"Mi piace vestirmi di rosso": Laura Valle nel 2012 l'ha rievocata così in un documentario il cui titolo fotografa al vivo una delle leader del femminismo storico italiano degli anni 1960/'80. La donna, nata in una famiglia borghese romana e cresciuta negli anni della dittatura fascista, non poteva prevedere che sarebbe diventata una contestatrice libertaria di ogni riduzione di libertà e una sostenitrice appassionata dei diritti delle donne.

I condizionamenti delle scuole di regime impedivano a bambini e adolescenti di formarsi una qualche consapevolezza della realtà esterna: una ragazzina che aveva un padre magistrato con incarichi istituzionali e una mamma che, dopo la morte del marito, era diventata la relazione familiare dominante, non poteva uscire dagli schemi chiusi del tempo. Entrò all'università all'inizio della seconda guerra mondiale, studiò lettere moderne. Faceva volontariato alla Biblioteca Alessandrina, quando sul quartiere San Lorenzo si scatenò il bombardamento più grave su Roma. Si laureò nel 1945, quando i giovani dovevano prendere posizione nella società finalmente libera. Aveva studiato inglese - perfezionato a Liverpool con una borsa di studio - ed era interessata in particolare alla linguistica, approfondita poi negli Stati Uniti; fece l'insegnante; scrisse qualche libro scolastico; incontrò un compagno adatto a lei che sposò dopo molti anni di libera convivenza e con cui morì in un incidente stradale nel 1988. Ma non fu solo una cittadina comune.

Chi l'ha conosciuta durante le lotte del femminismo, quello che abbandonava l'emancipazione per la liberazione e che stava scaldando le polveri anche in Italia, trovò in Alma Sabatini non la prevedibile signora borghese frequentatrice di salotti intelligenti, ma una donna elegante, politicamente impegnata - aveva aderito allo spirito libertario del Partito Radicale fin dal 1963 - a cui l'esperienza aveva dato immediatamente l'idea che nessuna politica poteva far progredire il paese senza l'apporto femminile: non bastava più aver letto Simone de Beauvoir, bisognava fare qualcosa. Le donne erano escluse dallo spazio pubblico in un'Italia - non era un'eccezione - che restava tradizionalista e bigotta, anche se nelle istituzioni veniva eleggendo un numero ridotto ma crescente di rappresentanti del "secondo sesso".

Mancava una politica di promozione dei diritti e nel sostanziale sessismo di tutti i partiti bisognava creare una dinamica alternativa, formare un consenso delle donne e tentare di partire dai movimenti d'opinione per un impegno realmente innovatore. Alma non era certo la sola femminista in quegli anni già caldi e non mancavano iniziative di gruppi, circoli, associazioni che non sempre hanno fatto la storia perché facevano capo ad attività private, prive di collegamenti nazionali e di mezzi e capacità per diffondere conoscenza, mentre l'Udi o le sezioni-donna dei partiti subivano il freno dei patriarchi. Ma la sua passione era maturata da un'esperienza faticosa e tentava nuovi percorsi strategici.

Nel 1970 fondò - e ne fu la prima presidente - il Movimento di liberazione della donna, l' "emmelledì" come si diceva in quegli anni. Diede impulso alle esperienze di autocoscienza che inducevano le ragazze di allora alla conoscenza delcome "genere". Dato che la televisione non aveva ancora grande impatto - un solo canale, di governo - le donne tentarono la via della stampa: con grande coraggio pubblicarono il mitico Effe e si permisero perfino l'avventura di un Quotidiano Donna. Nel 1978, le redazioni di Effe, Noi Donne, Radio Lilith vararono un comitato per promuovere una legge contro la violenza sessuale.

Erano anni cruciali che la lontananza temporale rende opachi, ma che hanno avviato e, tutto sommato, mantenuto la piattaforma sociale di passione e iniziativa sui problemi che riguardano direttamente i diritti delle donne: la legge Merlin era stata emanata nel 1958, si discuteva del divorzio, confermato dal referendum nel 1974, si praticava l'autocoscienza, c'era impegno per l'educazione sessuale che ancora oggi non è entrata nelle scuole. Il governo non era certo disponibile al femminismo e nemmeno la sinistra: l'8 marzo 1972 contro una manifestazione, pur autorizzata, la polizia caricò il corteo e Alma finì al pronto soccorso ferita alla testa.

Quando era già avviato l'impegno per una legge che ammettesse l'aborto, anche Alma nel 1963 fece autodenuncia politica di quel "reato", non commesso ma condiviso, in difesa di Gigliola Pierobon, una ragazza padovana che aveva abortito sul solito tavolo di cucina della mammana e che subì un processo a porte chiuse che fece scalpore e terminò con il "perdono giudiziale" per una minorenne, senza che la sentenza entrasse nel merito dell'art. 545 del codice Rocco allora vigente. Il governo restava ostile all'affermazione dei diritti di libertà e Alma Sabatini che già ne conosceva la repressione fu denunciata per la solidarietà al caso, fu processata per aborto e apologia di reato; fu definitivamente prosciolta nel 1986.

Ma Alma Sabatini non è stata solo una delle veterane in mezzo alle tante femministe doc: le donne italiane le sono debitrici di un impegno istituzionale di grande valore simbolico e politico. Nel 1986 era stata costituita la Commissione Nazionale per la parità e le pari opportunità tra donne e uomo, voluta dal governo, e Alma ne fece parte insieme con altre femministe: riuscirono, nello stesso anno, a far pubblicare nelle edizioni della Presidenza del Consiglio le Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana per la scuola e la editoria scolastica e, l'anno dopo, Il sessismo nella lingua italiana.

Si tratta di testi con i quali la Commissione, su proposta di Anna, si faceva carico di un problema ambizioso: portare formalmente all'attenzione dello Stato e della cultura la questione della negazione linguistica del valore femminile. Bisognava riportare alla correttezza la morfologia che ha sempre mantenuto errori comuni voluti dalla discriminazione sessista, subdolamente, nella declinazione grammaticale dei generi: non c'è nessuna ragione al mondo di non usare il femminile (desinenza in -a) per i nomi che al maschile escono regolarmente in -o) per maestro/maestra e non per l'analogo ministro/ministra, sindaco/sindaca, avvocato/avvocata. A meno che il pregiudizio non intenda riservare, anche nel linguaggio, i valori gerarchicamente "alti" propri del potere dell'uomo.
Eppure si sa che, proprio il linguaggio, che nei secoli è cresciuto escludente il valore femminile, rispecchia la società in cui si forma: non è così innocuo riconoscerne la spontaneità sostenuta dal manzoniano prevalere dell'uso nel creare la lingua. La società dei parlanti infatti si conforma alla società dei giudicanti: per questo un discorso democratico, applicato alla cultura e alla scuola fin dagli asili e dalle elementari, non può continuare ad attribuire un primato di autorevolezza al lessico maschile.

Ancor oggi, nonostante il riconoscimento dell'importanza simbolica del linguaggio e la presenza in tutti gli atenei di cattedre di sociolinguistica e psicolinguistica, restano intellettuali e politici - purtroppo anche donne - che riconoscono prioritario il valore della tradizione, come se la linguistica non facesse storia e non risultasse addirittura imbarazzante per i cerimoniali, che, obbligati al usare il formulario tradizionale in cui il maschile "può rappresentare anche le donne", possono commettere errori formali - l'aveva subito sperimentato Tina Anselmi, la prima donna ad essere ministra - quando i titolari di dicasteri sono donne.
Le donne che oggi sono a capo dei governi non hanno problemi: "presidente è un participio e resta regolarmente invariato, anche se gli ignoranti ricorrono a presidentessa. Il caso di studentessa, come molti nomi di professioni che al femminile assumono la desinenza -essa, sono legati alla concessione data quando la norma smise di disconoscere il diritto all'istruzione delle bambine, che, però, non dovevano essere "studenti" come i maschi salvando anche il participio.

L'importanza di Alma Sabatini è di avere promosso e proposto la critica sul sessismo, implicito alla tradizione linguistica, all'interno delle istituzioni: un attacco al cuore dello Stato. Se avesse scritto un libro sul "genere del linguaggio" pubblicato da Laterza o Mondadori avrebbe avuto un successo personale di non piccolo guadagno e forse sarebbe uno dei testi memorabili (Dalla parte delle bambine è del 1973) nella tradizione femminista. Nelle edizioni dello Stato aveva significato istituzionale, normativo. Oggi sembra una sconfitta, se qualche eletta dal popolo sovrano preferisce essere chiamata deputato, senatore, ministro.

A conferma delle intenzioni di dare sanzione autorevole alla visione femminista, seguì la pubblicazione nelle edizioni della Presidenza del Consiglio di Immagine Donna, dedicato alla rappresentazione pubblicitaria irrispettosa della dignità femminile e intenzionata a svilire l'autenticità delle immagini pubbliche delle donne. La creatività femminista di Alma aprì così la via a Codice Donna (1985) e ai due volumi dei Diritti delle Donne (1988) editi a cura delle parlamentari socialiste del governo.
Si tratta di repertori giuridici di grande utilità per la ricerca, ma destinati all'uso del Parlamento come di qualunque studio giuridico, non propedeutici a nuove formulazioni di norme destinate ad aprire la fantasia del legislatore a formarsi una "visione" innovativa per la politica generale a partire dal Parlamento. Purtroppo nessuna di queste pubblicazioni ha avuto un percorso sostenuto dalle istituzioni e da ciascuno/a dei rispettivi membri a livello regionale e comunale, e ancor oggi nelle scuole i docenti non sono chiamati a rendersi conto del fatto che, come diceva Alma Sabatini,
"la lingua viene praticamente trattata come se fosse un mezzo oggettivo di trasmissione di contenuti. Si crede di poterla controllare, manipolare secondo i propri bisogni e i propri scopi; e invece ci sfugge quanto sia essa stessa controllare e manipolare noi e la nostra mente: non siamo sempre noi a parlare la lingua, ma è la lingua stessa che ci parla".

Ancora le manca un cappellino rosso.


Fonti, risorse bibliografiche, siti su Alma Sabatini

Archivio della Casa internazionale delle donne, Fondo Alma Sabatini (FAS)

Riferimenti iconografici
Foto per gentile concessione di Archivia, Roma


Voce pubblicata nel: 2023

Ultimo aggiornamento: 2023