Caterina è figlia di Giovanni Antonio Dolfin e Donata Salamon, entrambi di nobile casato ma appartenenti ai rami poveri e cadetti delle rispettive famiglie. È il padre ad avviarla – e Caterina è attenta e brillante allieva – all’amore per la lettura, ai piaceri della società e della bellezza. La morte di lui però (1753) lascia la famiglia in condizioni ancor più critiche, che la moglie si trova sola ad affrontare. La madre, diversamente dal consorte, ritiene che la cosa migliore per la figlia sia un buon matrimonio. Caterina è una ragazza molto bella (bionda, minuta, profondi occhi azzurri), ma la mancanza di dote ostacola un matrimonio altolocato; però Donata trova denaro in prestito, e riesce a combinarne uno non troppo svantaggioso, che si celebra nel 1755: il fortunato sposo è Marcantonio Tiepolo, ramo cadetto di San Polo. Non ha vent’anni e Caterina si sente già finita. Chiusa nella casa, che considera la sua prigione, dà sfogo all’angoscia scrivendo.

È questo il tempo in cui l’Arcadia ha già molti proseliti: in ogni casa, in ogni palazzo si aggirano “pastorelle” dipinte e no e bastano pochi versi ad accreditare giovani signore all’empireo dei poeti.

Caterina, sensibile e letterata, decide di omaggiare proprio l’amato e scomparso genitore con un poema di venti sonetti che viene accolto con molto interesse. Diventa anch’essa pastorella con lo pseudonimo di Dorina Nonacrina. A questo punto l’incontro con Andrea Tron, una delle figure più importanti del patriziato veneziano e della Repubblica, cambia definitivamente il corso della sua vita.

Nonostante sia ancora sposata, Caterina diventa la sua compagna. Tron le presenta intellettuali, nobili, uomini e donne di mondo; incontra illustri scrittori - Carlo Goldoni ad esempio le dedica la commedia La bella Selvaggia - che omaggiano la sua bellezza come la sua intelligenza.

Le frequentazioni di Tron le permettono di mettere a frutto e incoraggiare la sua curiosità: Caterina padroneggia la storia antica, conosce le nuove idee che arrivano dalla Francia attraverso le opere di Rousseau e di Voltaire, ama la letteratura preromantica anglo-francese.

Nel 1756, a poco più di un anno dalle nozze, avvia davanti al patriarca Alvise Foscari una causa diretta ad ottenere l’annullamento del matrimonio con Marcantonio Tiepolo, avvenuto, sostiene, contro la sua volontà e senza il suo consenso e perciò sprovvisto di effetto legale.

Comincia così un’esistenza strana ed equivoca di donna maritata, ma libera, e di intellettuale, padrona del cuore di un uomo potentissimo. Diventa il centro di un mondo culturale e filosofico più elevato di molti dei salotti frivolamente letterari che nel XVIII secolo dominano Venezia.

A Venezia, tra la metà degli anni ‘60 e i primi ‘80 del Settecento, la libertà delle donne e l’irrequietezza dei giovani patrizi influirono in modo evidente sulle sfere prossime al potere. I più illuminati fra loro infatti non si limitarono ad occuparsi della licenza dei costumi sul piano personale, ma tentarono correzioni nell’ordinamento dello Stato. E il rapporto fra Andrea Tron, personaggio chiave della spinta riformista, con la giovane Caterina si colloca perfettamente in questo contesto libertario, che concorre a conferire una diversa qualità anche alla attività politica dell’uomo. La loro alleanza sentimentale e umana diventa il polo catalizzatore dei fermenti della Venezia intellettualmente e socialmente più impegnata.

Se l’ambito in cui opera Andrea furono gli scranni di Palazzo Ducale, nelle sue cariche di Savio grande, di Riformatore dello Studio di Padova e di Procuratore, per Caterina Dolfin furono i casini di Venezia e Padova a costituire il centro della sua vita sociale e del suo raggio d’azione.

Nel 1767, separata ufficiosamente dal marito, affitta un casino a Padova dove confluisce l’ambiente erudito dello Studio Padovano: Giovanni Marsili, Simone Stratico, Melchiorre Cesarotti, oltre a Gasparo Gozzi, con il quale Caterina stringe un duraturo e affettuoso sodalizio, divenendo la protettrice di tutta la famiglia. Il gruppo di Caterina è vasto e solidale, amante del nuovo e in grado di sostenere, con la conferma del suo ruolo intellettuale e sociale, la difficile “situazione privata“ e l’operato politico di Tron. Caterina affronta cause ardite, sostenendo il compagno nella difficili battaglie, fra le quali, ad esempio, le riforme in materia ecclesiastica, l’innalzamento dell’età minima per le vestizioni e le professioni, l’abolizione dei monasteri:

Eccellenza,

Ventisei monasteri soppressi? Che consolazione! Provino ora con loro danno i frati e li imbecilli protetori, che le anime grandi non si lascino intimorire trattandosi del pubblico bene. Eppure ci sono dei momenti nei quali trovo che ella ha ragione restandosene negli affari, sento che il delicato e nobile piacere di esser utile alla società ed in particolare a quella che forma la propria patria è un potente compenso a tutti gli incomodi, ed agli affanni di un cittadino.

Averta V.E. che presentemente lego la storia romana, ed ho il capo pieno delle Porcie, delle Volunie, delle Clelie ecc. Sento che l’entusiasmo della gloria tiene un impero assoluto sopra di quelle anime che danno vita alle creature repubblicane; sì sono certa farei anch’io tutto ciò che fecero le ilustri donne di Roma trattandosi di secondare un Bruto, un Catone, un Regolo ecc.

Ella ride? Rida pure, ma questa sera i 26 conventi, la conferma dell’illustre Duodo, la nobile fermezza di V.E. che sorpassa ogni difficoltà e rischio ove si tratta del comun bene, unita alla mia storia di Roma, mi empie la testa [...]

Dolfina

Settembre 1772» [1]

Nell’aprile 1772 viene finalmente annullato il matrimonio, nello stesso anno i due amanti si sposano e, in seguito all’elezione di Tron a Procuratore di San Marco, Caterina prende a ricevere in Procuratia. Perfetta nel ruolo di “procuratessa” accoglie suppliche e richieste, facendosi mediatrice di molti affari. Ma Caterina non rinuncia a momenti più informali: prende in affitto un casino a San Zulian e lì riceve per conversare, leggere testi – commentare le opere di Machiavelli - e ascoltare poesie.

Nel 1774 Tron raggiunge il vertice della sua influenza, e suscita gelosie e invidie: contro di lui si vanno coalizzando gli innovatori. Caterina subisce la stessa sorte ed è costretta a chiudere il suo Casino, ma continua ad incontrare amici e dotti nella sua casa.

Nel 1784 Andrea Tron muore, Caterina lo seguirà pochi anni dopo, ma fino allora facendo dell’amicizia e dello studio la sua ragione di vita. Sarà lei a volere il monumento a Lucrezia Cornaro Piscopia presso l’università di Padova.

1. Gino Damerini, La vita avventurosa di Caterina Dolfin Tron, Mondadori 1929.

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Fonti, risorse bibliografiche, siti su Caterina Dolfin

Gino Damerini, La vita avventurosa di Caterina Dolfin Tron, Milano, Mondadori 1929

Maria Luisa Betri - Elena Brambilla (a cura di), Salotti e ruolo femminile in Italia: tra fine Seicento e primo Novecento, Venezia, Marsilio 2004 (Atti del Convegno omonimo, Milano 2003)

Voce pubblicata nel: 2012

Ultimo aggiornamento: 2017