della madre, infatti, non avrà alcun altro o altra insegnante.

Il vero padre della pianista è Joseph Scruggs, che MAry non conoscerà mai. Passerà invece molto tempo con il patrigno Fletcher Burley, che, appassionato di blues e boogie-woogie, incoraggerà Mary a suonare e a comporre, acquistandole un pianoforte. È in questo periodo che impara pezzi classici così come assoli del pianista ragtime Jelly Roll Morton e dell’inventore dello stride piano, James P. Johnson.

Anche a scuola attira l’attenzione degli insegnanti, che le permettono di suonare marce, boogie-woogie e improvvisare su pezzi popolari.

Un altro supporto giunge da Hugh Floyd (nella cui casa si trasferisce dopo il matrimonio di Hugh con la sorella), sassofonista amatoriale che spesso accompagna la giovane nell’Hill District, il centro culturale e musicale afroamericano di Pittsburgh, in cui la musicista ascolta performers di vaudeville e musicisti locali come Earl “Fatha” Hines. Un musicista che avrà una grande influenza su di lei è Jack Howard, che le spiega come utilizzare la sua mano sinistra al piano in modo più accentuato rispetto alla mano destra, perché come lei stessa dichiara è “lì che risiedono il beat e il feeling. [La mano sinistra] deve essere come una batteria che tiene un ritmo costante”. I pianisti che ascolta e che vede intorno a sé sono quasi tutti uomini, ma una pianista di Chicago diventerà una delle maggiori ispirazioni di Mary, Lovie Austin, artista che si esibiva regolarmente in un teatro della Frankstown Avenue.

Nel 1924 Williams si iscrive alla Westinghouse High School, scuola superiore che vede passare tra le sue mura numerosi altri musicisti jazz come Earl Hines, Billy Strayhorn, Erroll Garner…, ma abbandona presto gli studi per partecipare a uno show itinerante di vaudeville dal nome “Hits and Bits”. Tornata in città comincia a esibirsi in piano solo e con band locali in vari clubs presenti nell’East Liberty o nell’Hill District, per spesso concludere le jam a Subway, un club della Wylie Avenue.

Nel 1925 a Chicago conosce con grande gioia il suo idolo Lovie Austin e il trombettista e cantante Louis Armstrong.

A Cincinnati un certo John Williams, sassofonista tenore, si aggiunge al gruppo in cui suonava Mary Lou e, dopo averla sentita improvvisare, comincia a corteggiarla. Dopo un iniziale rifiuto, ella cede alle avances di John, anche convinta che la madre non le avrebbe permesso di continuare a suonare e a viaggiare se non avesse avuto una protezione maschile.

In future interviste Mary e John affermano di non essere stati molto innamorati. Comunque, sotto la direzione del sassofonista il gruppo di Mary diventa un sestetto, prende il nome di Syncopators, e decolla a New York nel 1926.

Nel novembre del 1926 John e Mary formalizzano il loro matrimonio, nonostante le difficoltà economiche. Nel 1928, mentre la coppia si trova a Memphis, Mary accetta il lavoro di autista di un carro funebre, pur di guadagnare qualche soldo. Intanto il marito si unisce a una band che cercava notorietà nel Midwest, il Clouds of Joy, il cui leader era Andy Kirk e, raggiunta Pittsburgh, in cui Mary era tornata per la morte del patrigno, le domanda di seguire il suo nuovo gruppo a “Kaycee” (così Kansas City (Missouri) era chiamata ai tempi). Per Mary questa nuova città diventa una “città paradisiaca”, con “musica dappertutto nei quartieri neri” anche se mista ad alcol, gioco d’azzardo e prostituzione. La pianista diviene così parte della scena jazzistica di Kansas City, profondamente influenzata dal blues, così come dal virtuosismo e dalla libertà dei musicisti improvvisatori. In quel periodo ella matura nuove idee compositive grazie all’ascolto delle grandi big bands dell’East Coast come quella di Fletcher Henderson e quella di Andy Kirk nel settembre del 1929. Con quest’ultimo comincia ad avere frequenti contatti e il bandleader e sassofonista le insegna come arrangiare brani per la band, cosa che la pianista comincia a fare periodicamente. Alcuni pezzi da lei composti sono Walkin' and Swingin', Little Joe from Chicago e Mary's Idea. Nonostante Williams non facesse parte della band di Kirk, che aveva già un pianista stabile, la giovane appena diciassettenne era stimata dal leader, dai musicisti e dai dirigenti di una casa discografica di Chicago (la Brunswick and Vocalion) che stavano cercando una band e, quando il pianista dei Clouds of Joy non si presenta alle giornate di registrazione per ben due volte, Kirk prima e il manager dello studio dopo, invitano Mary al piano.

Durante il suo viaggio verso la città dell’Illinois, la pianista viene molestata dall’autista del treno. Nonostante questa non fosse l’unica sua esperienza di abuso sessuale e fosse scossa dopo il terribile evento, corre immediatamente allo studio per registrare. Prima di suonare con la band, vengono registrate due sue improvvisazioni in solo: Night life e Drag’em. Mentre Mary prende ufficialmente posto nel gruppo, lavora come arrangiatrice freelance per figure come Earl Hines, Benny Goodman e Tommy Dorsey.

Nel 1937 produce In the Groove per la Brunswick e in quel periodo il capo orchestra Benny Goodman le chiede di scrivere un blues per la sua band. Il risultato è Roll 'Em, un boogie-woogie basato sulla progressione del blues. Goodman le proporrà di metterla sotto contratto per scrivere per lui ma l’artista rifiuterà.

Nel 1942 Williams divorzia dal marito e lascia il suo gruppo, tornando a Pittsburgh. Viene seguita dal collega trombettista Harold “Shorty” Baker, con cui forma un ensemble in cui compariva anche Art Blakey alla batteria. Dopo un ingaggio a Cleveland, Williams e la band si recano a New York City, poi a Baltimora, dove lei e Baker si sposano. Poco tempo dopo lascia Baker e il gruppo e torna a New York.

Nella “Grande Mela” accetta un impiego nel nightclub Café Society Downtown, nel Greenwich Village, e una volta annessa completamente al gruppo di musicisti stabili del locale, si ritrova insieme a cantanti come Billie Holiday e pianisti come Teddy Wilson ed Hazel Scott. Quest’ultima è un’altra pianista donna, spesso messa in rivalità con Mary Lou dai giornali, ma che invero diventerà una sua grande compagna spirituale e amica. In una recensione del debutto Newyorkese di Mary, nel «Time», si legge che il suo modo di suonare si sarebbe aspettato da “musicisti neri uomini, vigorosi e forti” come un James P. Johnson. Seduta al piano c'era invece una donna che “non vendeva un volto carino, un decolté scoperto o pezzi di Bach o Chopin resi swing. Lei suonava il blues, stomps e boogie-woogie.”.

La pianista dà poi inizio a uno show settimanale per la radio, chiamato Mary Lou Williams's Piano Workshop. Il periodo newyorkese la vede impegnata inoltre nella collaborazione con i pionieri del nascente bebop: Dizzy Gillespie, Charlie “Bird” Parker e Thelonious Monk. Nel 1945 compone quella che oggi viene considerata una delle sue opere più celebri, con sfumature derivate dalla musica classica: Zodiac Suite, formata da dodici parti, ognuna delle quali corrisponde a un segno dello zodiaco. L’artista ne dedica il significato ad alcuni suoi colleghi jazzisti, tra cui Billie Holiday e Art Tatum.

Delle avventure vissute a New York ella ricorda in una rivista musicale inglese (la «Melody maker»): “Durante questo periodo Monk e i ragazzi venivano nel mio appartamento ogni mattina intorno alle quattro oppure passavano a prendermi al Café dopo il mio ultimo show. Successivamente continuavamo a suonare e a scambiarci idee fino a mezzogiorno […].”.

Durante una pausa dalle scene, mentre esplora New York, a fine anni ’40, la Williams cede al fascino del gioco d’azzardo e ha inizio una duratura dipendenza dal gioco. Per distaccarsene comincia a dedicarsi alla solidarietà e all’aiuto di amici e musicisti in difficoltà, tra cui quelli affetti da tossicodipendenza: li accoglie in casa sua, li cura, dona loro il cibo. Credendo fermamente nel potere della musica, suona per loro e offre concerti gratuiti in aree pubbliche.

Nel 1952 Williams si reca in Europa, rimanendovi per due anni. È in questo periodo che Mary sperimenta una profonda stanchezza mentale e fisica, tale da farle decidere di prendersi una pausa dalla estenuante vita da jazzista.

Tornata negli Stati Uniti, due anni dopo, si converte al cattolicesimo. Dedica le sue energie alla Bel Canto Foundation, uno sforzo che ha iniziato utilizzando i suoi risparmi per trasformare il suo appartamento a Hamilton Heights in una casa di riabilitazione per i poveri e i musicisti che erano alle prese con la dipendenza. La sua pausa dalle scene potrebbe anche essere stata indotta dalla morte del suo amico e studente Charlie Parker nel 1955: il gigante del sassofono che ha lottato con la dipendenza per la maggior parte della sua vita.

Padre John Crowley e padre Anthony hanno poi cercato di convincere Williams a tornare a suonare; così ha fatto anche Dizzy Gillespie, spingendola a esibirsi con la sua band al Newport Jazz Festival del 1957.

Negli anni ’60 Padre Peter O'Brien, un sacerdote cattolico, diviene suo amico e manager. Dizzy la presenta anche al vescovo di Pittsburgh, John Wright. O'Brien l’aiuta a trovare nuovi locali per le esibizioni jazz, in un periodo in cui non più di due club a Manhattan offrivano jazz a tempo pieno. Oltre al lavoro nei club, Williams suona nei college, forma una propria etichetta discografica e casa editrice, e fonda il Pittsburgh Jazz Festival (con l'aiuto del vescovo).

Il vescovo Wright le permette di insegnare alla Seton High School, a nord della città. È lì che Mary scrive la sua prima Messa, chiamata The Pittsburgh Mass. Williams è la prima compositrice jazz chiamata dalla Chiesa per comporre musica liturgica in un linguaggio jazzistico.

Sono questi gli anni che vedono il suo ritorno ufficiale alla composizione, concentrandosi in particolare sulla musica sacra, gli inni e le messe, sempre in chiave jazzistica. Importante è citare la Messa Black Christ of the Andes, oppure Mass for Peace, commissionata dal Vaticano e registrata nel 1968, successivamente ripresa come Mary Lou’s Mass nel 1971.

Nel corso degli anni Settanta la sua carriera rifiorisce e l’artista incide numerosi album anche in piano solo. Dopo aver suonato al Monterey Jazz Festival nel 1965, vi ritorna nel 1971 e successivamente si esibisce al The Cookery, un nuovo club del Greenwhich Village.

Il 1977 la vede protagonista con il pianista d'avanguardia Cecil Taylor alla Carnegie Hall, in un concerto pubblicato poi su un album dal vivo intitolato Embraced.

Dal 1977 al 1981 Mary è artista residente alla Duke University, dove insegna storia del jazz con Padre O'Brien e dirige il Duke Jazz Ensemble.

Solo Recital (Montreux Jazz Festival, 1978) è la sua ultima registrazione, creata tre anni prima della sua morte: è un medley contenente spirituals, brani di ragtime, blues e pezzi swing.

Nel 1980 fonda la Mary Lou Williams Foundation, in cui riporta tutti gli sforzi intrapresi negli anni della Bel Canto e vi continua le sue opere caritatevoli e la diffusione di ciò che era per lei una costante filosofia di vita: la cultura jazzistica.

L’anno successivo Mary Lou Williams muore di cancro alla vescica a Durham, nella Carolina del Nord, all’età di 71 anni. Dizzy Gillespie, Benny Goodman e Andy Kirk partecipano alla sua cerimonia funebre nella Chiesa di St. Ignatius Loyola.

I’m fighting for the freedom of jazz and for the freedom people hear in it.” (Lotto per la libertà del jazz e per la libertà che le persone avvertono in esso).
Mary Lou Williams (Harold V. Cohen, At random, Pittsburgh Post-Gazette, 5 giugno 1964).


Fonti, risorse bibliografiche, siti su Mary Lou Williams


Deanna Kitkowski, Mary Lou Williams, Music for the soul, Liturgical Press, Collegeville, Minnesota, 2021

Fabu Phillis Carter, Remember me, Mary Lou Williams in poetry, Fabu Phillis Carter, 2019

Linda Dahl, Morning glory, A biography of Mary Lou Williams, University of California Press, 1999

Tammy L. Kernodle, Soul on soul, The life and music of Mary Lou Williams, University of Illinois Press, 2004

www.discogs.com (ultima consultazione 4 agosto 2023)

www.marylouwilliams.foundation (ultima consultazione 3 agosto 2023)

www.newyorker.com (ultima consultazione 3 agosto 2023)

www.jazztimes.com (ultima consultazione 3 agosto 2023)

https://www.youtube.com/results?search_query=mary+lou+williams (ultima consultazione 4 agosto 2023)


Voce pubblicata nel: 2023

Ultimo aggiornamento: 2023