«La madre». Così viene definita Dhouda da alcuni storici. Mi domando se è una definizione significativa. Corretta certamente sì: Dhouda scrive un Liber Manualis per il figlio Gugliemo, quindicenne, lontano, consegnato dal padre Bernardo di Settimania (grande famiglia nobile del tempo) in ostaggio all’imperatore Carlo il Calvo.

Dhouda è dunque in qualche modo segnata dalla sua maternità. Rimane tuttavia, quella di “madre”, una definizione generica, relativa, all’interno del genere femminile, come puella, soror , filia, mulier e via dicendo. A me piace definirla scrittrice (ed è una delle prime scrittrici medievali di cui possediamo un intero testo) che riflette sui temi morali della sua posizione, sui doveri e le difficoltà di un giovane uomo, il figlio, lontano da casa; sulla cultura e sulla società del suo tempo.

Veniamo dunque al suo Liber Manualis scritto intorno all' 843 per il figlio Guglielmo. Dhouda è un’aristocratica nata in Francia o forse in Catalogna (sappiamo così poco di lei); sposa un cugino di Carlomagno e, moglie sottomessa e praticamente abbandonata dal marito sempre in guerra, vive nel castello di Uzès, nel Midi francese, una zona solitaria e silenziosa che accentuava certamente la melanconia della donna lontana da tutto. Erano tempi di ferro: lunghe lotte fra i discendenti di Carlomagno laceravano l’impero da lui costruito, impoverivano le terre e opponevano le famiglie dei nobili schierati su diversi fronti.

Dhouda nel suo isolamento non si abbandona all’angoscia, che pure trapela nelle sue parole, ma legge e scrive. In un latino qualche volta scorretto ma “inconfondibile, efficace e sensibile” (P. Dronke) rappresenta il suo stato di solitudine femminile in una società in guerra, ma anche ciò che le letture (la Bibbia e i Padri come Agostino e Ambrogio ma anche alcuni scrittori pagani come Plinio e Ovidio) le hanno insegnato. Eppure si definisce, come altre donne di quei secoli che non erano andate a scuola e vivevano chiuse nelle loro dimore o nei monasteri, una “fragile donna”, una muliercula, ripetendo il topos dell’inferiorità femminile che più tardi sarà paradossalmente anche di Rosvita e della potente Ildegarda, di Eloisa stessa … Topos che segnala la interiorizzazione dolorosa del generale giudizio maschile sulla donna.

Dhouda è una donna colta (certamente più colta del marito guerriero) e conosce le teorie e il calcolo aritmetico e la simbologia dei numeri tipica delle scuole carolinge.

Sarebbe scorretto sottovalutare il progresso fatto dalla matematica prima dell’introduzione dei numeri arabi: Dhouda, donna e “laica” pur isolata dai centri culturali, raccoglie dal passato una eredità notevole, e oggi quasi sconosciuta, di cultura aritmetica “romana” e scrive di calcoli e esercizi matematici complessi intrecciati a riferimenti allegorici. Carlomagno, appassionato alla matematica e all'astronomia, aveva ordinato infatti che il computus fosse insegnato in tutte le scuole episcopali e monastiche. «Il Liber Manualis è pervaso di ‘sacra’ matematica…Il Tre è sacro come la Trinità divina …e così il Quattro come i Vangeli, il Sette come loro somma, il Sei come le Età del mondo …» (Franco Cardini).

Dhouda si augura che il figlio pur nella sua situazione di quasi prigioniero, continui gli studi e «accresca la sua biblioteca ogni giorno».

La maggior parte del Manualis è tuttavia dedicata alla riflessione morale: è interessante il duplice codice proposto dalla donna al figlio, un sistema etico non convenzionale che si riferisce a due ordini di doveri; quelli del giovane verso la Corte del sovrano e quelli del cristiano verso Dio. Accanto alle virtù religiose Dhouda segnala dunque comportamenti positivi e molto terreni nel loro valore, la discretio come misura e controllo dell’emotività; la gioia che è fonte di energia; la generosità che distingue il vero uomo nobile. Sono le tre virtù tipiche della cultura provenzale di tre secoli dopo: mezura, joys e largeza.

Ecco un brano del Manualis: «Anche se tu o figlio sei sommerso da impegni terreni […] ti prego di leggere sovente questo mio libretto e […] anche se i tuoi volumi sono molti ti chiedo di non dimenticarlo. Vi troverai quel che desideri sapere e anche uno specchio nel quale scorgere al di là di ogni dubbio lo stato di salute della tua anima, al fine di essere gradito non solo a questo mondo ma anche e soprattutto a ‘Colui che ti creò dal fango’.»

Dhouda non avrebbe più rivisto suo figlio, “giustiziato” dal suo signore.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Dhuoda

Dhouda, Educare nel Medioevo [trad it. G. Zanoletti del Liber Manualis], Milano, Jaca Book 1983

Peter Dronke, saggio dedicato a Dhouda in Donne e cultura nel Medioevo, Milano, Il Saggiatore 1986

Franco Cardini, Dhouda la madre in Medioevo al femminile a cura di F.Bertini, Roma-Bari, Laterza 1989

Biografia redatta da Mariateresa Fumagalli

Professore ordinario di Storia della filosofia medievale all’Università degli Studi di Milano dal 1979 al 2015, nel direttivo della "Rivista di Storia della Filosofia" fondata da M. Dal Pra dal 1980 al 2017 Libri recenti : Volando sul mondo, Opicino da Canistris con Roberto Limonta, Archinto ed., Cristiani in armi, Laterza ed.; Luoghi e voci del pensiero medievale con Riccardo Fedriga, EMPublishers; Pico della Mirandola (Laterza); Corpi gloriosi, eroi greci e santi cristiani,con Giulio Guidorizzi, Laterza, marzo 2012. Vedi la bibliografia completa al sito http://www.mtfbb.com

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Voce pubblicata nel: 2012

Ultimo aggiornamento: 2018