Nasce a Boulder, Colorado, da una famiglia di artisti e lì frequenta la scuola pubblica. Il padre è un pittore, la madre una ceramista. Spende però molti anni della sua infanzia in Italia. A Firenze, per esempio, frequenta la seconda elementare e quasi tutte le estati a partire dal 1969 le passa con la famiglia ad Antella.

Nel 1972-1973 frequenta il collegio presso la Abbott Academy di Andover, nel Massachussets, dove scopre la fotografia e inizia ad appassionarsi a questo linguaggio. Ha 13 anni quando si scatta il primo autoritratto. Nel 1973-1974 frequenta la Philips Academy di Andover e poi torna a Boulder, dove si diploma nel 1975.

Sono proprio gli anni tra il 1975 e il 1978 che plasmano gran parte del suo lavoro, mentre studia presso la Rhode Island School of Design di Providence. Il suo precoce talento, nutrito di una comprensione personale sofisticata della fotografia e la sua maturità artistica emergono in maniera spiccata. È in questo periodo che vengono organizzate alcune mostre personali: alla Addison Gallery of American Art, Andover, Massachusetts (1976) e la mostra di tesi alla Woods-Gerry Gallery, RISD, nel 1978.

Tra il 1977 e il 1978 Francesca Woodman vive a Roma grazie al RISD-European Honors Program, e presenta una mostra personale alla Libreria Maldoror nel 1978. Sarà per lei un luogo importante di incontro di alcuni artisti e amici, crocevia di scambi e stimoli che lasceranno traccia della sua permanenza italiana.
Si trasferisce nell'East Village di New York nel 1979 e trascorre l'estate a Stanwood, Washington. A New York, si interessa alla fotografia di moda per potersi mantenere e dedicare con maggiore autonomia al suo lavoro artistico: produce alcuni servizi nel 1979 e nel 1980.

La sua arte non ottiene invece molto riconoscimento. Le sue idee vengono spesso rifiutate, tuttavia non smette mai di scattare e dar voce alla sua ricerca: nel corso della sua vita produce 10,000 negativi, di cui 120 fotografie sono stampate, in piccolo formato. Un autoritratto mobile perpetuo: nelle sue fotografie s’è sempre lei: il suo corpo in movimento, sfocato, sfuggente. La sua presenza descritta è più intuita che materica, più sognata che concreta. Il suo volto in uno specchio, tra gli stipiti di una porta, dietro una finestra, nell’angolo di una stanza. Il suo corpo nudo nella cornice di uno spazio in cui dialoga con un prato, un pavimento, una manciata di fiori. Adotta un’esposizione lunga o una doppia esposizione, come se volesse far entrare il tempo nei suoi scatti, come se volesse sfumare i contorni e le interazioni tra i soggetti ritratti e l’ambiente circostante. Si avverte la suggestione dello straniamento, del surrealismo, una ricercata teatralità che mette in scena il soggetto – sé stessa – in una miriade di situazioni descritte senza ricercare una quiete compositiva, e tuttavia proprio per questo risulta drammaturgica ed efficace.

Il suo corpo vive e dialoga –anche eroticamente – con gli abiti, gli specchi, le tende; esprime l’esistenza come passaggio e movimento, qualcosa che la fotografia può solo evocare. I suoi autoritratti sono molto lontani dalla fissità “monumentale” del genere figurativo, quasi a descrivere del soggetto la sua effimera presenza, la sua fantasmatica esistenza: un gioco e una perpetua messa in scena difficile da raccontare se non con le immagini.

Durante l'estate del 1980 diventa membro della prestigiosa MacDowell Colony nel New Hampshire. Poi torna a New York e si dedica allo sviluppo di una serie di diazotipi su larga scala, stampati su carta da architetto blu o seppia.
Durante la sua vita, Woodman è stata inclusa in mostre collettive alla Galleria Ugo Ferrante, Roma, 1978; Daniel Wolf, Inc, New York, 1980; e l'Alternative Museum, New York, 1980, dove ha presentato il Temple Project.

Il Temple Project è un lavoro importante, grande e complesso. Si tratta di diazotipi in cui riprende se stessa e i suoi amici in posa tra interni classici, con un richiamo alle fotografie di architettura. Ora si trova nella collezione del Metropolitan Museum of Art di New York. Il suo libro d'artista, Some Disordered Interior Geometries, è stato pubblicato da Synapse Press nel 1981.

Francesca Woodman sceglie di porre fine alla sua vita lanciandosi dal suo appartamento nell’Upper East Side a New York, lasciando in eredità a chi l’ha amata, come giovane donna e come artista, l’impronta di un’inquietudine densa di pulsione e di visione, di fragilità e di bellezza impalpabile.
Dalla sua morte i suoi genitori si sono dedicati al suo archivio, circa 800 fotografie. È stato poi realizzato un documentario The Woodmans, e mostre nel Regno Unito e negli Stati Uniti. La più importante, al Museum of Modern Art di San Francisco, è stata allestita anche nel 2012 al Guggenheim di New York.
La potenza della sua fotografia è vista e apprezzata solo dopo la sua morte in maniera compiuta.


Rosita Poloni

Leggi tutte le voci scritte da Rosita Poloni


Voce pubblicata nel: 2016

Ultimo aggiornamento: 2024