Per un singolare concorso di circostanze, la vicenda privata e l’intensa attività professionale di questa forte personalità di archeologa, dolorosamente provata dai tragici avvenimenti del ventesimo secolo, sono rimaste sepolte per molto tempo tra le carte dell’Archivio della Soprintendenza di Milano e nel ricordo dei familiari. Alda Levi è stata infatti vittima di una doppia emarginazione, come ebrea e come donna, e, dopo la morte, di una cancellazione dalla memoria storica.

Era nata a Bologna il 16 giugno 1890 da Lamberto Levi, ingegnere, e Beatrice Cattelani, in una famiglia della media borghesia ebraica di ottimo livello culturale. Dopo una laurea in Filologia classica all’Università di Padova e un diploma alla Facoltà di Magistero, nel 1915 fu assunta, prima donna in Italia, come Ispettrice presso la Soprintendenza agli Scavi e ai Musei della Campania. Qui si svolse il suo addestramento al lavoro “sul campo” sotto la guida del Soprintendente Vittorio Spinazzola, eclettico rappresentante del vivace ambiente culturale napoletano. Si occupò di Baia, Cuma, Pozzuoli e Sorrento. La sua pubblicazione più importante in questi anni è il catalogo Le terrecotte figurate del Museo Nazionale di Napoli, Firenze 1926.

Ben presto, con l’affermarsi del regime fascista, nel 1924 l’archeologa subì le conseguenze dell’allontanamento dalla direzione della Soprintendenza di Spinazzola, a cui era legata da un sodalizio che si rafforzerà nel corso degli anni, fino a trasformarsi in un rapporto più profondo. Spinazzola fu licenziato a causa delle sue idee liberali, dei suoi legami con oppositori del fascismo, come Benedetto Croce e Francesco Saverio Nitti, e di contrasti con i Duchi d’Aosta. Alda Levi chiese il trasferimento a Bologna, dove nel 1923 aveva conseguito la libera docenza in Archeologia, ma fu mandata a Milano. La Soprintendenza alle Antichità per la Lombardia, con il nuovo ordinamento delle Soprintendenze era un ufficio staccato dipendente dalla Soprintendenza di Lombardia, Piemonte e Liguria, con sede a Torino, perché Alda Levi, in quanto donna, non poteva, in base alle leggi vigenti, dirigere un ufficio pubblico. L’archeologa, con pochissimo personale e pochissima autonomia, ma con la responsabilità della tutela archeologica di quasi tutta la Lombardia, ebbe occasione di mostrare al meglio le sue capacità, il suo coraggio e la sua determinazione in una pionieristica attività di tutela del territorio, superando molte difficoltà, dovute anche ai pregiudizi di genere imperanti in un ambiente di lavoro tradizionalmente maschile. Nel 1925 le fu affidato il riordinamento delle collezioni statuarie del Palazzo Ducale di Mantova, a cui si dedicò con particolare entusiasmo e generosità. Il copioso carteggio tra la studiosa e la Direzione del Palazzo Ducale rivela quanto sia stata assidua la sua presenza a Mantova e come a volte fosse costretta a recarvisi di sabato o di domenica. Il Soprintendente, l’illustre egittologo Schiaparelli, non gradiva che la studiosa svolgesse attività sul campo, le lesinava i fondi per le missioni a Mantova e preferiva relazionarsi direttamente con il Direttore onorario del museo, Clinio Cottafavi, ignorando la sua funzionaria.

Alda Levi fu costretta a realizzare l’allestimento di 300 statue nel Palazzo Ducale in poco più di un mese, perché il museo fosse pronto in tempo per una visita del Re. Riuscì a portare a termine il compito con intelligenza e competenza, redigendo poi il catalogo, pubblicato a Roma nel 1931 col titolo Sculture greche e romane del Palazzo Ducale di Mantova, testo di riferimento ancora oggi. Nel 1926 l’ufficio di Milano, probabilmente grazie all’interessamento di Spinazzola, passò sotto la giurisdizione della Soprintendenza di Padova, allora diretta da Ettore Ghislanzoni, inizialmente anche lui mal disposto verso la studiosa, per cui avrebbe però in seguito avuto parole di stima. Nel 1932 Alda sposò Vittorio Spinazzola, l’ex Soprintendente, molto più anziano di lei, in cui aveva trovato un costante appoggio. La studiosa curò il riordino delle raccolte archeologiche in abbandono a Bergamo e il loro allestimento nel Museo della Rocca. Provvide anche a fare acquistare dallo Stato e a pubblicare la famosa patera di Parabiago, una coppa argentea del IV secolo d.C. oggi esposta al Civico Museo Archeologico di Milano. Negli anni tra il 1928 e il 1938 i pesanti sventramenti del tessuto urbano di Milano, previsti dal piano urbanistico dell’architetto Albertini, cambiarono il volto della città e Alda Levi si impegnò per evitare la distruzione del patrimonio archeologico milanese minacciato.

"…modeste cose. Ma foriere speriamo di maggiori scoperte, ora che tutto il centro di Milano, dedalo di viuzze che irradiano dalla piazza del Duomo, sta per essere rinnovato dal piano regolatore. E in ogni modo preziose per chi veda in esse qualche anello della catena che, ricomposta, potrà forse nell’avvenire, sui dati di fatto, permetterci di vedere più chiaro sulla Milano antica di quanto non ci consentano i versi di un poeta o elementi tradizionali e leggendari."

Queste considerazioni aiutano a comprendere il suo metodo di lavoro, che, attraverso il costante controllo dei cantieri di scavo, lo studio e la pubblicazione scientifica delle scoperte, portò alla creazione del primo nucleo dell’archivio della Soprintendenza. Il giornale di scavo da lei redatto negli anni ’32-’35 rivela una particolare attenzione e precisione nella registrazione dei dati. Tra i lavori seguiti da Alda Levi a Milano possiamo ricordare, in particolare, quelli per la realizzazione della Camera di Commercio in piazza Affari (1929), che permisero la scoperta e conservazione di una parte delle fondazioni del teatro romano, su cui scrisse: "Nei sotterranei del Palazzo delle Borse ai visitatori e frequentatori degli affollati e vivaci ambienti dei piani superiori sarà possibile scendere nei silenziosi scantinati dove quiete lampade illumineranno le venerande vestigia del teatro romano e ancora una volta la febbrile attività di Milano creerà uno dei più singolari contrasti tra il vecchio e il nuovo, tra l’antica e la modernissima vita." Nel 1931 riconobbe i resti dell’anfiteatro romano durante scavi per l’acquedotto in via Olocati, ora Conca del Naviglio; nel 1936 gli scavi per la sede della Federazione fascista in piazza San Sepolcro misero in luce le prime lastre pavimentali della piazza del Foro e quelli in piazza Fontana fecero emergere resti della cerchia muraria romana e importanti frammenti scultorei.

Nello stesso anno il professor Calderini fondò a Milano la Commissione per la Forma urbis Mediolani, istituzione alle dirette dipendenze del Ministro Bottai, che aveva l’obiettivo di svolgere ricerche sulle antichità romane, in linea con il programma di esaltazione della romanità voluto dalla propaganda di regime. Tale Commissione pose di fatto la Soprintendenza sotto il diretto controllo delle autorità fasciste. Le ricerche sull’anfiteatro romano furono riprese da Calderini, che se ne attribuì la scoperta. Nel 1938 furono promulgate le leggi razziali e l’anno successivo la studiosa fu dispensata dal servizio. Un documento del 2 giugno 1939 attesta la decadenza di Alda Levi dalla libera docenza presso l’Università di Bologna “perché di razza ebraica”. I fratelli di Alda, Giorgio Renato, valente docente di Chimica, e Tullio, ingegnere, partirono con le famiglie per il Brasile e il Cile, dove avevano trovato lavoro. L’archeologa continuò a vivere col marito a Milano, aiutandolo per la pubblicazione degli scavi di via dell’Abbondanza a Pompei, che sarebbe uscita nel 1953.

Vittorio Spinazzola muore il 13 aprile 1943. Il 30 novembre 1943 il ministro dell’Interno ordina l’arresto e l’internamento in campi di concentramento di tutti gli ebrei. Antonio Silvani, il custode della Soprintendenza che dal 1933 era fedele collaboratore di Alda nei cantieri di Milano, non trascurò alcun mezzo per salvarla, a rischio della propria vita. Milano subisce nell’agosto del ‘43 bombardamenti devastanti, ed è Silvani a mettere in salvo in casa propria le suppellettili domestiche di Alda Levi e ad accompagnarla a Roma. Grazie a Salvatore Aurigemma, Soprintendente e genero di Spinazzola, di cui aveva sposato la figlia Giulia, la studiosa trova rifugio presso un istituto di suore fino alla liberazione, nel giugno del 1944. Le lettere inviate a Silvani e all’amata nipote Emilia Spinazzola rivelano la grande dignità con cui Alda seppe trovare in sé stessa la forza morale per affrontare quel tragico periodo.

Nel poscritto di una lettera a Silvani, Alda chiede l’indirizzo di Fernanda Wittgens. Le due studiose, che seppero superare molti ostacoli nei loro percorsi di protagoniste della vita culturale milanese negli anni del fascismo, furono colleghe d’ufficio dal 1936, quando Alda fu trasferita nel Palazzo di Brera dalla sua sede di Piazza Duomo, a causa dei lavori di costruzione dell’Arengario. L’archeologa fu reintegrata presso la Soprintendenza di Roma nel 1945 e morì nel 1950 a soli 60 anni. Alda era diventata la testimone di un periodo che aveva visto nel campo archeologico l’adesione al regime di note personalità e istituzioni culturali. Era quindi un personaggio scomodo, da dimenticare, e far dimenticare, al più presto, per coloro che non avevano avuto la sua stessa onestà e coerenza. L’essere donna, d’altra parte, ha senz’altro facilitato per lei l’operazione di damnatio memoriae, a cui ha posto fine, solo nel 2004, l’inaugurazione a Milano del Parco dell’Anfiteatro con l’annesso Antiquarium a lei intitolato.


Fonti, risorse bibliografiche, siti su Alda Levi

A. Ceresa Mori, Il caso Alda Levi, in Le donne e l’archeologia. Pioniere tra Ottocento e Novecento, a cura di A. Ceresa Mori, Atti della Tavola rotonda, Milano, Antiquarium “Alda Levi”, 16 maggio 2007, Milano 2008, pp.69-83.

A. Ceresa Mori, Alda Levi, una pioniera dell’archeologia italiana, in Archeologia classica e post-classica tra Italia e Mediterraneo. Scritti in ricordo di Maria Pia Rossignani, a cura di S. Lusuardi Siena, C. Perassi, F. Sacchi, M. Sannazaro, Contributi di Archeologia, 8, Milano 2016, pp.125-134.

A.Ceresa Mori, Alda Levi, una funzionaria archeologa nel ventennio fascista, in Pioniere: nell’archeologia, nella storia, nell’arte italiane. Omaggio a Eva Tea (1886-1971), a cura di Myriam Pilutti Namer, Verona 2022, pp.103-118.

A.Ceresa Mori, Alda Levi. Una storia di coraggio e resistenza, Roma 2022.


Voce pubblicata nel: 2024

Ultimo aggiornamento: 2024