Alberada nacque in un anno imprecisato, probabilmente nei primi anni ’30 dell’XI secolo, in una famiglia normanna che si era stabilita nell’Italia meridionale ed era collegata all’abitato di Buonalbergo (Bonus Alipergus) nella zona di Benevento. 

Secondo le fonti fu suo nipote, Girardo di Buonalbergo, a proporre a Roberto il Guiscardo il matrimonio con Alberada, che gli avrebbe fruttato duecento cavalieri di cui potersi avvalere per la sua spedizione in Calabria. Quest’alleanza matrimoniale dovette sembrare molto utile al Guiscardo, il quale al tempo si guadagnava da vivere anche compiendo sequestri di persona a scopo di lucro 1.

 

Non è certo quando il matrimonio sia avvenuto; cronologicamente, è possibile ipotizzare un periodo collocabile nei primi anni ’50 dell’XI secolo. La coppia ebbe un figlio maschio, Marco, che venne poi soprannominato Boemondo, come testimoniano Goffredo Malaterra e Orderico Vitale; è possibile che il nome Marco, di uso rarissimo nell’XI secolo, derivi da uno dei primi possedimenti calabresi del Guiscardo, San Marco Argentano.

Alberada avrebbe avuto con Roberto anche una figlia; le fonti dell’XI e del XII secolo non sono chiare in proposito. Questa figlia, forse di nome Emma, avrebbe poi sposato Odo Buon Marchese e sarebbe stata la madre di Tancredi, che accompagnò lo zio Boemondo nella prima crociata e si guadagnò il titolo di signore di Galilea. Diversi cronachisti, tra i quali Alberto di Aquisgrana, Orderico Vitale e Roberto di Reims, parlano di Tancredi come “figlio della sorella di Boemondo”; Guiberto di Nogent, più prudente, dando questa informazione aggiunge “se non mi sbaglio”.

 

Intorno al 1058 o 1059, attratto dalla possibilità di imparentarsi con i principi di Salerno tramite il matrimonio con Sichelgaita, sorella di Gisulfo II, Roberto si separò da Alberada, adducendo come motivazione un grado di consanguineità piuttosto stretto che rendeva possibile annullare il vincolo matrimoniale. Le fonti riportano che tuttavia Roberto si mostrò molto generoso con l’ex moglie.

Non abbiamo notizie certe sul conto di Alberada negli anni seguenti. Un documento risalente al luglio 1122, conservato presso la badia di Cava, contiene una serie di donazioni fatte da una Albereda, signora di Colubraro e Policoro, ad alcune chiese e monasteri, “per la salvezza dell’anima dei miei congiunti defunti, [del]la buonanima di Roberto il Guiscardo, comandante invitto, di Boemondo mio signore, nonché di Ruggero di Pomareda, il mio carissimo defunto marito, del mio signore Ugo di Chiaromonte, per la remissione dei miei peccati e di quelli del mio signore Alessandro di Chiaromonte e di suo fratello, Riccardo”. 

Se questa Albereda corrisponde ad Alberada di Buonalbergo, la donna si sarebbe risposata e sarebbe vissuta fin dopo il 1122, raggiungendo quindi un’età molto avanzata; tuttavia nel documento non si rivela in modo chiaro l’eventuale parentela tra la donna, Roberto il Guiscardo e Boemondo, che pure vengono citati. 

 

Il monumento funebre di Alberada è conservato presso la chiesa della SS. Trinità di Venosa, una delle primissime fondazioni di Roberto il Guiscardo, destinata ad accogliere le spoglie dei primi Altavilla italiani. Presso la chiesa della SS. Trinità furono sepolti, oltre a Roberto, i suoi fratelli Guglielmo “braccio di ferro”, Ugo e Umfredo. Tuttavia, mentre le ossa dei fratelli Altavilla furono spostate e tumulate insieme in un’unica arca, il presunto sepolcro di Alberada appare ancora in ottimo stato di conservazione; esso è sormontato da un elegante baldacchino in marmo con colonne e timpano. L’architrave di quest’ultimo riporta l’epigrafe funeraria della donna: Gviscardi conivx Aberada hac conditvr arca / si genitvm qværes hvnc Canvsinvs habetAberada, coniuge del Guiscardo, è sepolta in quest’arca; se cercherai suo figlio, lo tiene il Canosino”. Il riferimento a Boemondo, il cui mausoleo funebre si trova presso la cattedrale di San Sabino a Canosa di Puglia, farebbe pensare che l’epitaffio sia stato composto dopo la sua morte (1111); pertanto, Alberada sarebbe sopravvissuta al figlio. Tuttavia, l’iscrizione appare piuttosto recente, con caratteristiche epigrafiche probabilmente collegate alla ripresa quattrocentesca della capitale di tipo classico. Sulla base di questa ipotesi, la tarda età del testo ne annullerebbe l’autorevolezza come indicazione cronologica.

 

Alberada è un antico nome composto di origine germanica, costituito dagli elementi lessicali *alβa- “creatura soprannaturale” e *rēðaz “consiglio”.

Note


1 Leone Marsicano, Chronica monasterii Casinensis; Ystoire de li Normant

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Alberada di Buonalbergo

Pietro Dalena, “Guiscardi coniux Alberada”: donne e potere nel clan del Guiscardo, in Roberto il Guiscardo tra Europa, Oriente e Mezzogiorno. Atti del Convegno internazionale di studio (Potenza-Melfi-Venosa, 19-23 ottobre 1985), a cura di Cosimo Damiano Fonseca, Galatina, Congedo Editore, 1990, pp. 157-180: 162-168 e 178-180.

Valeria Di Clemente, Alberada e la voce degli altri: un riesame, in Identità femminili. Appartenenze etnico-religiose ed espressioni di potere, a cura di Maria Carreras i Goicoechea, Sabina Fontana e Souadou Lagdaf, Lugano, Agorà, 2020, pp. 163-177.

Raoul Manselli, “Alberada”, in Dizionario biografico degli italiani, vol. I, diretto da Alberto Maria Ghisalberti, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1960, p. 614; online all’URL  (ultima consultazione 30.4.2021).

Antonella Undiemi, Per un corpus delle epigrafi di età normanna (secoli X-XIII), tesi di dottorato, Università degli studi di Padova, 2014.

Referenze iconografiche: Monumento funebre di Alberada, Abbazia della Trinità, Venosa. Foto di Giulia Manes.  Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International license.

Voce pubblicata nel: 2021

Ultimo aggiornamento: 2023