Quivi era tutto ‘l popolo ad vedere
Iudetta bella, che fu sì sicura;
vegon la tersta, ancora hanno a temere,
che così morta facea lor paura.
Mostrolla ad Archior perché a piacere
di quella havessi, ma era sì scura
che come vide cadde tramortito,
ma poco stette che fu risentito

(Lucrezia Tornabuoni, Historia di Yudith, cvxxxii, 50r)

Lucrezia Tornabuoni fu una poetessa e letterata italiana del Rinascimento. Nacque a Firenze il 22 giugno del 1427 da Francesco Tornabuoni e dalla sua seconda moglie, Marianna Guicciardini. Fu moglie di Piero di Cosimo de' Medici ed è nota soprattutto per essere la dotta madre di Lorenzo il Magnifico, che ebbe illustri amicizie e riconoscimenti, per esempio da Luigi Pulci e Angelo Poliziano.

Il suo matrimonio con Piero il Gottoso venne organizzato a seguito dell'imprigionamento di Cosimo il Vecchio dopo la Congiura del 1433. Cosimo infatti riuscì, con alcune manovre strategiche, a riconquistare Firenze facendosi aiutare da potenti famiglie, come i Tornabuoni. A seguito di questi aiuti reciproci, le due famiglie decisero di unire in matrimonio nel 1444 Lucrezia, al tempo diciannovenne, e Piero di Cosimo de’ Medici. Fu un matrimonio lungimirante che ben presto diede agli sposi sette figli: Bianco (1445-1488), Lucetto Nannina (1448-1493), Lorenzo (1449-1492), Giuliano (1453-1478), Mana (1455-1479) e due maschi morti dopo il parto.

Cosimo era un grande umanista mecenate e aveva sposato Contessina De’ Bardi, di ottima e colta famiglia che ebbe ottima relazione con Lucrezia, la quale riuscì a coltivare la sua passione per la poesia e per la cultura e, in contemporanea, conservare rapporti con i grandi letterati del tempo, soddisfando una vocazione personale ma anche rinforzando la rete culturale della famiglia. Dopo aver dato alla luce il primo figlio, iniziò a scrivere le Lettere (1446-1478), grazie alle quali si conoscono le dinamiche familiari dei Medici: in esse traspare l’interesse e l'affetto di Lucrezia che non erano rivolti in particolare al marito, bensì ai figli, data la cagionevole salute di questi ultimi. Inoltre, grazie alle Lettere si viene a conoscenza del gusto fiorentino del tempo, per lo più nell’ambito artistico (testimoni ne sono le lettere all’architetto e scultore Niccolò Michelozzi).

Lucrezia pretese per i suoi figli il massimo dell’istruzione, assumendo infatti insegnanti estremamente qualificati per tutte le materie tranne che per il latino, che decise di insegnare loro personalmente.
Proprio perché Lucrezia nutriva tanto amore e interesse per i suoi figli, quando toccò a Lorenzo prendere moglie, si impegnò molto affinché si trovasse la “compagna perfetta". Dato che Cosimo aveva sposato una Bardi e Piero una Tornabuoni, Lucrezia, per il futuro Magnifico, voleva puntare ancora più in alto. Per farlo era necessario uscire da Firenze e concentrarsi su obiettivi più prestigiosi, come il legame con una nobile famiglia romana. La scelta cadde quindi su Clarice Orsini, con la quale si confrontò nel 1467 per discutere un possibile matrimonio.

Mentre Lucrezia si occupava della questione matrimoniale del figlio, scriveva al marito Piero, costretto a letto a causa della gotta, descrivendo nelle sue lettere l’aspetto della ragazza con espressioni come: “di recipiente grandezza e bianca”, la faccia “un po’ tondetta, ma non mi dispiace”, e il seno che lei reputava florido abbastanza da favorire l’allattamento; scriveva poi del suo appropriato portamento e del suo carattere un po’ vergognoso “di gran modesta”.

Nonostante tutto il lavoro di Lucrezia, il matrimonio non fu felice: Lorenzo rivolse le sue attenzioni ad altre donne e non si innamorò mai di Clarice. Questa unione avvenne inoltre con una certa riluttanza da parte dei fiorentini, il cui pensiero venne espresso da Machiavelli che afferma che “colui che non vuole i suoi cittadini per parenti, li vuole per servi”. Tuttavia l’affare era compiuto, e dopo il matrimonio, Lucrezia, legata da un fortissimo amore per il figlio, rimase sempre al fianco di Lorenzo per sostenerlo, soprattutto quando a soli vent’anni si ritrovò a capo della famiglia e signore della città. Lucrezia scrisse in una lettera: “Quello che è bene per Firenze e la Toscana, lo è anche per la famiglia Medici”.

Dai carteggi appare chiara l’attività diplomatica di Lucrezia, come l’impegno di rappresentanza e di beneficenza, la distribuzione delle elemosine ai bisognosi mentre il marito era malato, ma anche la gestione degli affari e dell'amministrazione dei terreni. Inoltre, era molto capace nel fare di conto, maneggiare il denaro e aveva un grande fiuto per gli affari. Finanziava artigiani, mercanti, chiese e conventi tramite generose sovvenzioni per agevolarne lo sviluppo. Per via delle sue notevoli capacità e dal suo carisma che la contraddistingueva, fu soprannominata da suo suocero Cosimo “l’unico uomo della famiglia”.

Al contrario, i fiorentini la chiamavano ‘il porto di tutti i misteri’, data la sua grande discrezione, che apprese dall’illustre suocero, che l’aveva presa sotto la sua ala.
Molto attiva è stata la sua attività di poeta e anche di poeta spirituale. Lo dimostrano i Poemetti Sacri, nei quali Lucrezia con forte vena narrativa dà voce specificatamente ad alcune donne nella Bibbia. Nell’opera si tratta di episodi biblici, come quelli di Hester o Tubia, dal loro punto di vista. Le opere di Lucrezia vennero apprezzate dalla cerchia intellettuale fiorentina, per la sintesi dotta e popolare che risente della tradizione canterina e cavalleresca dell’epoca.

Alcune opere letterarie di Lucrezia Tornabuoni vennero miniate dal celebre Gherardo di Giovanni, pittore e miniaturista fiorentino del XV secolo.
Tra le opere più conosciute di Lucrezia Tornabuoni si trovano anche Le Laudi (1480), di cui sono state pubblicate sei edizioni. Due di queste riguardavano la Natività di Cristo ed ebbero molto successo: la prima divulgata in una raccolta e la seconda in un libretto popolare.
L’anonimato scese sulle opere di Lucrezia appena varcarono, sia pure timidamente, la soglia del palazzo mediceo, fatte proprie dal patrimonio popolare1 attraverso l’antologia del manoscritto noto con il nome di Riccardiano 2816 e altri manoscritti.

Lucrezia morì a Firenze il 28 marzo del 1482, pochi anni dopo la fine della Congiura dei Pazzi, in cui morì il figlio Giuliano, che mise in discussione la supremazia della famiglia de’ Medici.
Non vi sono ritratti certi di Lucrezia, tuttavia si suppone che certamente vi sia una sua effige negli affreschi del Ghirlandaio nella cappella Tornabuoni a Santa Maria Novella, e si ritiene un probabile ritratto quello conservato alla National Gallery di Londra, dello stesso autore.
L’alto profilo della figura di Lucrezia Tornabuoni ha ispirato l’intitolazione, nel 1893, di un Istituto Professionale di Firenze nato con lo scopo di completare l’educazione post-elementare delle giovinette della media borghesia cittadina.
L’opera poetica di Lucrezia Tornabuoni è ancora oggetto di studio.

*voce a cura di Martina Cosentino, Maria Faifer, Francesca Leggio, Micol Matarazzo e Ginevra Riva, studentesse del Polo Civico Scolastico Alessandro Manzoni a Milano. Frequentano il terzo anno di liceo linguistico e studiano inglese, spagnolo e tedesco. Per il progetto di PCTO di classe hanno scelto di realizzare la loro prima biografia.

Note


1 Fulvia Pezzarossa, I poemetti sacri di Lucrezia Tornabuoni, Olschki editore, 1978, p. 60

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Lucrezia Tornabuoni*

Johnny L. Bertolio, Controcanone (La letteratura sacra), Torino, Loescher editore, p. 33-37.

Lucrezia Tornabuoni, Le Laudi.

Angela Bianchini, Alessandra e Lucrezia: destini femminili nella Firenze del Quattrocento, Milano, Mondadori 2005, p. 108-113, 124, 128.

Fulvio Pezzarossa, I poemetti sacri di Lucrezia Tornabuoni, Firenze, Leo S. Olschki Editore, 1978

Lucrezia Tornabuoni, a cura di Patrizia Salvadori, Lettere, Firenze, Leo S. Olschki Editore, p. 4-45.

Lucrezia Tornabuoni - Wikipedia (eng)

Lucrezia Tornabuoni - Wikipedia (ita)

Le storie di Lucrezia Tornabuoni - engramma


Voce pubblicata nel: 2024

Ultimo aggiornamento: 2024