Antonietta Marino nasce a Mazzarino, un paese di contadini, in una famiglia di socialisti, ed è la maggiore di cinque fratelli.

Giovanissima, inizia l’attività politica nel Partito comunista. Racconta: «Mentre nel Nord Italia c’era la guerra di liberazione, noi giovani ci riunivamo… Si leggevano i giornali, i libri. E poi si cominciò a parlare di Marx, dell’Unione sovietica. A mio padre… faceva piacere che, invece di battere le mani al duce, pensavamo ad altro» (Storie di donne).

Preso il diploma magistrale, nel ’40, vorrebbe prendere la maturità scientifica, con l’intenzione di iscriversi all’Università, ma l’impegno politico ha il sopravvento. Nel ’45 viene fondata in paese la sezione del Partito Comunista. Antonietta prende la tessera e le viene proposto di candidarsi alle elezioni comunali del ’46. Viene eletta e si attiva, assieme ai compagni, per risolvere i problemi del paese, tanto che, malgrado le elezioni fossero state vinte dalla Democrazia Cristiana, sembrava che a governare fosse la sinistra, che effettivamente in seguito per anni amministrò il paese.

Il suo impegno era rivolto specialmente alle donne, di cui ricorda la presenza alle sedute del consiglio comunale e nelle iniziative «destando la sorpresa di chi pensava che le donne non si interessassero di politica». Ricorda che durante le assemblee con i contadini questi si meravigliavano che una ragazza, così giovane, intervenisse per parlare del loro diritto ad avere la terra. «E non dimenticavo mai di dire loro di far partecipare le donne… E le donne venivano, ed erano centinaia».

La presenza numerosa delle donne alle iniziative sindacali e politiche, è una costante nel racconto dell’esperienza del suo lavoro politico, continuato a Caltanissetta come responsabile femminile alla Camera del lavoro e, dopo il matrimonio, ad Agrigento e poi a Palermo.

Per il suo impegno Antonietta (un lavoro volontario perché non è mai stata una funzionaria stipendiata), era costretta a spostarsi nei paesi. Ricorda l’estrema povertà di mezzi a disposizione ma anche l’affettuosa ospitalità della gente.

Antonietta nel ’49 si sposa, dopo un breve fidanzamento, con Francesco Renda, allora giovane dirigente della Confederterra. Si erano conosciuti nel ’47 quando Renda era andato a Mazzarino per un comizio sindacale e si era congratulato con lei per il movimento che c’era nel paese e per la partecipazione delle donne. Si sposano civilmente perché entrambi non credenti. Antonietta aveva deciso di non andare più in chiesa da ragazzina, dopo avere aver assistito a un episodio che l’aveva turbata profondamente: un prete aveva mandato via, perché non aveva le sei lire richieste, una donna che gli aveva chiesto di battezzare il suo bambino che stava morendo.

Nel ’50, dopo la nascita del primo figlio, Marcello, la famiglia si trasferisce ad Agrigento perché il marito viene nominato segretario della Camera del lavoro in quella città, dove lei riprende il lavoro politico. Ad aiutarla in casa, anche perché successivamente nascono altri due figli, Emilio e Adriana, viene la sorella della madre.

Nel ’55 la famiglia si trasferisce Palermo, perché il marito viene eletto all’Assemblea regionale. Antonietta, malgrado i figli siano ancora piccoli, non lascia l’impegno politico: come maestra volontaria nella scuola popolare dell’UDI (Unione Donne Italiane), nei quartieri popolari della città e nei paesi della provincia, nella lotta per la pace, durante le campagne elettorali. Ad aiutarla questa volta (dopo la morte della zia e della madre) è il padre che si trasferisce in casa loro.

Nel ’67 inizia a lavorare come maestra alle scuole elementari, perché la famiglia è numerosa. Aveva partecipato a tre concorsi ottenendo l’idoneità, ma non era riuscita ad avere il posto in ruolo perché in Italia, per accedere all’insegnamento nella scuola elementare, c’erano due graduatorie, una per gli uomini e una per le donne che potevano essere scavalcate dagli uomini, anche se avevano un punteggio più elevato. Antonietta entra in ruolo dopo che le maestre riescono ad ottenere la graduatoria unica. È una vittoria delle donne siciliane. Infatti la lotta viene condotta specialmente dalle compagne di Palermo, che preparano il disegno di legge presentato dalle deputate palermitane del PCI, e vede Antonietta in prima fila.

Inizia l’insegnamento in paesi lontani da Palermo e «la domenica era una giornata di lavoro immenso per la casa». Il marito era stato eletto senatore, ma Antonietta ricorda che in casa non c’era mai una lira, perché c’erano tre figli da mantenere e allora gli eletti dei partiti di sinistra lasciavano la metà dello stipendio al partito. E c’erano sempre compagni che avevano bisogno di aiuto economico. E ricorda con orgoglio di non avere abusato delle cariche di suo marito per avere il trasferimento in sedi meno disagiate, neanche nel periodo in cui suo marito fece parte della Commissione pubblica istruzione. Successivamente Francesco Renda si dedicherà all’insegnamento universitario e sarà uno dei maggiori storici siciliani.

Antonietta, rimasta una dolcissima comunista malgrado le tante delusioni accumulatesi negli anni, ha continuato a essere fedele ai suoi ideali di uguaglianza e di giustizia, anche se non più impegnata attivamente.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Antonietta Marino Renda

Anna Puglisi, Storie di donne. Antonietta Renda, Giovanna Terranova, Milly Giaccone raccontano la loro vita, Trapani, Di Girolamo 2007

Referenze iconografiche: immagine fornita da Associazione delle donne contro la mafia.

Voce pubblicata nel: 2012

Ultimo aggiornamento: 2023