Chi ha avuto da te quest’alta lezione di decenza quotidiana (la più difficile delle virtù) può attendere senza fretta il libro delle tue reliquie. La tua parola non era forse di quelle che si scrivono

Eugenio Montale, Visita a Fadin, La Bufera e Altro

Camilla (detta Milla) Pasca di Magliano nacque a Vallo della Lucania, perché il padre, il barone salernitano Paolo Pasca di Magliano con vaste proprietà nel Cilento, aveva deciso di esercitare l’avvocatura nel paese di sua moglie, Maria Rossi, figlia di ricchi commercianti. La giovane lucana aveva conquistato l’avvocato con il suo brio, la splendida voce e l’abilità al pianoforte e nel ballo e Milla, la prima e unica femmina su quattro figli, erediterà dai genitori fascino e bellezza. Quando la famiglia si trasferirà a Salerno Milla sarà ritenuta una delle più belle donne della città e i migliori sarti faranno a gara a offrirle i loro abiti per farglieli esibire col suo portamento inimitabile nelle passeggiate sul corso. La sua istruzione si svolge in casa secondo le abitudini dell’epoca, e Milla dimostra subito un grande talento nelle belle arti: i genitori decidono di farle studiare pittura con Arturo Beraglia e sua moglie Antonietta Beraglia Casella. Milla ama molto la pittura ed è una perfezionista, nei mesi estivi si fa spesso accompagnare in barca dal fratello minore, Pasquale, per studiare gli effetti della luce dell’alba sul mare. Le sue aristocratiche dita possono esercitarsi solo al pianoforte, sulla tavolozza o nel ricamo. La cuoca le vieta l’ingresso in cucina per la preparazione dei pasti familiari, le permette soltanto di confezionare bon bon raffinatissimi e prelibati cioccolatini. Apprende a perfezione l’arte della conversazione e della gestione di un salotto. Il clima politico e sociale dell’Italia sta diventando pesante, ma per l’aristocratica Salerno degli anni Trenta la vita si dipana in una dorata immobilità. Milla è felice, si dedica con tutte le sue energie alla pittura, dalle sue mani prendono vita sulla tela luminose nature morte di frutti e ortaggi, oggetti resi quasi traslucidi dal sole che vi si riflette, rose e garofani, il glicine che si arrampica sul muro del giardino della villa di Stio nel Cilento, dove la famiglia Pasca passa l’estate, i gattini che giocano sul pavimento, la sua bambola, le barche sul mare. Soggetto prediletto sono, però, gli interni, i giochi di luci e ombre che il sole entrando da finestre aperte o chiuse disegna sui mobili. I genitori le permettono di esporre le sue opere ed ella partecipa negli anni dal 1932 al 1937 a varie mostre: La I Mostra Femminile d’Arte nel 1932, la II mostra Salernitana d’Arte del 1933, in cui riceve i complimenti per le sue opere dal principe Umberto che l’inaugura, e che viene citata da Clement Morro sulla rivista francese «La Revue Moderne illustrée des arts et de la vie», la II Mostra Femminile d’Arte nel 1935, la I mostra del Sindacato Provinciale Fascista Belle Arti nel 1937. Sappiamo anche che alcuni quadri vennero venduti a un prezzo elevato. Milla ha tanti corteggiatori salernitani, ma la sua scelta si indirizza verso un brillante cilentano, Mario Riccio che fa il giudice a Milano e che non ha mai dimenticato la quindicenne accompagnata dalla madre incontrata tanti anni prima in un viaggio in treno da Salerno. Si fidanzano nel 1935, Milla è ansiosa di lasciare la provinciale cittadina del Sud per la grande città che immagina le aprirà nuovi e più vasti orizzonti culturali. Nei due anni di fidanzamento la giovane dipinge ancora, ma ora non ha molto tempo: prepara dolci raffinati per le visite del fidanzato, ricama per lui pantofole e segnalibri, una elaboratissima vestaglia di seta. Nel 1937 si sposano e Milla si trasferisce a Milano. Porta con sé tavolozza e pennelli, sicura che la pittura resterà un perno della sua esistenza. Ma l’impatto con la nuova vita è scioccante, Milano le appare tetra e grigia, la lingua che si parla lì quasi incomprensibile e soffre per la mancanza della sua famiglia di origine. Milla si rende conto che tutta la sua educazione finalizzata a brillare nei salotti non le serve; ora deve essere soprattutto un’assennata padrona di casa dalla vita austera, perché austera è la vita di un giudice, soprattutto in quegli anni, e le poche frequentazioni circoscritte ai colleghi della procura del marito le danno l’impressione di vivere in collegio. Come può pensare a dipingere, se ora deve imparare a condurre una casa e imparare a cucinare? Anche se il marito l’esorta a dipingere ancora, Milla sa che non può farlo più: la pittura, la vera pittura richiede un impegno totalizzante. Nel marzo 1939 nasce a Milano la prima figlia, Barbara; nel settembre 1942, l’ Italia è ormai in guerra da due anni, Milla si rifugia nella casa dei Riccio a Torchiara (Salerno) per partorire la seconda figlia, Mariella. Pochi mesi dopo con le due bambine ritorna a Milano dal marito ed è lì, nel febbraio ’43, quando avviene il primo grande bombardamento della città; ma anche in questa tragica circostanza la giovane donna mantiene la sua compostezza, mentre il marito l’esorta a sbrigarsi per raggiungere il rifugio, perde minuti preziosi per mettersi a posto i capelli. Ora la guerra irrompe con violenza nella vita della famiglia Riccio, Mario costringe Milla a partire per il Sud con le due bambine, il viaggio sarà interminabile, interrotto ogni tanto dai bombardamenti che costringono la mamma e le figlie a rifugiarsi sotto il treno. Poco dopo Mario viene chiamato al fronte. In due giorni lei smobilita la casa, ricovera i mobili in una cantina e parte per Torchiara per salutare la famiglia, da cui riparte il lunedì in albis del 1943. Dopo l’armistizio Mario viene fatto prigioniero dai Tedeschi e internato in vari campi di prigionia, fra cui Czestokova e Norimberga. I Tedeschi pretendono dagli ufficiali italiani l’adesione alla Repubblica di Salò, pena la morte. Il giudice Mario Riccio, però, non dimentica di essere un discendente di quel Giambattista Riccio, che partecipò ai moti rivoluzionari del 1848 contro i Borboni, e poi ha giurato fedeltà al re e alla patria, non a Mussolini, e rifiuta. Viene salvato dalla disfatta della Germania e dall’arrivo degli Alleati e riesce a ritornare a casa a fine 1945. Anche per Milla quegli anni di guerra passati a Torchiara sono molto duri: il suo dolore personale è amplificato da quello della suocera, che ha tutti i suoi quattro figli maschi rinchiusi in campi di concentramento disseminati su quattro fronti diversi. Gli anni del primo dopoguerra sono i più sereni per la famiglia Riccio. Nel 1950 Mario, insignito della croce di guerra al valore, va in pensione dalla magistratura ed esercita l’avvocatura, finalmente possono allargare la cerchia delle conoscenze e Milla può ritornare a brillare nei salotti. Nel 1954 nasce l’ultima figlia, Angela. Ma l’impegno di Milla in famiglia non finisce mai, ora deve cercare di mitigare la severità del marito nei confronti delle prime due figlie ormai giovinette, e lo fa con il suo stile, col sorriso sulle labbra e l’ironia. Nel 1968 il marito le regala la tavolozza e i colori e Milla riscopre la felicità di dipingere, soprattutto nella quiete di Torchiara. La donna si prefigura una vecchiaia operosamente dedita alla pittura e finalmente serena, ma la sorte ha deciso diversamente: nel 1970 le scoprono un cancro alle corde vocali, colpa, dirà alle figlie, delle troppe parole che ha dovuto trattenere in gola. Muore a Milano il primo maggio del 1985, pochi mesi dopo il marito. Nel 2008 la Provincia di Salerno ha esposto alcune opere di Milla Pasca nella mostra Luccichii - Pittrici salernitane degli anni Trenta (1927- 1941).

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Milla Pasca

Matilde Romito, Luccichii - Pittrici salernitane degli anni Trenta (1927- 1941) (Catalogo della mostra)

Referenze iconografiche: I ritratti di Milla Pasca provengono dall'archivio di famiglia. Le immagini dei dipinti sono tratte dal catalogo della mostra " Luccichii- Pittrici salernitane degli anni Trenta (1927- 1941 )".

Voce pubblicata nel: 2014

Ultimo aggiornamento: 2023