Chi oggi entra nella chiesa romana di San Luigi dei Francesi lo fa quasi esclusivamente per visitare la Cappella Contarelli, quella dipinta nel 1599 da Michelangelo Merisi da Caravaggio con gli episodi della vita del santo evangelista Matteo. La folla accorre a vedere la prima opera pubblica del pittore lombardo e trascura la sfolgorante bellezza barocca di una delle cappelle adiacenti.

Si tratta della cappella di San Luigi, realizzata da Plautilla Bricci, rinomata "pel valore nell’arte della pittura e architettura", come ricorda Filippo Baldinucci alla fine del Seicento 1.

Di Plautilla Bricci non è rimasto né un ritratto né una descrizione fisica. Possiamo immaginarla nel suo studio di architettura e di pittura, a casa sua, tra la parrocchia di San Giovanni in Ayno e Santa Lucia della Tinta, forse in uno di quegli isolati distrutti alla fine dell’Ottocento per fare spazio ai nuovi boulevard dei lungotevere. È in questo frammento di Roma che Plautilla dette vita agli schizzi, bozzetti e progetti delle sue opere, ed è da qui che l’architettrice seguì e diresse i suoi cantieri.

La fama le arrise quando era ancora in vita, e i contemporanei le riconobbero un ruolo di primo piano nella cultura artistica romana del XVII secolo. A educare Plautilla all’arte era stato il padre Giovanni, amico del Cavalier d’Arpino, il quale aveva tenuto a battesimo la primogenita di Giovanni e Chiara Recupita, Virginia. Vicini di casa, i Bricci e l’Arpino vivevano nel territorio di Santa Maria del Popolo, dove il Cesari aveva trasformato la sua casa alla Frezza in un circolo letterario e musicale, frequentato da artisti, eruditi, attori, ma anche artiste, erudite, attrici. Non è quindi difficile per Plautilla introdursi in questo ambiente, forse proprio attraverso casa d’Arpino, ora accademia d’arte, dove le donne erano benvenute. Così come lo erano dal 1607 nell’Accademia di San Luca, che l’avrebbe accolta a partire dal 1655. Dopo una prima educazione artistica ricevuta dal padre Giovanni, poliedrica ed eclettica figura di artista, Plautilla con molta probabilità frequentò l’atelier del Cavalier d’Arpino.

Giovanni Bricci promosse la carriera della figlia, inserendola nell’ampia cerchia di amicizie che era riuscito a costruire. Figlio di un "materazzaro" genovese, trasferitosi a Roma nella metà degli anni Settanta del Cinquecento, il Bricci poco più che bambino fu ammesso a partecipare alla scuola privata che Teofilo Sertori, avvocato concistoriale e uditore alla Sapienza, aveva istituito per suo figlio nel palazzo ubicato nei pressi di Pasquino.

L’amicizia con il Sertori aprì al Bricci la strada del successo. Deve essere stato il famoso avvocato a inserirlo nel coté francese romano, nel quale spiccava la figura di un personaggio chiave nella vita professionale di Plautilla Bricci: Elpidio Benedetti. Figlio di Andrea Benedetti, patrizio romano, e di Lucia Paltrinieri, Elpidio aveva altri tre fratelli: Cesare Andrea, monaco cappuccino, Gaudenzio e Flavia, monaca carmelitana nel convento di San Giuseppe a Capo le Case. A quindici anni divenne clerico e fu dotato di un beneficio di San Pietro, grazie al quale riuscì a completare gli studi in "utroque iure". Entrato a far parte della Curia con un ruolo secondario, la fortuna del Benedetti fu l’incontro con il cardinale Francesco Barberini, che lo inviò in Francia nel 1635 dove divenne segretario del cardinal Giulio Mazzarino, appena nominato nunzio. Nominato "abbas nullius", Benedetti fu incaricato, principalmente, di svolgere sia mansioni di ordine legale ed economico, sia di scegliere e acquistare oggetti preziosi ed opere d’arte nella città papale. Tra le tante attività, organizzò il viaggio di Bernini in Francia; sorvegliò l’operato e i progressi dei giovani artisti francesi a Roma, incaricati della progettazione del Louvre; tenne i contatti tra la corte e Pietro da Cortona.

L’incontro con Plautilla accadde al suo ritorno dalla Francia, quando, preso dall’entusiasmo di dover individuare giovani e talentuosi artisti da inviare a Parigi, iniziò a cercare tra le giovani promesse. Tra le tante, la sua attenzione ricadde anche sulla giovane Plautilla che muoveva proprio allora i primi passi nel mondo artistico romano.

Nella sua guida di Roma Pompilio Totti, nel 1638, racconta che a persuadere l’abate a una scelta così coraggiosa fu la sorella suor Maria Eufrasia della Croce, monaca pittrice carmelitana nel convento di San Giuseppe a Capo le Case, legata da amicizia profonda a Bricci. La scoperta di un’artista donna non avvenne a caso. Nella capitale francese il Benedetti aveva trovato un clima culturale e sociale profondamente diverso da quello romano. Ad affascinarlo fu il movimento delle “femme forte” sostenuto tanto dalle scrittrici protofemministe come Marie De Gournay e Madeleine de Scudéry, che dalle moderne sovrane Maria de’ Medici e Anna d’Austria.

Plautilla entra nel mondo artistico nella seconda metà degli anni Trenta, anche se sono pochissime le opere di questo periodo giunte fino a noi. Due documenti, uno del 1655 e uno del 1671, ci dicono che fu accademica di San Luca, anche se non si conosce la data di ammissione 2. Visse sempre con la famiglia d’origine e non prese mai i voti, come riferito dallo Zani che deve aver confuso Plautilla Bricci con Plautilla Nelli, monaca e pittrice, attiva a Firenze tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, 3 dando così origine a un’errata tradizione storiografica.

La storia della sua prima opera nota rientra nel cliché di genere. Secondo l’incisore Pietro Bombelli la Madonna con Bambino, dipinta per la chiesa dei carmelitani di Monte Santo a Roma, fu associata a un avvenimento miracoloso. Dopo aver terminato il piccolo Gesù e il busto della Vergine, Plautilla, che Bombelli dice "giovinetta", non riusciva a lavorare sul volto della Madonna. Stanca e mortificata, pensò di andare a riposare e, una volta sveglia, trovò l’opera completata per mano divina. Tale fu lo stupore e lo smarrimento che la famiglia decise di donare alla nuova chiesa del Carmine l’immagine, che nel 1659 fu coronata dal Capitolo di San Pietro.

Nei primi anni Quaranta Plautilla lavorò per Antonio degli Effetti che la cita, insieme a molti altri artisti, nel Discorso sullo Studiolo di pittura nella Galleria della Ricchezza. Per il palazzo romano del famoso umanista e erudito, ben inserito nella corte dei Barberini, l’artista realizza, con la collaborazione di altri, un grande mobile da collezione, o stipo, descritto anche da Giovan Pietro Bellori nella sua Nota delli Musei (1665) 4.

Successive testimonianze artistiche risalgono al 15 novembre 1644 quando nei registri dei mandati di pagamento del cardinale Francesco Barberini senior è documentato un pagamento di trenta scudi per un San Francesco e l’Angelo e per una Natura morta con fiori. Qualche mese più tardi, Giacomo Albano Ghibbesio lascia nell’inventario dei sui beni la testimonianza di "due Portiere di corame grandi in argento, e oro, dipinte con le mie armi dalla Plautilla; il disegno di Pietro da Cortona, con qualche invenzione mia".

La vera fama le arrise come architettrice, in particolare grazie ai due gioielli della cultura barocca romana che ha lasciato: la cappella di San Luigi nella chiesa di San Luigi dei Francesi e Villa Benedetta, sontuosa dimora poco fuori porta San Pancrazio sul Gianicolo. La prima prova di architettura è documentata da schizzi e disegni lasciati in un taccuino di appunti realizzato in occasione della ristrutturazione della Domus Magna di Elpidio Benedetti. Nel 1656 l’abate prese in affitto dai padri della Maddalena un edificio in via di Monserrato, di fronte alla chiesa di San Giovanni in Ayno, dove visse, insieme alla madre Lucia, alla serva Virgilia Angelini e a quattro servitori, per oltre trenta anni, fino alla morte avvenuta in questa stessa casa il 9 dicembre 1690 5. Subito dopo aver firmato il contratto, Benedetti chiese l’autorizzazione per rimodernare il palazzotto che in due anni di lavori venne trasformato in una vera e propria "domum magnam" 6, con una corte interna, tre piani e una loggia, ancora oggi individuabile nell’edificio al civico 24 di via di Monserrato.

Nel 1660 licenzia la Nascita della Vergine per la chiesa del monastero benedettino di Santa Maria in Campo Marzio. La monumentale pala evidenzia stringenti parallelismi compositivi e stilistici con l’opera d’analogo soggetto eseguita per la chiesa di Santa Maria di Loreto dal Cavaliere d’Arpino, il suo primo maestro. A Torino, nella Biblioteca Nazionale, è conservato un folio con le armi e le virtù del Mazzarino, disegno di raffinata eleganza realizzato per la grande macchina effimera teatrale costruita per le onoranze funebri del cardinale, celebrate il 28 aprile 1661, a Roma nella chiesa dei SS. Vincenzo e Anastasio.

Nel 1663 arrivò l’occasione della vita. Elpidio Benedetti la incarica di progettare e seguire i lavori della sua villa, che sarebbe sorta sulla Aurelia Antica, subito dopo Porta San Pancrazio. Distrutta nell’assedio del 1849, la villa rappresentava un unicum nell’architettura civile romana. La forma allungata, con i lati minori prospettanti l’uno sull’Aurelia e, l’altro, verso il Vaticano, le fece assumere l’appellativo de Il Vascello, nome che presto passò a definire anche il toponimo di tutta l’area. Secondo una tradizione letteraria creata dalla stesso Benedetti nel suo libercolo Villa Benedetta, pubblicato con lo pseudonimo di Matteo Mayer nel 1677, l’architetto del complesso sarebbe stato Basilio Bricci. Le guide di Roma del Seicento e Settecento riportano anche, o solo, il nome di Plautilla, accompagnato spesso da attributi di encomio. Un documento conservato all’Archivio di Stato di Roma riporta fedelmente il testo di un’iscrizione fatta incidere in una lastra murata insieme alla posa della prima pietra della villa. Essa riferisce: "JANI TEMPLO/ PROPTER BELLUM INTER QUIRITES ET GALLO / RESERATO / ELPIDIUS ABBAS DE BENEDICTIS ROMANUS/ IN GALLIS DEGENS/ DOMUM IN URBIS JANICULO QUIETI EXTRUXIT/ PLAUTILLA BRICCIA/ ARCHITECTURA ET PICTURA CELEBRIS/ PRIMUM LAPIDEM POSUIT/ ANNO SALUTIS MDCLXIII", e inconfutabilmente attribuisce la maternità della villa «edificata a similitudine di un vascello sopra uno scoglio» alla Bricci 7.

Nello stesso archivio la “Signora Plautilla Bricci architettrice” ha "lasciato" sette disegni della pianta e dell’alzato dell’edificio, la cui analisi rivela la suggestione da modelli oltremontani, suggeriti e concordati con il committente che amava dilettarsi di architettura.

L’amicizia con il Benedetti e la protezione dei Barberini assicurarono all’artista altri lavori collegati alla corte di Francia. Nel 1664 una rissa tra alcuni soldati della guardia corsa di papa Alessandro VII e le truppe francesi, che godevano della protezione dell’ambasciata di Francia a Roma, pose fine all’esistenza di questo corpo di guardia, a servizio della Chiesa almeno dal 1603 8. Per ricordare l’evento, Plautilla fu incaricata di realizzare la cosiddetta piramide di Luigi XIV, distrutta già nel 1668.

Non è ancora chiara la strategia politica che permise alla Bricci il privilegio di poter progettare e realizzare la cappella dedicata a San Luigi IX nella chiesa della nazione francese a Roma. Plautilla veniva chiamata a formalizzare con l’architettura e la pittura una delle pagine più controverse e turbolente della storia contemporanea, rendendo manifesto il ruolo simbolico che essa sosteneva nei rapporti diplomatici tra la corona e il papato. Trionfo di marmi policromi, stucchi dorati, bianchi e colorati, la cappella è un piccolo manifesto della cultura barocca romana, analoga per fasto e creatività alle coeve realizzazioni berniniane o borrominiane, che trova nella pala raffigurante San Luigi tra la Fede e la Storia la gloriosa celebrazione della nazione francese. Il re santo troneggia in primo piano, solleva con la mano destra lo scettro e regge con la sinistra la Croce; alle sue spalle si assiepano soldati che sventolano la bandiera della corona francese e quella dei crociati. Nella parte superiore, angeli e cherubini offrono la palma del martirio al Princeps Clarissimus et Magnus, il difensore della fede all’epoca dei crociati e novello protettore dell’ortodossia cattolica contro l’avanzata protestante-calvinista.

Che la scelta di affidare a Plautilla, una donna, un lavoro fondamentale per la nuova politica filopapale della Francia può giustificarsi solo con l’intervento della sovrana Anna d’Austria, benefattrice e sostenitrice di artiste e della creatività femminile, e desiderosa di continuare nella chiesa romana l’opera di matronato iniziata e promossa da Maria de’ Medici al momento della costruzione della stessa chiesa.

Nel 1672 Plautilla affronta coraggiosamente un tema iconografico che sta nascendo in Francia nell’ambito della devozione promossa dalla visitandina Margherita Maria Alacoque, in seguito alle sue esperienze mistiche. La Presentazione del Sacro Cuore all’Eterno Padre (Città del Vaticano), originariamente destinata alla Sagrestia dell’Oratorio del Santissimo Sacramento al Laterano, è la prima rappresentazione del soggetto che sarà destinato ad essere successivamente sostituito dal dipinto eseguito da Pompeo Batoni e tuttora conservato nella Chiesa del Gesù a Roma.

Nel Giubileo del 1675 la Compagnia della Misericordia di Poggio Mirteto, che gode della protezione del nipote di Urbano VIII, commissionò a Plautilla lo stendardo processionale: una tela di grandi dimensione, dipinta sui due lati, con la Nascita e il Martirio del Battista, conservata oggi nell’Oratorio di San Giovanni a Poggio Mirteto. Nella Collegiata ha lasciato una raffinatissima decorazione in stucco bianco e dorato, con storie dell’Antico e del Nuovo Testamento, eseguita probabilmente tra il 1675 e il 1684. Un trionfo barocco di nubi, angeli e di eleganti silhouettes, dove rivive l’estro berniniano già sperimentato nell’ornamento a stucco della cupola della cappella di San Luigi dei Francesi. Un San Domenico e un San Francesco sono gli ultimi due affreschi ricordati dalle fonti e già nella cappella del Santissimo Sacramento presso l’Arciconfraternita lateranense.

Nel 1692 alla morte del fratello Basilio, Plautilla ormai molto anziana e che non si era mai sposata, entrò nel Monastero di Santa Margherita a Trastevere, dove morì il 13 dicembre 1705. Il Libro dei Morti la annota come "Plautilla Signora Romana".

In bilico tra classicismo e barocco, il successo di Plautilla Bricci si può comprendere tenendo in considerazione sia gli stimoli e i modelli culturali che provenivano d’Oltralpe, sia i cambiamenti pedagogici, le mutate condizioni economiche del tempo, nonché la nascita e lo sviluppo di una nuova forma di famiglia. La storia delle donne, delle donne inserite in un ambiente culturale e produttivo, non è, infatti, solo la storia di un’idea da relegare in un settore particolare della storiografia artistica, ma è da ricollegare, in un fittissimo intreccio interdisciplinare, con la storia delle idee politiche, con la storia della famiglia, e della relazione tra i sessi all’interno della famiglia, con l’economia e con la religione. Plautilla ne è un esempio. Seppe muoversi tra la protezione del padre e il sostegno dei suoi committenti; non si sposò e non ebbe figli; visse del suo lavoro, per il quale ebbe anche delle discrete soddisfazioni economiche; creò un modello che, sfortunatamente, gli eventi storici non permisero di sviluppare. Plautilla Bricci condivide con le sue colleghe Artemisia Gentileschi, Virginia da Vezzo, Anna Maria Vaiani, Maddalena Corvina, Giovanna Garzoni, non solo la frequentazione di accademie, ma anche lo svolgersi e lo sviluppo della storia dell’arte.

Note


1 F. Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno da Cimabue in qua, 1681-1728.
2 ASASL, Libro del Camerlengo, 1655, 1671.
3 P. Zani, Enciclopedia metodico critico-ragionata delle Belle Arti, 1819, parte 1, Vol. III. 3.
4 Roma, Biblioteca Casanatense, ms. 2372, ff. 18-26. I ff. 4-17. Di questa versione esiste un’edizione a stampa Studiolo di pittura nella Galleria della Ricchezza in casa dell’abate Antonio degli Effetti, e discorso del medesi medesimo, edito da Giovan Battista Molo, Roma, s.d. (BAV, Cicognara III.M75 int. 5). Per la descrizione dello studiolo e la trascrizione del discorso (ff. 18-26) si veda R. BONNEFOIT, “Aurum omnia vincit” lo “Studiolo della Ricchezza” dell’umanista romano Antonio degli Effetti, in «Dialoghi di Storia dell’Arte», 1997, 4/5, pp. 74-99; EADEM, “Amor omnia vincit”. New documents on an early work of Mattia Preti, in «The Burlington Magazine», 140.1998, 30-33.
5 AV, Stati delle Anime, San Giovanni in Ayno, 1658. Lucia, di settant'anni; la serva Virgilia Angelini romana, di cinquantacinque anni; quattro servitori, Pietro Ginelli da Senigallia, di ventidue anni; Nevio Baldini di Gualdo da Nocera, di ventisette anni; Carlo de Gregorj da Macerata, di trentadue anni; Francesco Palmieri da Castelletta, di ventotto anni.
6 AS, AC, Mutius Guidottus, vol. 3669, cc. 33, 45, 54, 69, 71. Fra le pagine 34-35 un fascicoletto "originale della fabbrica dell’Ill.mo Sig. Elpidio Benedetti in contro a Monserrato cioè vicino alli sig. Ricci nella casa de i Padri della Maddalena".
7 Roisecco, 1750.
8 La presenza di una colonia corsa a Porto è attestata sin dal IX secolo, nello stesso tempo in cui esisteva un convento di monache corse lungo la via Appia. Nonostante le incertezze documentarie, la fondazione di un corpo militare formato esclusivamente da corsi si fa risalire al 1378, in coincidenza con la fine della cattività avignonese. È però solo nel 1603 che papa Clemente VIII arruolò in Corsica seicento fanti i quali formarono un corpo militare composto esclusivamente di corsi con funzioni di guardia del pontefice e di milizia urbana. I soldati si acquartierarono nel rione Regola, nei pressi della chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini, non lontano da Ponte Sisto, e in rione Ponte, in vicolo dei Soldati, che deve il suo nome a un’altra caserma occupata dai soldati corsi. Un altro luogo frequentato dai corsi era vicolo dell’Armata, a Regola, con una corta stradina che collega via Giulia con la riva del Tevere. La guardia corsa fu rafforzata nel 1637, quando, a causa di un aumento della criminalità in città, vennero arruolati quattrocento soldati. I corsi erano famigerati a Roma per la loro tendenza a partecipare a scontri e risse, e i soldati della guardia non facevano eccezione. La rissa del 1662 causata anche dall’abuso del cosiddetto “diritto di quartiere” pose fine all’esistenza della guardia e confermò il ruolo di leadership della Francia nello scacchiere internazionale.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Plautilla Bricci

Consuelo Lollobrigida, Plautilla Bricci. Pictura et Architectura celebris. L’architettrice del Barocco Romano, Roma, Gangemi 2017

Carla Benocci, Villa Il Vascello, Roma, Erasmo 2003

John Varriano, Plautilla Bricci “Architettrice” and the Villa Benedetti in Rome, in An Architectural Progress in the Renaissance and Baroque. In and Out of Italy: Essays in Architectural History Presented to Helmut Hager on his Sixty-Sixth Birthday. Ed. by Henry A. Millon and Susan Scott Munshower. University Park: Pennsylvania State University Press, 1992, 266–79

Olivier Michel, Plautilla Bricci, in Dizionario biografico degli italiani. Roma: Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1961–. XIV (1972), 220–24

Referenze iconografiche: Plautilla Bricci, Cappella di San Luigi, Roma Chiesa di San Luigi dei Francesi. Foto di Jean Paul Grandmont. Creative Commons Attribution 4.0 International

Voce pubblicata nel: 2020

Ultimo aggiornamento: 2023