"Ancora, artigiane-artiste da studiare e da conoscere […] come la storia di Neera Gatti che ha bottega a Venezia".

Partiamo da questa ispirazione di Anty Pansera, grande studiosa del contributo femminile nell’ambito del design e dell’artigianato italiano, per ricostruire un profilo biografico e aprire lo studio sulla figura di Neera Gatti, in gran parte da esplorare per il suo ruolo di artista-artigiana-maestra e piccola imprenditrice del secondo dopoguerra italiano.

Dagli anni della sua formazione giovanile, le sue influenze e frequentazioni artistiche saranno determinanti per porre le basi che la faranno diventare una pittrice prima e una ceramista poi.

Nata nel Trieste nel 1906, Gatti muore a Venezia il 6 giugno 1973, dove trascorre gran parte della sua vita. Cresce tra Trieste e Lussino in un ambiente familiare di navigatori e artisti. La madre Anna era una grande amante dell’arte e dipingeva; grazie al padre Neera incontrerà il pittore triestino Guido Grimani che, insieme all’architetto Max Fabiani, incederà sulla sua scelta di trasferirsi a Venezia nel 1930 per frequentare l’Accademia di Belle Arti, sotto la guida di Emanuele Brugnoli e Virgilio Guidi.

L’incontro con la compagna di studio e amica, la pittrice Maria di Montegracco le permetterà di poter condividere il loro primo studio a San Vio nel 1937 e le prime partecipazioni esposizioni.

Il primo contatto con la ceramica avviene verso il 1943 quando inizia a frequentare i ceramisti della Scuola dei Carmini e dove decide d’iscriversi e si diploma nel luglio del 1944, con una tesi intitolata “Le ceramiche graffite scoperte nella laguna veneziana sec. XIV-XV” discussa con il prof. Giulio Lorenzetti. Nello stesso periodo frequenta il corso dell’Istituto d’Arte per la ceramica di Faenza tenuto da Domenico Rambelli e Anselmo Bucci.

Dopo numerosi spostamenti, la sua intraprendenza e ambiziosa visione la porta ad aprire nel 1948 una sua manifattura a Venezia, la “Gatti Neera ceramiche”, con annessa la “Bottega Scuola d’arte Ceramica dei Frari”. Questa scuola-bottega (e al contempo impresa) nasce in una delle più felici stagioni per l’artigianato italiano, dove la sperimentazione tecnica e la semplificazione formale porta molti artigiani a piccole produzioni semi-seriali. Ciò che caratterizza la produzione degli oggetti di Gatti - realizzati insieme alle sue allieve - è la testimonianza di una vita di impresa volta all’emancipazione femminile attraverso una formazione specifica e un lavoro che assolvesse ad una funzione socio-culturale nel contesto veneto.

Sostenuta dall’Istituto Veneto per il Lavoro, la scuola permetteva alla allieve di svolgere un apprendistato biennale da artigiano, nel quale s’insegnava anche disegno e storia dell’arte.

L’insegna e l’ingresso della bottega-scuola "elaborate con una preziosa tecnica di smalti ed una controllata sapienza delle cotture, quasi per iniziare il visitatore alle segrete alchimie ceramistiche" sono rimasti nel tessuto urbano veneziano come segno vivo dell’eredità culturale ed imprenditoriale di Neera Gatti, nella calle Passion, in Corte Badoer, a due passi dalla Basilica della Madonna Gloriosa dei Frari.

Decisiva fu la sua scelta pedagogica di incidere nell’ambito dell’artigianato artistico, formando allieve in grado di tradurre in ceramiche la sua forma mentis artistica e farla dialogare con diverse tipologie di oggetti e l’architettura degli interni.

Neera Gatti declina l’arte della ceramica dagli oggetti d’arredamento e d’uso decorativo al gioiello come ben documentano le numerose partecipazioni alle esposizioni nazionali (Venezia, Milano, Firenze, Faenza) ed internazionali (San Francisco, il Cairo, New York, Londra Parigi Oslo, Stoccolma, Toronto, Ginevra e Bruxelles… solo per citarne alcune). A partire dal 1948, la sua prima esposizione personale fu alla Bevilacqua La Masa, promossa dall’Istituto Veneto per il Lavoro (20 dicembre 1947 - 5 gennaio 1948, presentando oggetti sacri, piatti, ciotole, vasi) e a numerose edizioni al Padiglione di Arti Decorative alla Biennale di Venezia.

Nel secondo dopoguerra Gatti è spesso presente nell’intensa attività dell’Ente Nazionale Artigianato e Piccole Industrie (ENAPI), del Centro Nazionale dell’Artigianato, dell’Istituto Veneto per il Lavoro a Venezia e delle Unioni Provinciali che si prodigano nella valorizzazione dell’artigianato artistico italiano con mostre, pubblicazioni, riviste e convegni.

Tra queste anche la storica mostra itinerante americana Italy at work: her renaissance in design today (1951-53) nella quale Gatti è presente tra i designer e i produttori nella sezione Ceramics, insieme a Afro, Antonia Campi, Annamaria Cesarini Cascella, Irene Kowaliska, Fausto Melotti e Gio Ponti.

La ricerca di Neera Gatti spazia dalla linearità formale sulle quali applica intense colature di smalti e macchie policrome d’ispirazione informale. Studia e sperimenti, insegna e gestisce, crea e progetta, conservando sempre al cuore del suo fare un acceso amore per la ceramica.

Al contempo, la ceramica è un perfetto rivestimento parietale per numerosi progetti d’interni, porte d’ingresso, caminetti, porta-ombrelli, separé, e per questo si documentano solo alcune delle numerose collaborazioni con architetti: da Max Fabiani a Angelo Scattolin, da Gustavo Pulitzer-Finali a Giorgio Wenter Marini.

Neera Gatti ama misurarsi con i progetti d’interni a partire dalla propria abitazione a San Trovaso – restaurata da Max Fabiani – per la quale realizza il pavimento dell’angolo da pranzo e la scala.

Collabora con Angelo Scattolin al progetto veneziano degli interni per la Birreria Pedavena a Rialto (1950); per Gustavo Pulitzer-Finali realizza l’ingresso dell’Hotel Savoy a Cortina (1957) solo per citarne alcuni.

Non mancano nei suoi rivestimenti citazioni e riferimenti alla fauna e alla flora marina, che affiorano come fossili dalle pareti quando inserisce nella composizione delle mattonelle dei piccoli pesci stilizzati, conchiglie, alghe. Omaggio alla laguna veneziana, ma anche al mare Adriatico che unisce le sue origini triestine a Venezia.

È nell’archivio di Giorgio Wenter Martini che si sono rintracciati pochi ma utili documenti, sulla loro relazione artistica ed elezione intellettuale. Significativi sono alcuni dattiloscritti, con ampie correzioni e cancellazioni, manoscritti di articoli revisionati dei quali non è chiaro chi sia l’autore. Come nel caso del dattiloscritto Elogio dell'arte applicata femminile, che sembra essere la bozza dell’articolo “La donna nell’arte ceramica”, pubblicato sulla rivista Ceramica nel 1953, firmato da Therwen, chiaro anagramma di Wenter. L’articolo inizia con una forte ispirante vocazione all’emancipazione artistica femminile

"Ho sempre pensato che in ogni donna c’è l’embrione di un’artista, che soltanto le circostanze favorevoli possono evolvere, sviluppare ed esprimere. Pertanto molte donne – se non proprio tutte – potrebbero essere convenientemente avviate alla produzione individuale e personalissima di cose d’arte, anziché tenute solo ai margini, quali semplici collaboratrici, di tale campo fertile e preziosissimo".

Con l’affermarsi dell’industrial design, negli anni Sessanta inizia la stagione di difesa dell’artigianato italiano che veniva via via marginalizzato dal dibattito culturale. In questo scenario, il 30 dicembre 1960, la scuola-bottega di Neera Gatti riceve un diploma di benemerenza e l’invito a chiudere.

Determinata, in solitaria, nonostante le numerose controversie, Gatti continuò la sua ricerca e produzione fino agli ultimi anni, rinnovando l’antica arte della ceramica e lasciando un’impronta delicata e indelebile nell’ambiente culturale veneziano.

Voce pubblicata nel: 2021

Ultimo aggiornamento: 2023