Vittoria, marchesa di Pescara, era figlia di Fabrizio principe di Paliano e di Agnese di Montefeltro, figlia del duca di Urbino, Federico. Aveva appena tre anni quando fu promessa in matrimonio a Ferrante d’Avalos che aveva ereditato dal padre il titolo di marchese di Pescara. Il maritaggio aveva lo scopo di legare più strettamente Fabrizio, condottiero rinomato, alla dinastia aragonese che regnava a Napoli. I patti matrimoniali furono sottoscritti nel 1507, per Ferrante era presente la zia Costanza. Le nozze furono celebrate con fasto a Ischia, il 27 dicembre 1509. Vittoria era nuovamente nell’isola nel 1512, quando a Ravenna fu sconfitto e preso prigioniero il marito insieme al padre Fabrizio Colonna. In questa triste circostanza la poetessa indirizza a Ferrante una poesia in forma di epistola: con versi sobri e misurati lamenta la solitudine e le apprensioni a cui la condannano le imprese e le continue dolorose separazioni dallo sposo. La epistola, che inizia con le parole Excelso mio signore, questa ti scrivo …, mostra il fascino di una creazione nata spontaneamente dall’anima anche se fu diretta non solo a Ferrante ma a un pubblico più ampio: infatti venne letta, citata e ammirata dai contemporanei e dai posteri.

Vittoria sarà ancora nell’isola nel 1517 per le nozze di Costanza d’Avalos, nipote della duchessa, con Alfonso Piccolomini. Nello stesso anno assiste, in Napoli, alle nozze di Bona Sforza, figlia di Isabella d’Aragona Sforza, con il re Sigismondo di Baviera. La marchesa di Pescara, splendidamente abbigliata e montata su un cavallo altrettanto sfolgorante, era una delle dame che facevano corona alla sposa.

Durante la battaglia di Pavia del 1525, Ferrante fu gravemente ferito e morì poco dopo. Profondamente colpita dalla perdita del consorte, Vittoria decise di onorarne la memoria con la poesia nella quale si fa sempre più evidente il misticismo; le sue poesie segnano la fondazione del ‘petrarchismo sacro’, un genere letterario che riscuoterà molto successo. Dopo la morte del marito, infatti, si erano accentuati gli interessi spirituali e religiosi di Vittoria che aveva annodato relazioni con persone le cui idee avrebbero influenzato il resto della sua vita.

Negli anni Trenta a Roma Vittoria incontrò Michelangelo Buonarroti con il quale strinse una forte amicizia che durò tutta la vita. Fu in relazione anche con Pietro Bembo, Baldassarre Castiglione, con il vescovo Giberti, colto letterato umanista e diplomatico e poi solerte vescovo di Verona dedito alla riforma dei costumi e alla diffusione di un più intimo e sentito senso religioso. Si deve ricordare che il segretario di Vittoria, Giuseppe Jova, era stato segretario di Giberti e in seguito aderì alla Riforma; condannato a morte si mise in salvo allontanandosi dall’Italia.

La forte spiritualità di Vittoria si manifesta anche nelle lettere. Il carteggio di Vittoria Colonna è vasto, importante e conosciuto; le sue lettere erano dirette non solo ai famigliari ma anche all’imperatore e al papa. La poetessa fu in rapporto epistolare con Giulia Gonzaga alla quale scrive ringraziandola per aver inviato a Viterbo una copia del commentario di Valdes alle epistole paoline. A Viterbo, dove dimorò per circa tre anni, la principessa romana alloggiò nel convento di Santa Caterina e fu in contatto con il circolo valdesiano del cardinale legato Reginald Pole frequentato anche da Pietro Carnesecchi, dal cardinale Gasparo Contarini e da Marcantonio Flaminio. Era un ambiente in cui predominavano le idee spirituali e religiose che si erano diffuse in altre regioni e avevano dato vita a una sorta di Repubblica delle Lettere di stampo religioso.

Nel 1544 lasciò Viterbo per Roma, dove prese alloggio presso le monache benedettine di Sant’Anna. Negli ultimi anni di vita riprese con più intensità il rapporto con il Buonarroti con il quale si intratteneva in lunghe conversazioni, come testimonia il pittore Francisco de Hollanda, vissuto a Roma dal ’39 al ’48 con l’incarico di far relazione a Carlo V sugli avvenimenti romani. Nel ’46 Vittoria scrive a Michelangelo «cognoscerete che de’ miei quasi già morti scritti ringrazio solamente il Signore…». Morì il 25 febbraio 1547.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Vittoria Colonna - marchesa di Pescara

Vittoria Colonna, Carteggio, (a cura di E. Ferrero e G. Müller), Torino, Loescher 1892

P. Giovio, La vita del marchese di Pescara, in Vite di XIX huomini .ill., (traduzione L. Domenichi), Venezia, G. de’ Ferrariis 1559

P. E. Visconti, Le rime di Vittoria Colonna pubblicate con la vita della medesima, Roma, Tip. Salvucci 1840

A. Reumont, Vittoria Colonna, (traduzione G. Muller, E. Ferrero), Torino, Loescher 1892

S. Bianchi (a cura di) Poetesse italiane del Cinquecento, Milano, Mondadori 2003

B. Croce, in Poesia popolare e poesia d’arte. Studi sulla poesia italiana dal Tre al

Quattrocento, Bari, Laterza 1957

S. Therault, Un Cènacle umaniste de la Renaissance autour de Vittoria Colonna chatelaine d’Ischia, Firenze, Ed. Sansoni Antiquariato 1968

Referenze iconografiche: Ritratto di Vittoria Colonna, di

Cristofano dell'Altissimo. Fonte: Atlante dell'Arte Italiana. Immagine in pubblico dominio.

Voce pubblicata nel: 2012

Ultimo aggiornamento: 2023