“…e come ne’ Teatri or donna ed ora uom fei, rappresentando in vario stile quanto volle insegnar Natura ed Arte, così la stella mia seguendo ancora, di fuggitiva età nel verde aprile vergai con vario stil ben mille carte”.1
La gratiosa Isabella, decoro delle scene, ornamento de’ theatri, spettacolo superbo non meno di virtù che di bellezza ha illustrato ancora lei questa professione in modo che mentre il mondo durerà, mentre staranno i secoli, mentre avranno vita agli ordini, e i tempi, ogni voce, ogni lingua, ogni grido risuonerà il celebre nome di isabella

Tommaso Garzoni2
L’elogio del letterato Garzoni (1549-1589) testimonia la fama conquistata già in giovanissima età da questa attrice e poeta, che divenne impresaria teatrale ed ebbe ben 8 figli.

Nata forse nel 1562 (non è mai stato trovato un certificato di nascita) a Padova, della sua infanzia non abbiamo informazioni; la sua storia si precisa solo con l’ingresso nel mondo del teatro, che segna definitivamente con la sua presenza.
Ciò che sappiamo di lei inizia dall’incontro con l’attore Francesco Andreini (1548-1624) noto per il suo ruolo “dell’innamorato” e di Capitan Spavento nella celebre Compagnia dei Gelosi nata a Milano. Isabella arriva probabilmente come Servetta alla Compagnia, dove lavorava una altra celebre attrice, Vittoria Piissima, che avrebbe lasciato i Gelosi per i Confidenti, lasciando a Isabella il ruolo di prima innamorata, e stringe un’unione con Francesco che poi sposerà.

Isabella farà parte di questa compagnia fino alla sua morte, viaggiando in Italia e in Francia nonostante le numerose gravidanze. Nell'ambito teatrale ricopre anche ruoli maschili, fatto interessante visto che era consuetudine il contrario, cioè che fossero gli uomini a ricoprire ruoli femminili. La presenza delle donne nel teatro non era a queste date del tutto eccezionale, ma ancora un fatto inedito che suscitava curiosità e interesse. La carriera di Isabella all’interno della Compagnia dura trent’anni, e le lettere degli ingaggi da lei firmate testimoniano il ruolo direttivo svolto insieme al marito. Della vita teatrale di Isabella possiamo misurare l’impatto se pensiamo che il tipo della commedia dell’arte dell’Innamorata coinciderà con il suo nome, Isabella, e che la compagnia venne acclamata a Roma, Milano, Bologna, Genova, Napoli e poi in Francia, dove la corte di Enrico IV avrebbe voluto trattenerla. Siamo poi informati dai documenti circa alcuni degli spettacoli inscenati dai Gelosi e dell’impressione suscitata dalle performance di Isabella.

La sua fama è legata a una opera da lei scritta, che ispira molte commedie successive (non solo dei Gelosi) e grazie alla quale diventa famosa, divenendo di fatto una “diva” ante litteram. La mirtilla, scritta nel 1588, è la prima commedia pastorale pubblicata da una donna in italiano e viene dedicata alla Marchesa del Vasto, “specchio di eccellenza e dignità delle donne” e colta animatrice culturale. L’opera, ispirata all’Aminta di Tasso, ha sfumature classiche e solleva anche temi legati alla libertà femminile. La protagonista riesce a superare d’astuzia un satiro che cerca di ingannarla. Isabella esprime in questa favola pastorale originale una profonda consapevolezza delle dinamiche che oggi chiameremmo “di genere” e che attraversano la cultura del suo tempo, interessata al racconto delle diverse anime dell’amore. Questa scelta tematica, espressa attraverso una narrativa allegorica e simbolica con personaggi mitologici, riflette l'intenzione dell'autrice di esplorare e criticare le disparità di potere tra i sessi, oggetto di molte discussioni del tempo, soprattutto in ambito veneto. Nel tempo, l’opera incontra moltissimo successo e dall’anno di pubblicazione al 1602 ottiene quasi dieci ristampe.

Successivamente, nel 1589, con l’opera La Pazzia d'Isabella, scritta da lei per il matrimonio di Ferdinando I de’ Medici e Cristina di Lorena, al quale era stata invitata, Isabella raggiunge il culmine della sua fama. La sua pazzia venne descritta dal testimone Giuseppe Pavoni come un saggio di inaudita e mai vista meraviglia:

Come pazza se ne andava scorrendo per la città de, fermando or questo or quello quello virgola e parlando ora in Spagnuolo, ora in greco, ora in italiano virgola e molti altri linguaggi, ma tutti fuor di proposito: e tra le altre cose si mise a parlare francese, e a cantar certe canzonette pure alla francese …Si mise poi ad imitare linguaggi di tutti i suoi comici, come del Pantalone, del Graziano, del Zanni, del Petrolino, del Fantatrippe, del Burattino, del Capitan Cardone e della Franceschina tanto naturalmente, e con tanti spropositi, che non è possibile il poter con lingua narrare il valore e la virtù di questa donna3

Da questa fonte possiamo notare come l’attrice riesca a dare una forma scenica e una forma linguistica all’interpretazione della pazzia: Isabella sceglie infatti di rappresentare la pazzia come una forma di confusione linguistica, ottenendo così la possibilità di sfoggiare il suo plurilinguismo.
Notiamo come, in quest’opera, il suo nome si sovrappone in modo evidente al suo ruolo nella commedia d’arte, nella quale Isabella interpretava infatti l’innamorata. Questo riflette le sue straordinarie abilità nel conferire la giusta credibilità ad ogni personaggio che portava in scena ma anche la doppia veste di attrice e autrice, con cui Isabella incarna una dignità artistica dell’Attrice che intende accreditarsi a un grado di maggiore eccellenza e virtù letteraria oltre il ruolo più popolare del “saltimbanco”.

E infatti Isabella non si occupa solo di teatro e nel 1601 pubblica per la prima volta a Milano la raccolta poetica Rime. In questi testi Isabella svolge un esercizio di auto-rappresentazione, descrivendosi come un‘attrice affermata e al culmine della sua gloria. Ricordiamo quest‘opera per una moltitudine di ragioni, alcune molto rivoluzionarie per il suo tempo: la raccolta poetica non ha uno scopo autobiografico, bensì viene utilizzata per conquistare una fama più stabile e immutabile e sottrarsi alle dinamiche della moda e della fama a cui è soggetto il mondo dello spettacolo. Molto importanti sono la padronanza della metrica, dello stile, dei dialoghi e soprattutto della scelta dei modelli: ispirandosi a certi autori e generi, Isabella Andreini riesce a scrivere inserendosi nei panni convenzionalmente vestiti da scrittori uomini al suo tempo.
Altre sue opere meno note sono poi le Lettere, pubblicate postume nel 1607, e i Frammenti, nel 1616.

Isabella Andreini muore intorno al 1603-1604 a Lione, di ritorno da Parigi, a causa di complicazioni durante il parto del suo ottavo figlio. In quel periodo la Compagnia dei Gelosi si trovava presso la corte del re Enrico IV.
In seguito alla morte della donna la Compagnia si scioglie, per volere del marito; successivamente, Giovambattista Andreini, il primogenito della coppia, riunisce alcuni membri della compagnia dissolta, creandone una propria, e forte dell’eredità diventerà un celebre Lelio.

Alla sua morte Isabella Andreini riceve molti elogi, tra cui uno da parte del marito:

Isabella Andreina, patavina, mulier magna virtute praedita, honestatis ornamentum maritalisque pudicitia decus ore facunda, mente foecunda, religiosa, pia, musis amica et artis scenicae caput, ic resurrectionem expectat."4

Inoltre poeti e musicisti lasciano molti tributi in suo onore, come ad esempio i sonetti che le dedicò Giambattista Marino, alcuni dei quali sono inclusi proprio nelle Rime.
L’iconografia di Isabella è oggetto di studio soprattutto di Maria Ines Alliverti, che ha proposto di riconoscere un suo ritratto, con la conferma di molte ipotesi attendibili circa la presenza a Venezia di Isabella, in un dipinto di Paolo Veronese conservato al Museo Thyssen- Bormisza.

*voce a cura di Anita Lupano, Clementina Scabbia Regis, Giulia Ballarini, Myriam De Pascale, Petra Moretti.
Studentesse del Liceo Civico Polo A. Manzoni di Milano. Hanno sedici anni e sono al terzo anno di liceo. Non avevano mai fatto un lavoro del genere prima ed è stata una nuova esperienza per tutte.

Note


1 Avvertenza in Rime d'Isabella Andreini padovana Comica Gelosa, Milano, Girolamo Bordone & Pietromartire Locarni compagni, 1601.
2 La citazione proviene dal testo più celebre di Garzoni, Piazza universale di tutte le professioni del mondo, e nobili et ignobili, 1585.
3 Giuseppe Pavoni, Diario delle feste celebrate nelle solennissima nozze degli serenissimi sposi... Bologna, Rossi, 1589. Citato in Isabella Andreini una letterata in scena, a cura di Carlo Manfio, Il poligrafo, Padova, 2014, pag. 13)
4 “Isabella Andreini, donna padovana, moglie dotata di grande virtù, ornamento di onestà e decoro della pudicizia con eloquenza, mente feconda, religiosa, devota, amica delle muse e a capo delle arti sceniche, e attende la resurrezione.”

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Isabella Andreini*

Cinzia Saccottelli, La Mirtilla di Isabella Andreini
Isabella Andreini - Dizionario Biografico degli Italiani

Isabella Andreini, Una letterata in scena, a cura di Carlo Manfio, Il Poligrafo 2014

Francesca Romana de' Angelis, La divina Isabella, Sansoni 1991

Johnny L. Bertolio, Controcanone (La letteratura sacra), Torino, Loescher
editore, p. 33-37.


Voce pubblicata nel: 2024

Ultimo aggiornamento: 2024