Come Plutone nel nostro sistema solare, Dorothy Strachey ha orbitato a lungo attorno ai margini del Bloomsbury Group, l’influente circolo di intellettuali fondato agli inizi del ‘900 intorno alla figura di Virginia Woolf, rimanendo riconosciuta ma mai pienamente legittimata da una critica che ha preferito rivolgere il telescopio verso corpi celesti più centrali, come il fratello minore Lytton Strachey, saggista e biografo eccentrico e tra i più stretti amici di Virginia, ma non per questo più luminosi.
Il nostro piccolo pianeta nasce il 24 luglio del 1865 a Londra da una famiglia appartenente all’élite intellettuale vittoriana. Terza dei tredici figli di Sir Richard Strachey, ufficiale dell’Indian Civil Service, e di Jane Grant, scrittrice e attivista suffragista, la casa dove trascorse gran parte della sua giovinezza esiste ancora, a Lancaster Gate, vicino Kensington Gardens. Viene educata privatamente tra Francia e Inghilterra sempre sotto la guida dell’educatrice francese Marie Souvestre, amica della madre di Dorothy e presenza abituale in casa Strachey, e dopo aver frequentato il collegio di Les Ruches e l’Allenswood Academy, diventa insegnante di quest’ultima; tra le sue alunne ci sarà anche Eleanor Roosevelt, futura moglie del presidente degli Stati Uniti.
Nel 1903 una Dorothy quasi quarantenne, dopo aver rifiutato diverse proposte di matrimonio, diventa l’eroina di una rivoluzione familiare sposando (con quello che suo fratello Lytton avrebbe definito in seguito uno "straordinario coraggio") il pittore francese Simon Bussy, che all’epoca lavorava a Londra, cinque anni più giovane e figlio di un calzolaio. "Lancaster Gate", dice Lytton, "fu scosso dalle fondamenta", ma il matrimonio ebbe luogo (un matrimonio discreto, senza cerimonie) e la coppia si stabilì in una piccola dimora appartenente agli Strachey nel sud della Francia, a Roquebrune, di fronte alla baia di Monte Carlo; lo splendore del panorama compensava la sobrietà della casa. Tre anni dopo, dal loro amore nascerà la loro unica figlia, Jane Simone Bussy.
Oltre a Roquebrune, l'altro polo della vita della piccola famiglia Strachey-Bussy era Londra, e più in particolare gli ultimi due piani della casa al 51 di Gordon Square (quando era ancora Miss Stephen, Virginia Woolf abitava al numero 46 con i suoi due fratelli e la sorella Vanessa); negli anni, questa piazza divenne uno dei luoghi di ritrovo più famosi della vita letteraria inglese: il centro intellettuale e sociale di Bloomsbury. Nelle lettere di Dorothy ricorrono i nomi di molti membri del Bloomsbury Group, tra cui Duncan Grant, Lady Ottoline (con la quale si ritiene Dorothy, bisessuale, ebbe una relazione), Dora Carrington, Leonard e Virginia Woolf; tuttavia, rispetto alla sorella Marjorie o i fratelli Oliver, Lytton e James, Dorothy venne sempre considerata un “outsider”. Era soprattutto una questione di età: Virginia aveva esattamente la stessa età di Marjorie, mentre Dorothy aveva sedici anni più di loro, quasi un'altra generazione; inoltre, Dorothy tornava in Inghilterra praticamente solo d'estate, ogni anno lo stesso schema: alla fine di maggio, la migrazione verso Londra; a fine settembre il viaggio di ritorno a Roquebrune.
Nel 1918 Roquebrune-Cap-Martin è una vera e propria oasi artistica che accoglie un numero importante di artisti e scrittori, e Dorothy conosce André Gide: i due diventano amici. Lei gli insegna l’inglese, lui le affida i suoi testi e, molto presto, Dorothy diventa la sua traduttrice ufficiale: le sue traduzioni saranno fondamentali per la diffusione dell’opera del premio Nobel nel mondo anglosassone, contribuendo a veicolare un’idea di modernità letteraria attraversata da interrogativi sul desiderio, la fede e la libertà sessuale. Un fitto carteggio, intenso e appassionato, testimonia la profondità del loro legame, che per Dorothy talvolta assumeva i contorni di una vera e propria ossessione. È il 5 dicembre 1933 quando al termine di una delle sue lettere Dorothy gli scrive: “P.S. Un segreto da portare nella tomba. Ho scritto un libro!”
Quel libro è “Olivia”, è il suo unico romanzo, racconta la passione adolescenziale di una studentessa inglese per una delle sue insegnanti all’interno di un istituto femminile in Francia ed è, chiaramente, autobiografico. Lo ammette la stessa Dorothy, che nella prefazione scrive:
Ciò che mi accadde durante l’anno di scuola che passai in Francia mi sembra rapprendersi naturalmente nella forma di un racconto (…), in poche decine di pagine ho condensato la storia di un anno intero (…), l’anno in cui ogni esperienza vitale mi giungeva per la prima volta, (…) l’anno in cui per la prima volta acquistai coscienza di me stessa, dell’amore e del piacere, della morte e del dolore (…).
Dorothy, infatti, aveva imparato ad amare la letteratura francese proprio nel periodo trascorso a Les Ruches, che diventerà in Olivia l’immaginaria scuola di Les Avons: sarà lì che Olivia, sedicenne protagonista del romanzo, avrà un’infatuazione per la sua insegnante, M.lle Julie, una figura molto probabilmente basata su Marie Souvestre.
(…) Davanti a lei, sul tavolo, c’era una lampada che illuminava il suo libro e il suo volto. Seduta al suo fianco, guardandola di sotto in su, la vedevo in piena luce e quasi di profilo. E mentre ascoltavo la guardai per la prima volta. Né ricordo quale delle due cose facessi più avidamente – guardare o ascoltare.
Come la lettera a Gide suggerisce, Olivia fu probabilmente scritto intorno al 1933, quando Dorothy aveva quasi settant’anni. La risposta a dir poco tiepida di lui la spinse a conservare il manoscritto in un cassetto per quattordici anni, fino a quando, esortata da Leonard Woolf (che pure l’aveva letto e al quale era piaciuto molto), il romanzo venne pubblicato anonimamente dalla Hogarth Press: era il 1949, e Dorothy aveva più di ottant’anni.
Non è ben chiaro il motivo per cui Dorothy non volesse attribuirsi Olivia, anche se di solito si riconduce al contenuto lesbico del romanzo; tuttavia, ha senso credere che scelse di rifugiarsi nell’anonimato non per la libertà d’identità, quanto per la libertà di espressione: perché nella storia c’era qualcosa di eccezionalmente intimo, le serviva creare uno spazio dove poter affrontare senza autocensura una materia così profondamente personale. Il libro fu un enorme scandalo ed un successo immediato, sia in patria sia oltreoceano, e nel 1951, in Francia, ne venne tratto un film dalla regia di Jacqueline Audry.
Dorothy morì pochi anni dopo, il primo maggio 1960, che aveva novantaquattro anni. Tragicamente, la sua scomparsa seguì di due settimane quella dell’amata figlia Jane, vittima di un incidente domestico; troppo anziana e fragile, non ne venne mai a conoscenza.
Dorothy ragazza che s’innamora della sua insegnante. Dorothy già donna che sposa l’uomo che ama sfidando la propria famiglia. Dorothy-Plutone di Bloomsbury. Dorothy che traduce il premio Nobel. Olivia. Dorothy madre segreta della letteratura queer. Dorothy che consegna a tutte noi, donne, lettrici, scrittrici, la sua orbita luminosa da seguire.
Olivia (Hogarth Press, 1949) è l’unico romanzo di Dorothy Strachey. A questo seguì Fifty Nursery Rhymes: With a Commentary on English Usage for French Students (Gallimard, 1951), un piccolo manuale didattico destinato agli studenti francesi che raccoglie cinquanta filastrocche della tradizione inglese accompagnate da note linguistiche e spiegazioni d’uso. Considerato da Dorothy più importante di Olivia.
Olivia, Dorothy Strachey, Astoria edizioni (2024) tradotto da Carlo Fruttero con un testo di André Aciman Fifty Nursery Rhymes: With a Commentary on English Usage for French Students, Dorothy Strachey, Gallimard (1951)
Selected letters of Andre Gide and Dorothy Bussy, a cura di Richard Tedeschi, Oxford University Press (1983)
Voce pubblicata nel: 2025