Per il contesto in cui si mosse, il destino e l’importanza delle sue scelte, maturate in assoluta autonomia di giudizio e di azione, la figura di Eleonora d’Arborea si è tinta quasi da subito di tratti leggendari.

«La figura più splendida di donna che abbiano le storie italiane, non escluse quelle di Roma antica…» la definirà Carlo Cattaneo.

Il padre Mariano IV de Bas d’Arborea si forma in Catalogna, dove viene armato Cavaliere. Nel 1336 sposa Timbora de Roccaberti dalla quale ha tre figli: Ugone, la nostra Eleonora e Beatrice.

Eleonora trascorre la sua giovinezza presso la corte di Arborea (vicino ad Oristano), che sotto il giudicato trentennale del padre, uomo colto ed intelligente, attraversa una stagione vivace e raffinata, forte dello stesso clima che caratterizza in quel volgere di anni gran parte dell’Europa. A Mariano succede il figlio Ugone, fratello di Eleonora, pirata e condottiero, definito dai più fiero e crudele.

Eleonora sposa Branca Leone D’Oria, figlio illegittimo di Brancaleone Doria e di una certa Giacomina, nonché pronipote del grande Branca Doria, della nobile famiglia ligure; Branca Leone aveva già due figli illegittimi (Giannettino e Nicolò) ed era signore di Castelgenovese (oggi Castelsardo) di Monteleone, di Casteldoria e numerose altre contrade nel nord della Sardegna. Dal loro matrimonio nasceranno due figli, Federico e Mariano.

Il 16 settembre 1382 Eleonora, dimostrando un alto senno politico e una chiara visione dell’avvenire dinastico e strategico della sua casata, stringe un accordo con il Doge della Repubblica di Genova, Nicolò di Guarco, che aveva grandi interessi e possedimenti in tutta la Sardegna settentrionale; Eleonora gli fa promettere che la figlia Bianchina avrebbe sposato il suo primogenito Federico. Di mezzo c’era un prestito di quattromila fiorini d’oro e un accordo nel quale il Doge si impegnava a restituire la somma nel termine di dieci anni, scaduti i quali avrebbe dovuto restituire il doppio.

L’anno che segue la stesura di questo accordo il fratello di Eleonora, Ugone, viene assassinato nel suo palazzo da alcuni congiurati. Si pone a questo punto il problema della successione. Eleonora è decisa a tutelare l’onore del fratello ucciso ma anche a garantire a suo figlio Federico il trono di Arborea: si proclama Juighissa de Arbaree ricollegandosi alla tradizione dell’antico diritto regio sardo per il quale le donne potevano succedere al trono del loro padre o fratello.[1]

La nuova Giudicessa sa che nessun intralcio deve venir posto dagli Aragonesi, intenzionati a conquistare l’intera isola, e decide quindi di inviare il marito Branca Leone D’Oria in Spagna presso la corte del re Pietro IV il Cerimonioso affinché sostenga presso il re la sua volontà.

Eleonora intanto percorre l’intera isola per impadronirsi di tutte le posizioni e di tutti i castelli che erano stati del fratello Ugone iniziando con grande determinazione l’opera di riordino e di espansione del Giudicato.

Pietro IV, compresa la gravità della situazione e ritenendo sconveniente avere una famiglia così potente in Sardegna, contravviene ad ogni norma dell’ospitalità e annuncia a Branca Leone D’Oria che sarebbe rimasto in suo potere fino a che non avesse ricevuto in consegna il figlio Federico e non fosse riuscito a ridurre la moglie all’obbedienza. In caso contrario sarebbe stato inviato l’esercito contro i ribelli. Branca Leone, ostaggio, accetta le condizioni.

Ma Eleonora preferisce la guerra con gli Aragonesi alla resa ignominiosa ed alla consegna del suo primogenito al re. Disobbedisce così al marito che dal carcere le scongiura di cedere.

Eleonora comincia a visitare ad una ad una le ville e i borghi. Convoca magistrati, anziani, tutto il popolo di liberi e di servi facendo giurare fedeltà al figlio Federico.

Ottiene un completo successo: giungono a migliaia dai campi i guerrieri per stringersi intorno a lei nel nome della giustizia e del popolo sardo. Le disponibilità finanziarie della casa D’Oria le permettono di stipendiare ufficiali forestieri per l’addestramento dell’esercito.

Dopo due anni di inutili scontri non si giunge a nulla. Eleonora si rende conto che la sua ostinazione condanna il marito alla reclusione. Tenta di farlo evadere dalle fortificazioni di San Pancrazio a Cagliari, dove è recluso; corrompe servi e guardiani, ma uno di questi rivela la trama al governatore e il piano fallisce.

Comincia allora a stringere un primo trattato di pace, ma nel mezzo delle negoziazioni il re muore.

Nello stesso anno, il 1387, muore anche il primogenito Federico, al quale succede il fratello Mariano V, sempre sotto la reggenza della madre Eleonora. Il secondo trattato di pace, molto più gravoso del primo, è firmato solo dopo un anno dalla morte del re, ma passa un intero altro anno prima che Branca Leone venga liberato.

Eleonora e Branca Leone, feriti nell’orgoglio per essersi dovuti piegare al ricatto regio, cominciano a non rispondere più alle lettere del governo nelle quali si chiede ragione dell’irrequietezza che serpeggia in Arborea.

In Sardegna è di nuovo guerra, anzi guerriglia, e il 1 marzo del 1392 viene emanato un atto di accusa contro Eleonora ed il marito, condannati a morte in quanto ribelli e spergiuri.

Si parla ogni tanto di nuove trattative di pace e gli ambasciatori fanno la spola tra Cagliari e Oristano per esporre proposte (e tramare insidie).

Eleonora capisce che è arrivato il momento di ristabilire nel regno un po’ di ordine e tranquillità. Guidata dal suo profondo senso storico modifica in base alle esigenze presenti le norme (66) dettate dal padre creando così nel 1392 la nuova Carta de Logu, che con i suoi 198 capitoli è considerata “il maggior monumento legislativo della Sardegna medievale”. Un atto che resterà memorabile nella storia dell’isola e che regolerà la vita giuridica e sociale del popolo sardo per quattro secoli.

Eleonora sceglie di far redigere la Carta in arborense, chiaro segno del suo intento di farne conoscere il contenuto al popolo (carta de logu = carta del popolo).

In questo distillato di modernità e saggezza la Giudicessa introduce concetti giuridicamente arditi per quei tempi, di una sconcertante attualità. Sancisce che tutti gli uomini sono uguali davanti alla legge (siamo nel 1300!). Dà importanza al valore soggettivo del reato distinguendo chi uccide con animo delliberadu e pensadamenti da chi lo fa senza intenzione. Regola lo stupro. Che poteva riguardare donna maritata o fidanzata. Nel primo caso il violento veniva colpito con una multa. Nel secondo caso oltre alla multa e sussidiariamente al taglio del piede, aveva l’obbligo di sposare la donna ma solo si plaquiat a sa femina. Decisamente un concetto rivoluzionario. Regola l’adulterio. Si alcunu homini entrarit pro forza a domo de alcuna femina cojada et non l’happat happida carnalmenti paghi lire cento e se non paga entro quindici giorni abbia mozzo l’orecchio.

Regola il bruciare delle stoppie, che ancora oggi in Sardegna provoca gravissimi incendi. Le stoppie debbono essere bruciate prima del giorno di S. Maria chi est a die octo de capudanni, l’otto settembre. Regola il testamento. La cultura del giudicato è molto scarsa, mancano i notai, Eleonora quindi abilita i parroci e gli scrivani di curatoria a ricevere i testamenti affinchè il volere dei defunti venga sempre rispettato. Regola ancora le aggressioni, i furti, l’usura, i falsi, le negligenze dei giudici, le testimonianze, le usucapioni, la caccia, la pastorizia, le questioni fiscali, il commercio e tutto ciò che riguarda la vita giuridica, amministrativa e sociale del giudicato.

Intanto la guerra continua ad avvicendarsi a trattative di pace.

Ma una grande e terribile piaga si propaga in quegli anni in Sardegna, la peste, che nel 1404 si porta via anche Eleonora, la regina guerriera, la saggia legislatrice.

Gli stessi spagnoli, suoi grandi nemici, le renderanno omaggio estendendo la Carta de logu a tutta la nazione sarda.

NOTE

1. A poter rivendicare il diritto al trono ci sarebbe stato il Visconte di Narbona, vedovo della sorella minore di Eleonora, Beatrice. Ma fu incoronato re di Arborea solo nel 1409, dopo la morte del secondogenito di Eleonora, Mariano V.

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Fonti, risorse bibliografiche, siti su Eleonora d'Arborea

Bianca Pitzorno, Vita di Eleonora d'Arborea. Principessa medioevale di Sardegna, Mondadori 2010

Francesco Cesare Casula, Eleonora regina del regno di Arborèa, Carlo Delfino Editore 2004

Camillo Bellieni, Eleonora d’Arborea, Ilisso edizioni 2004

Unione Sarda

Carta de Logu

Referenze iconografiche: ritratto di fantasia di Eleonora d'Arborea, opera di Antonio Benini, diciannovesimo secolo. Immagine in pubblico dominio.

Voce pubblicata nel: 2012

Ultimo aggiornamento: 2023