Nata a Milano nel 1923, Clemen Parrocchetti ha vissuto e lavorato prevalentemente a Milano e a Borgo Adorno. Terminati gli studi classici, dopo essersi sposata e dopo quattro figli, si iscrive all’Accademia di Brera dove si diploma nel 1955. Successivamente frequenta corsi internazionali di grafica ad Urbino.

Dal 1957, anno della sua prima rassegna alla Galleria Spotorno di Milano, espone in circa cinquanta mostre personali in Italia e all’estero riscuotendo sempre ampi consensi di critica e di pubblico. Numerose anche le sue presenze a mostre collettive con notevoli riconoscimenti tra cui il primo premio Pirandello ad Agrigento (1977), la mostra a Pavia al Collegio universitario Cairoli (1977), la partecipazione nel 1978 alla Biennale di Venezia e sempre nello stesso anno al Premio Internazionale Michetti a Francavilla a Mare, nel 1979 a Palazzo Diamanti di Ferrara, nel 1982 alla Muestra Internacional de arte Grafica a Bilbao (Spagna), nel 1987 a Ottawa (Canada), nel 1988 al Grand Palais Femmes Artistes a Parigi, nel 2003 personale al Museo di Storia Naturale a Milano, nel 2005 “Sul filo della lana” curata da Philippe Daverio a Biella, nel 2006 “Filo di Clemen” a Palazzo Spinola di Rocchetta Ligure (Alessandria), nel 2008 all’Istituto Italiano di Cultura a Stoccolma (Svezia) e, sempre nel 2008, “Miti al femminile” a Palazzo Guidobono di Tortona, nel 2015 “Vivere la vita sempre” alla Galleria Cortina di Milano.

La sua produzione artistica, iniziata con disegni veristi alla maniera di George Grozs, è passata, negli anni Sessanta a quadri sui toni del grigio con visualizzazioni di interni ed esterni a evidenziare motivi di incomunicabilità –alla maniera di Antonioni, sottolineava l’artista. Quindi le sue opere hanno acquisito luce e la ricerca si è appuntata sui colori forti con presenza di “forme difformi” e assonanze a Francis Bacon.

Sempre negli anni Sessanta la frequentazione di concerti e di importanti artisti Jazz (Chet Baker, Louis Armstrong, Ella Fitzgerald, Miles Davis, Thelonious Monk) caratterizza un periodo molto fertile con rappresentazioni di numerosi quadri e grafiche di concerti e suoni.

Agli inizi degli anni Settanta fa parte del movimento di liberazione della donna e i suoi lavori di quel periodo, riuniti sotto il titolo Amore e divorazione, testimoniano la militanza dell’artista nelle file della contestazione. A tale proposito Parrocchetti così si esprimeva

La contestazione fa parte della mia storia, è nata da un’educazione familiare troppo rigida alla quale mi sono ribellata ma che in parte ho subito. Il mio amore per il disegno e la pittura è stato terapeutico perché mi ha aiutata a sciogliere i nodi interiori, a liberarmi di paure e fantasmi, a illudermi di essere libera. Ho ereditato da mio padre Antonio, che era un abile acquarellista 1, la predisposizione al disegno.

Risentono di tematiche del cosiddetto “periodo femminista” numerose opere in cui vengono utilizzati strumenti e oggetti del lavoro femminile, aghi, spilli, fili, rocchetti, perline, spolette, per composizioni allusive di medie o più ampie dimensioni come gli arazzi presentati nel 1978 alla Biennale di Venezia e al Palazzo dei Diamanti di Ferrara.

In seguito l’interesse si rivolge con maggior insistenza ai vari aspetti della natura: la primavera, il vento, le stelle, il mare, il paesaggio, il tuono, i fulmini. In merito Rossana Bossaglia scrive:

[...] Nella fantasiosa pittura di Clemen, è presente quella carica di sogno che la porta a rappresentare, inventare, schematizzare immagini di stelle, fioriture del cielo verso cui ella stessa si protende, e i ‘Colpi di tuono’ non l’allontanano dallo slancio in direzione infinita, ma ve la sospingono. Si guardi allora ai suoi quadri, per così dire, più tradizionali: i paesaggi, per lo più inquadrati da una finestra sempre con lo sguardo che dall’interno, dal chiuso – e se vogliamo con una metafora dal peso esistenziale – si spinge verso liberi spazi. Questi paesaggi sono presentati con tratti di pittura sciolta, fluida; ma non solo la finestra li racchiude in un contorno schematico, addirittura le tende ai lati, cariche di simboli celesti, geometrizzano tutto l’insieme.

Negli anni Ottanta si affacciano personaggi mitologici che continueranno a essere presenti lungo tutto il suo percorso artistico unitamente ad altri elementi e spunti del momento: Medea si innalza sul carro del sole, Le Dioscure, Euridice tra fiori e frutti.

La perdita del marito, di una figlia e di un piccolo nipote portano una ventata di tristezza e nostalgia che si ripercuotono nella produzione degli anni Novanta: Onde verso isole vestite di stelle, Correre in fretta oltre, Piedini che salgono. Ricorda l’artista nel libro a lei dedicato Il filo di Clemen: “Anni duri, distacchi improvvisi. L’Ade si apre, si porta via il mio Giampaolo, poi una figlia amatissima, un piccolo nipote, volato in Paradiso: picchia ancora al mio cuore con tocchi di nostalgia”. “Affetti, casa, mondo, questo è l’ordito della vita di Clemen” scrive Maria Aletti.

A partire dagli anni Novanta grande presenza hanno nelle sue opere gli animali che le fanno compagnia, il cane Micol, il gatto Soffietto, rappresentati sempre con grande fantasia: Micolina equilibrista, Micol vola attorno alla Torre Velasca, Il carretto dei micioni, Il gatto, la volpe e io. Il suo armadio con i suoi vestiti, a Borgo Adorno, ritrovati mangiati dalle tarme, la porta a un interesse naturalistico e a studiare gli insetti e a rappresentarli sempre con grande fantasia (Tarma, In picchiata sui panni, Danzetta erotica di due pulci innamorate) in grafiche e opere tridimensionali con tessuti e ricami che saranno oggetto di una mostra al Museo di Storia Naturale di Milano nel 2003.

La sordità, che progressivamente l’affligge, negli anni 2000 viene rappresentata con una serie di quadri, tessuti ricamati e opere grafiche: Labirinti delle mie orecchie, Sgabelli ricamati. Le orecchie, le note musicali, gli occhi, la bocca, i suoi animali continueranno a essere presenti nella sua produzione con rielaborazioni del momento.

Clemen continua a lavorare con i suoi strumenti tipici, ago, filo, matite e pennelli sino alla fine della sua vita, con una commovente e ammirevole dedizione al suo lavoro d’artista.

Fra gli altri hanno scritto di Clemen Parrocchetti, negli anni: Giorgio Kaisserlian, Raffaele De Grada, Gino Traversi, Dino Buzzati, Mario de Micheli, Marcello Venturoli, Rossana Bossaglia, Anty Pansera, Adele Faccio, Jean Blanchaert, Philippe Daverio, Maria Aletti.

Note


1 Nella casa Museo di Borgo Adorno sono presenti numerosi acquarelli di Antonio Parrocchetti.

Voce pubblicata nel: 2020

Ultimo aggiornamento: 2020