Il 2 marzo 1835 nasce a Parigi Louise "une fille née de père inconnu". Sappiamo invece che si trattava del pittore litografo Auguste Bouquet con il quale la madre, Louise Eudoxie Boucher, aveva avuto una relazione durante una fase di rottura dal suo precedente rapporto con Gaspard Deburau, mimo divenuto famoso nelle vesti di Pierrot.

La vita non era stata tenera con la bruna, bella e vivace Louise Eudoxie. Orfana di madre ad appena sei anni, visse col padre che si era risposato nel 1813 con Margherite Agate Péchard. Incontrato Deburau, allora agli inizi della carriera, ne divenne la compagna dandogli quattro figli, ma il carattere geloso e nervoso di Gaspard fu la molla della separazione; Auguste Bouquet l’aveva conosciuto quando il pittore era impegnato col ritratto del mimo per il libro di Jules Janin, un importante critico parigino. Gaspard le intentò una causa civile adducendo quale motivazione la volontà della donna di togliergli i figli alla scopo di ottenere una rendita. La causa portata avanti il Tribunale civile il 27 ottobre 1832 ebbe una vasta risonanza mediatica, stante la notorietà degli imputati.

Louise Eudoxie Boucher, che aveva ben impressionato il Tribunale per la semplicità, la correttezza e la dignità dimostrata, uscì da questa situazione se non riabilitata almeno senza alcuna pena pecuniaria: perse però per sempre il diritto di rivedere i suoi bambini, non avendoli ella riconosciuti legalmente dopo la dichiarazione di nascita effettuata da Jean Gaspard. Riconoscimento legale che mancò anche per Louise, questa volta da parte del padre naturale Auguste Bouquet.

Nemmeno costui aveva avuto vita facile. Trasferitosi con la famiglia a Parigi, dalla nativa Abbeville, cominciò il suo apprendistato di pittore presso l’atelier di Ary Scheffer. La morte del padre però fu un duro colpo per le sue speranze d’artista e lo obbligò a provvedere non solo a sé, ma anche alla madre e alle due sorelle. Cominciò così a lavorare per Charles Philipon: disegnatore, litografo, giornalista, fondatore della casa editrice Aubert e direttore della «Caricature e di Charivari». Nel breve lasso di tempo, dal 1831 al 1835, Auguste produsse ben sessantacinque litografie. Amico dell’intellettuale François Sabatier fu da questi spronato a venire in Italia per un giro turistico per poi dedicarsi alla decorazione del palazzo fiorentino che Sabatier stava ristrutturando per l’amata Carolina Ungher. La morte lo colse nel 1846 proprio mentre era a Bagni di Lucca per ritemprarsi dalla sua malattia polmonare. La precoce morte del pittore e il nuovo coinvolgimento amoroso della madre con il pittore Dominique Papety, al quale diede due figlie, rese un’orfana a tutti gli effetti la povera Louise.

La fanciulla fu adottata dai Sabatier, che non avevano figli. Amata e cresciuta come una figlia, fra agi, cultura e spirito divenne un’adulta colta e raffinata con propensioni sia alla musica – si conosce una sua romanza dedicata al padre adottivo – sia alla pittura, tanto che il suo percorso artistico ebbe un seguito piuttosto importante con l’esposizione di Abbeville nel 1861. E “pittrice” si dichiarò nell’atto matrimoniale che la legava il 29 ottobre 1865, lei, trentenne, al cinquantanovenne Michele Amari, già famoso storico e arabista.

Si stabilirono nella grande villa La Concezione, sulle colline fiorentine, già rinomato ritrovo di cultura internazionale con i coniugi Sabatier. La personalità di Louise, messa in ombra dalla figura di grande spessore del marito, emerge nitida dalla fitta corrispondenza dell’Amari con l’intellinghentia internazionale:

La mia ottima moglie, francese di nascita, italiana quasi di educazione, e immedesimata ne’ miei pensieri politici e filosofici, è stata fin qui, come ottima così felicissima delle madri» o in altre in cui attesta la stima e l’amore per la moglie «per lo ingegno come per le virtù.

I coniugi frequentavano anche il salotto di Emilia Peruzzi, centro della vita culturale fiorentina della seconda metà dell’Ottocento, considerato se non il più notevole di Firenze capitale quantomeno, secondo De Amicis, il più originale e attraente. Proprio in questo salotto dove confluivano ministri, ambasciatori e professori ed in cui si dipanavano interessi politici, finanziari ed intellettuali si accese la discussione per la questione femminile. Emilia Peruzzi approntò un questionario che inviò a tutti i suoi amici, anche oltre Manica avvalendosi della traduzione del testo che fece l’amico Sonnino. Il questionario prendeva spunto dal libro di Mill The Subjection of Woman che già dal titolo suggeriva la subordinazione della donna e per la quale l’autore reclamava l’istruzione superiore, l’accesso alle libere professioni, la gestione dei patrimoni privati, il diritto di voto mentre altri spunti derivavano dalla revisione del codice, dalle conferenze di Anna Maria Mozzoni, dal dibattito sul suffragio universale, insomma da tutto quel corollario che faceva della donna ancora un essere con tanti doveri e pochi diritti. Il questionario, che fatto circolare in gran numero di copie travalicava anche i confini della cultura fiorentina, sottoponeva otto provocatori quesiti che esigevano una presa di posizione chiara relativamente alle proposte emancipazioniste del libro inglese.

La risposta, con lettera del 12 novembre 1872, non si fece attendere nemmeno da Louise Amari che, pur sostenendo con ferma convinzione che la giustizia vuole un’uguaglianza dei diritti, riteneva necessario sussistesse in campo educativo una differenziazione tra uomo e donna, dichiarava ancora di deprecare l’autorità maritale, perché una schiava non avrebbe potuto amare il proprio padrone, e concludeva che né una maggiore educazione né una maggiore libertà avrebbero fatto perdere alla donna le sue virtù. Convinzioni sostenute con determinazione contro il pensiero prevalentemente conservatore dell’epoca che voleva le donne al focolare, contestato da un ristretto numero di emancipazioniste.

Trasmise i propri valori anche ai tre figli nati dal suo matrimonio: Carolina, la primogenita, Francesca detta Checca e Michele Amari junior. Assieme alle figlie si dedicò a quelle opere di beneficenza attiva che insegnavano un lavoro alle più miserande creando, anche nella grande villa, una scuola di ricamo per le donne del paese di Trespiano.

Il ménage fra Louise e Michele Amari fu a quanto si sa una perenne luna di miele, così scriveva Louise nel 1879 all’amico Antonino Salinas:

"Personalmente, io son gratissimo a questa nazione, nella quale ho parecchi amici che amo, senza contare la Luisa ch’è degna di adorazione…" a cui fa da contrappunto la lettera di Louise dell’8 agosto 1906 al Presidente della Società della Storia Patria di Palermo: "La mia grave età mi procura di essere quasi cieca e spesso malata. Però desideravo rispondere in persona alla S.V. per ringraziarla della lettera scrittami il dì 8 luglio in memoria del I centenario della nascita di Michele Amari e amatissimo marito mio…".

Amore che non era mai venuto meno, anzi le sue ultime energie Louise le rivolse alla costante ricerca, fra i vari conoscenti, della corrispondenza del marito per la compilazione del carteggio fatto dal D’Ancona. Si spense nella sua villa il 19 febbraio 1909 e fu tumulata nella tomba di famiglia al Verano di Roma.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Louise Boucher Amari

Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Fondo Peruzzi, Cassetta 3, Ins.10

Tristan Remy, Jean Gaspard Deburau, Paris, L’Arche 1954

Michele Amari, Alessandro d’Ancona (a cura di), Carteggio di Michele Amari raccolto e pubblicato coll’elogio di lui letto nell’Accademia della Crusca, vol. II, Torino, Roux Frassati e c., 1896

Rosa Scaglione Guccione, Michele Amari presidente della Società Siciliana per la Storia patria, in Michele Amari storico e politico, atti del seminario di studi (Palermo, 27-30 novembre 1989), a cura di Andrea Borruso, in «Archivio Storico Siciliano», s. IV, vol. XVI, Palermo, 1990

Ivana Palomba, L’arte ricamata. Uno strumento di emancipazione femminile nell’opera di Carolina Amari, Le Arti tessili 2011

Sitografia: La Tour de Farges

Voce pubblicata nel: 2012

Ultimo aggiornamento: 2020