Catalina de Erauso y Perez de Galarraga, che viene ricordata come "la monaca alfiere", nasce nel 1592 a Donostia (San Sebastian), Paesi Baschi, da famiglia agiata. È lei stessa a raccontarcelo nella sua autobiografia, dove tuttavia pone la sua data di nascita nel 1585. È una storia che ha dell’incredibile ma confermata da fonti indipendenti, nella quale, si capirà presto il perché, parla di sé al maschile.

A quattro anni viene messa in convento e vi resta fino a quindici anni, quando fugge poco prima di prendere definitivamente i voti, travestendosi da uomo.

Sopravvive tra Vitoria, Valladolid e Estella de Navarra lavorando come paggio al servizio di signori del luogo senza farsi scoprire, con un breve intermezzo a Bilbao, dove finisce in carcere per un mese in seguito a una rissa con altri giovani che l’avevano provocata. Ritorna addirittura a Donostia, incontrando in alcune occasioni i suoi genitori che però non la riconoscono.

Nel 1603, seguendo il suo istinto di avventura, si imbarca come mozzo alla volta delle Indie Occidentali su un galeone capitanato da suo zio, di cui diventa attendente ma che non la riconosce. Arrivata in America, poco prima che il galeone riparta per la Spagna, ruba dei soldi allo zio e sparisce.

Si pone alle dipendenze di un commerciante di Panama ma un giorno in una rissa uccide un uomo. Fuggita a Lima si arruola in una compagnia dell’esercito in partenza per il Cile. Allo sbarco incontra un fratello, che la assume come luogotenente. Durante una battaglia contro gli Indios riesce coraggiosamente  a ricuperare una bandiera che era stata conquistata e viene promossa alfiere sul campo. Tuttavia il suo carattere irruento la mette spesso nei guai e durante una rissa, per non essere riuscita a riconoscerlo in tempo, uccide suo fratello. Si rifugia in una chiesa finché riesce a trovare modo di fuggire. Senza una meta e con grandi difficoltà e peripezie riesce ad attraversare le Ande e finisce per arrivare a Tucuman in Argentina, dove diventa amica del provveditore della diocesi che gli propone di sposare sua figlia. Presi i doni sparisce senza lasciare traccia e si arruola nella campagna contro i Chuncos. Però la disciplina non è il suo forte e, raccolto un bel gruzzolo in saccheggi, diserta di nuovo.

In Argentina resta, ancora una volta, coinvolta in dispute e perfino, suo malgrado, in un caso di adulterio. In un’occasione è addirittura condannata a morte e salvata all’ultimo momento dalla ritrattazione dei testimoni che erano stati pagati per incastrarla. Ripartita dall’Argentina, dopo altre avventure a La Paz e a Cuzco la ritroviamo di nuovo a Lima arruolata contro gli Olandesi, da loro catturata e poi liberata.

Ancora a Cuzco in una lite in cui uccide un uomo è gravemente ferita e resta per diversi giorni sospesa tra la vita e la morte protetta dai frati.

Partita da Cuzco, perseguita per assassinio, arriva a Guamanga, dove scampato l’arresto grazie al vescovo, gli confessa di essere donna e le circostanze che l’hanno portata a farsi passare per uomo. Due levatrici confermano al vescovo che è davvero donna e per di più vergine. Per intercessione del vescovo, commosso, entra al convento di Santa Chiara acclamata dalla folla a cui era giunta la notizia. Morto il vescovo poco dopo, la manda a prendere l’arcivescovo di Lima. Lì resta in convento per circa due anni e mezzo, finché arriva la conferma dalla Spagna che non è mai stata monaca professa. Riparte quindi per la Spagna di nuovo in veste di alfiere.

Per l’anno santo parte alla volta di Roma ma in Piemonte viene arrestata, sospettata di essere una spia spagnola, e rimandata in Spagna. Riesce quindi a ottenere una pensione per servizi resi nell’esercito.

Recatasi a Barcellona si imbarca su una nave per Genova, da lì si dirige a Roma dove incontra il papa Urbano VIII che, sentita la sua storia, le concede licenza di proseguire la vita che si è scelta a condizione di moderare i suoi impeti bellicosi. Infine lo troviamo a Napoli, dove bruscamente si interrompe il suo racconto.  Sappiamo però che nel 1645 ritorna in Messico, dove vive organizzando trasporti vari con una mandria di muli. Muore nel 1650.

È chiaramente impossibile risalire al sesso cromosomico di una persona dei secoli XVI e XVII ma il resoconto delle levatrici indica che il sesso genitale di Catalina de Erauso era chiaramente femminile. I suoi contemporanei la prendono per una specie di eunuco. Dalla sua autobiografia possiamo dedurre che provava una forte inclinazione omosessuale.

Catalina de Erauso sceglie una soluzione al dilemma che pochi avrebbero avuto il coraggio di affrontare, travestirsi da uomo e diventare addirittura soldato, agendo in ambienti prettamente maschili. Certo la sua personalità – forte, avventurosa, schietta e bellicosa – ha giocato un ruolo nella scelta di travestirsi ed erano probabilmente presenti caratteristiche transgender. Il travestimento maschile, per il suo aspetto fisico senza caratteristiche sessuali secondarie come la barba e un che di femmineo, la esponeva spesso al dileggio da parte di coloro con i quali entrava in relazione, con conseguenti dispute, sfide e risse per difendere la propria dignità personale.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Catalina de Erauso

Catalina de Erauso Storia della monaca alfiere scritta da lei medesima, Sellerio, Palermo 1991

http://www.euskomedia.org/aunamendi/39681

http://www.cervantesvirtual.com/obra-visor/historia-de-la-monja-alferez/html/ff38d5be-82b1-11df-acc7-002185ce6064_10.html#I_31_

Referenze iconografiche: Catalina de Erauso, litografia di Léon Noël, 1833. © The Trustees of the British Museum, released as CC BY-NC-SA 4.0

 

Voce pubblicata nel: 2021

Ultimo aggiornamento: 2023