«Le donne nei tempi che verranno faranno molto».

“Monaca girovaga e guerriera dell’apostolato”, così fu etichettata questa pioniera cattolica inglese, antesignana di una forma di vita religiosa femminile che non implicasse la clausura. Mary percepì come inammissibili i limiti imposti alle donne del suo tempo nella Chiesa cattolica:«[…] le donne potevano fare del bene solo a se stesse; anche allora sentivo moltissimo questa limitazione».

Nata in Inghilterra all’epoca della persecuzione contro i cattolici, Mary si decise ad attraversare la Manica per poter vivere la sua vocazione religiosa in un monastero francese. L’affettuoso rapporto con il padre fu vissuto senza dipendenze: «Io amavo moltissimo mio padre e non mi bastava l’animo di dire cosa alcuna che lo affligesse. Nello stesso tempo ero decisa a non seguire il suo volere e a partire quanto prima senza rivederlo mai più».

Questa donna attraverserà in condizioni di salute spesso precarie per tre volte l’Europa a piedi, e maturerà ben presto maggiore fiducia nelle donne che negli uomini di Chiesa.

Scrive della sua madre maestra: «era l’unica persona da cui attendevo la decisione se dovessi fare o no professione in quel monastero… come ho già detto non ero in grado, a motivo della lingua, di conferire su tali cose con il confessore del monastero».

Mary comprese l’importanza di una solida formazione per le donne, cosa che la portò a sentirsi vicina allo spirito della Compagnia di Gesù di cui volle adottare spiritualità e stile di vita, adattandolo alle sue compagne. Nel 1609, nell’attuale Belgio, con un gruppo di altre giovani amiche, fonda l’istituto che fu chiamato delle Dame Inglesi, poiché le appartenenti erano tutte cattoliche inglesi. Tale istituto fu molto più tardi chiamato della Beata Vergine Maria ed è tuttora ancora esistente. Esse si dedicavano alla formazione delle giovani donne, aiutavano e sostenevano i perseguitati e i prigionieri cattolici, annunciavano la presenza di Dio laddove i preti erano impediti. In vista di questo, le Dame non solo non vollero avere abito religioso, ma non esitarono a vestirsi perfino alla moda per poter meglio sfuggire alle persecuzioni e continuare la loro opera di carità.

L’idea, nuova, di una vita contemplativa senza clausura non fu senza ostacoli: i primi arrivano proprio dagli stessi gesuiti. Pare che il vice-superiore dei Gesuiti ebbe a dire della realtà messa in vita da Mary Ward: «il loro fervore passerà, perché in fin dei conti non sono che donne».

Mary risponderà in due riprese, e in modo molto energico, perché questa affermazione aveva avuto un impatto negativo sullo spirito delle sue compagne. La prima asserzione perentoria è che non c’è differenza tra uomini e donne nella vita con Dio: «Tutti vi guardano come pioniere di un cammino mai pensato fino ad ora e si meravigliano che voi lo comprendiate e che questo sia lo scopo della vostra vita. Alcuni, pensando che siamo donne… sperano forse di vederci cadere o rimanere manchevoli in molte cose; altri ancora, stimando che siamo solo donne … si attendono di vederci raffreddare nel fervore e che quindi tutto si dissolva in nulla, a nostra vergogna e confusione. Altri, sono certa, ci guardano con orgoglio, sperando che tutto il mondo diventi migliore per la nostra azione! … Cercate la verità a motivo di Colui che è la Verità: tutto il resto è menzogna. [...]»

Nonostante le difficoltà Mary riesce a fondare un gruppo di donne dedite all’apostolato, non legate a una Regola, senza abito, né clausura.

Quando chiede il riconoscimento del suo istituto, lo prevede chiaramente sotto la diretta giurisdizione del Papa per non farlo dipendere da un vescovo locale o da qualche ordine maschile: le appartenenti sarebbero state sotto il governo di una unica Generale donna.

Nella sua lettera per l’approvazione pontificia, scrive esplicitamente al Papa di prendere la Compagnia (il nome derivava da quello dei gesuiti) sotto la sua diretta protezione: «…non permettendo che i Vescovi, nelle loro rispettive diocesi, o altri abbiano autorità e giurisdizione sopra di noi. Per il loro governo, benché santo in se stesso e di aiuto per le altre comunità religiose… detti superiori non solo sarebbero contrari all’Istituto, se fossero assegnati a noi, ma di più (come l’esperienza ci ha dimostrato) ci molesterebbero e ci impedirebbero tanto nella via della nostra perfezione quanto nel servizio che noi adempiremo verso i nostri prossimi».

Introducendo la distinzione tra monache e religiose Mary si era svincolata dai decreti del Concilio di Trento che imponevano la clausura a tutte le monache, cioè allora tutte le donne consacrate.

Benché Mary sia stata beatificata il 1 luglio 2010 da Papa Benedetto XVI, dopo aver ricevuto parole lusinghiere da parte di Giovanni Paolo II, non va scordato che ai suoi tempi l’istituto di Mary fu soppresso. Con la bolla Pastoralis Romani Pontificis del 13 gennaio del 1631, Urbano VIII sopprimeva in tutta la chiesa l’Istituto fondato da Mary Ward nel 1609 a St. Omer. Mary fu imprigionata come «eretica, scismatica e ribelle alla Santa Chiesa» e fu ritenuta pericolosa soprattutto per i suoi sforzi di espandere le possibilità e il ruolo delle donne nella chiesa cattolica.

La decisione di chiusura arrivò a seguito di una lunga vicenda di tensioni tra Mary e gli alti rappresentanti ecclesiali e della curia romana. Le Dame infatti incominciarono a essere oggetto di calunnie per il fatto di parlare apertamente di cose spirituali davanti a uomini adulti, compresi i sacerdoti.

Solo nel 1637 la Chiesa approvò l’Istituto ed ella poté morire nel 1645 vedendolo approvato. Il Papa infatti tornò sui suoi passi ed ebbe a dire di lei: «Noi la stimiamo non solo donna di rara prudenza, di coraggio straordinario e di eletto ingegno, ma quel che è di più, noi la consideriamo (come) una santa, una grande serva di Dio».

Ancora nel 1749 papa Benedetto XIV proibì all’Istituto di ritenere Mary Ward quale Fondatrice. Solo nel 1877 arrivò per l’Istituto della Beata Vergine Maria l’approvazione ecclesiastica e solo nel 1909 Mary Ward fu riconosciuta quale Fondatrice. Nel 2004 l’Istituto ha potuto cambiare il nome in Congregatio Jesu, dopo aver ricevuto nel 1977 da Padre P. Arrupe le Costituzioni ignaziane adattate alle donne, secondo quanto era volontà di Mary Ward. Il processo per la sua Beatificazione è in corso.

I quadri della “Vita dipinta” si trovano ad Aubsburg presso una delle case della Congregazione.

L’autrice ringrazia la Congregazione di Mary Ward per la collaborazione nella ricerca delle informazioni.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Mary Ward

Lopez-Amat, Mary Ward. Il dramma di una pioniera, trad. a cura di M. Forno, Artigianelli, Trento 1994, con antologia di testi autografi

Sr. Ursula Dirmeier, CJ, ed., Mary Ward und ihre Gründung: Die Quellentexte bis 1645 (Mary Ward and Her Foundation. The Source Texts to 1645), 4 vols, 2007, Münster 2007, Corpus Catholicorum, vols. 45-48.

Il sito della Congregatio Jesu che presenta una vita illustrata di Mary Ward del XVII secolo presente nel Santuario della Beata Vergine di Augsburg, con didascalie. Il convento conserva anche oggetti appartenuti a Mary Ward, fra cui le scarpe indossate per attraversare le Alpi.

Referenze iconografiche: Mary Ward, 1621. Immagine in pubblico dominio.

Voce pubblicata nel: 2012

Ultimo aggiornamento: 2023