Il 27 dicembre 2010, Katalin Kariko si presenta su Twitter con la frase “Leggo articoli scientifici”. Scrive soprattutto dei successi della sua “figlia preferita” – e unica – Susan Francia, vincitrice di due medaglie d’oro alle Olimpiadi di Londra e Pechino, e molto poco delle proprie ricerche. A differenza degli scienziati che usano i social per promuoverle, si limita a linkare un suo articolo, senza neppure copiarne il titolo.

Quando diventerà famosa, dieci anni dopo, per gli esperimenti che hanno consentito alle case farmaceutiche Pfizer e Moderna di creare i vaccini a RNA messaggero (mRNA) contro il Covid-19, i suoi colleghi confermeranno che era una lettrice vorace, non solo di articoli sull’RNA e che aveva un’insolita capacità di “collegare i puntini”.

E di superare gli ostacoli.

Figlia di una contabile e di un macellaio, era cresciuta nel villaggio di Kisujszallas, in Ungheria, in una casa senza acqua corrente, ma con un giardino e in varie interviste ricorda passeggiate nella foresta, la curiosità per piante e animali, la certezza che da grande avrebbe fatto la scienziata. E, in effetti, concluso il dottorato in biochimica (sull’RNA) all’Università di Sezged trovò subito lavoro in un centro di ricerca che nel 1985 venne chiuso per mancanza di finanziamenti. Dalla laurea nel 1978 era nell’elenco degli informatori dei servizi segreti del regime di János Kádár, aveva accettato per timore di rappresaglie contro il padre che aveva partecipato alla rivolta del 1956, racconterà nel 2017, senza mai collaborare.

Aveva comunque deciso di emigrare. Accettò un contratto triennale all’università Temple, a Filadelfia e, con il marito Bela, vendette la macchina, comprò tre biglietti aerei e nascose il resto nell’orsacchiotto di peluche di Susan. Dopo un secondo precariato divenne professore associato alla Scuola di Medicina all’Università statale della Pennsylvania dove sarebbe stata assunta se avesse trovato finanziamenti o colleghi che la pagassero con i propri.

Lavorava dalle sei del mattino alle undici di sera, “non si andava mai in vacanza perché non avevamo soldi,” racconta Susan. A sua madre infatti, “lavorare piace”. Peccato che fosse incapace “di navigare tra gli scogli della politica universitaria”, ricorda il neurochirurgo David Langer, di promettere più di quanto poteva mantenere nelle richieste di fondi, e di ingraziarsi i baroni che garantivano il rinnovo del suo permesso di soggiorno. Oltretutto erano dei clinici, non si spiegavano quella passione per le risposte immunitarie mediate in teoria dall’mRNA. Comunque, non erano “ricerche di livello universitario”. Immigrata, donna, con un accento ridicolo… usasse pure il laboratorio quando c’era un posto libero, senza chiedere altro.

Non erano dello stesso parere Langer e altri studenti e giovani ricercatori della Penn State che la salvarono a più riprese dalla disoccupazione. La trovavano “brillante”, non solo per le idee nuove, ma perché identificava i problemi, progettava esperimenti rigorosi per risolverli uno dopo l’altro, imparava dai fallimenti e perseverava.

I problemi erano tanti, tre soprattutto: l’mRNA di sintesi – all’epoca era assemblato in laboratorio, ma oggi ci sono aziende che lo vendono già pronto – è molto fragile, difficile da manipolare e una volta modificato ancora più difficile da trasferire fino ai ribosomi, nelle cellule dell’organismo dove innescare la produzione della proteina desiderata e solo quella. Peggio ancora, è immunogenico: rischia di causare brutte infiammazioni. Lo aveva scoperto l’immunologo Drew Weissmann nel 1998, un professore appena assunto dalla Penn State per far ricerca su un vaccino contro l’Aids. L’aveva incontrata davanti a una fotocopiatrice e, nonostante gli insuccessi accumulati da un decennio, provare mRNA sintetico gli era parsa una buona idea: avrebbe imparato qualcosa anche lui. Dopo quell’esperimento scoraggiante, ne fecero molti altri – sempre sui topi – fondamentali per la “piattaforma” biochimica sulla quale costruire vaccini o terapie. Ne sostituirono una base per renderlo più simile all’RNA transfer, che non è immunogenico, nel 2005. Pochi anni dopo trovarono come racchiuderlo in minuscole gocce di lipidi che lo rilasciavano appena giunte a destinazione. Nei topi infettati con una variante del virus HIV-1, quel prototipo di vaccino era sicuro ed efficace. Negli umani forse no, ma gli ingredienti erano giusti e la ricetta funzionava.

Pubblicarono i risultati su riviste serie, ma senza i potenti uffici stampa di quelle considerate più prestigiose come Nature, Science o Cell. Per anni attesero che un’importante casa farmaceutica chiedesse la licenza del brevetto, invano. L’università ne diede l’esclusiva a CellScript, che non ne fece nulla. Nel 2013 la chiesero un’azienda biotech fondata da un lettore delle loro pubblicazioni con alle spalle ricchi investitori, e una piccola start-up, entrambe interessate a creare vaccini contro l’influenza più efficaci e meno tardivi di quelli attuali: da Moderna in USA – che fu avvertita da un immunologo, le cui ricerche sull’mRna erano state finanziate dalla cantante Dolly Parton – e da BioNTech in Germania, fondata da Özlem Türeci e Uğur Şahin, una coppia di scienziati turchi. Katalin Kariko lasciò il marito e la figlia a Filadelfia e si trasferì a Magonza, con il titolo di vicepresidente della ricerca, che riguardava terapie immunitarie per il melanoma e altri tumori.

Poi, quando su Twitter “mi seguivano soltanto in 10” e alle conferenze su mRNA e immunologia “ci ritrovavamo in 150” a descrivere esperimenti (sempre più spesso riusciti) su animali, arrivò dalla Cina il genoma del virus Sars-CoV2 e, nel giro di poche settimane, da vari paesi, la conformazione della sua proteina Spike da inserire nel vaccino, e la pandemia, prima in Italia e poi nel resto del mondo. Dal marzo 2020 la storia intricata della tecnologia usciva sulle riviste prestigiose con commenti dei protagonisti, e da giugno si rincorrevano le interviste alla pioniera, nella stampa e nelle televisioni. Con l’approvazione dei vaccini Moderna e Pfizer-BioNtech iniziò un turbine di viaggi internazionali per ricevere onorificenze, premi, dottorati honoris causa.

Tra il 2022 e il 2023, in inglese, uscivano anche tre biografie della scienziata di cui due a fumetto e il turbine non si è placato neppure dopo l’annuncio di una sua autobiografia e del premio Nobel il 2 ottobre 2023 a Katalin Kariko e Drew Weissmann, per “scoperte che hanno cambiato fondamentalmente la conoscenza di come l’mRNA interagisce con il sistema immunitario”.

Rivoluzionando così la medicina in generale, e salvando la vita di milioni di persone in particolare.



Voce pubblicata nel: 2023

Ultimo aggiornamento: 2023