«È bella».

«Sì, è bella!».

«Ma scrive».

«E non male».

[…]

«Che peccato, è proprio bella!»

«Fosse almeno analfabeta».

«Ma scrive!».

«Detestabili le donne che scrivono! Se scrivono male ci irritano».

«Se scrivono bene ci umiliano». 1

Nata a Torino nel 1881, Amalia Guglielminetti incarna le contraddizioni del suo tempo e di una società in via di trasformazione, ma non ancora pronta ad accettare donne come lei: libere, indipendenti, anticonformiste.

Dopo un’infanzia caratterizzata dalla rigida educazione del nonno paterno, alle cui cure era stata affidata dopo la morte del padre, Guglielminetti si avvicina alla poesia da autodidatta. Debutta con la raccolta poetica Voci di giovinezza (1903) ottenendo la consacrazione con la successiva Le vergini folli (1907).

Giudicata da D’Annunzio «lʼunica poetessa dʼItalia», acclamata dai maggiori esponenti della cultura torinese, da Arturo Graf a Dino Mantovani, ne Le vergini folli si lascia guidare dalla sua esperienza personale. L’istituto religioso dove aveva studiato, le Fedeli compagne di Gesù, la avvicina a quell’universo claustrale così diverso dal posto nel mondo che intende occupare. Alle sorelle che hanno rinunciato all’amore, ai loro sogni, alle ansie e alle pene, restituisce una voce vibrante attraverso i suoi versi. Sono loro che hanno «negli occhi trepidi pensieri» e «labbra vaghe di leggiadre fole», a bisbigliare «parole caute, svelando tenui misteri».

Conquista così la stima e l’ammirazione di Guido Gozzano, ma mai veramente il suo cuore. Il poeta malinconico chiuderà la loro relazione mai decollata con indiscutibile fermezza: «Perdonami! – le scrive il 30 marzo 1908 – Perdonami. Ragiono, perché non amo: questa è la grande verità. Io non tʼho amata mai. E non ti avrei amata nemmeno restando qui, pur sotto il fascino quotidiano della tua persona magnifica; no: avrei goduto per qualche mese di quella piacevole vanità estetico-sentimentale che dà lʼavere al proprio fianco una donna elegante ed ambita. Non altro».

Consapevole della necessità di corrispondere alle aspettative del suo pubblico, in un autoritratto per i suoi lettori, Amalia Guglielminetti si definisce «un oggetto di lusso». Ama farsi ritrarre e rappresentare dai più noti artisti del tempo e lʼimmagine più accreditata che lascia di sé è proprio quella di donna fatale. Ma è anche la Signorina e la femme poète, talvolta antifemminista, altre volte in prima linea sui diritti delle donne.

Continua a suscitare scalpore il giudizio tranchant sulle femministe, giunte da ogni parte d’Italia al Primo Congresso delle Donne Italiane, che si svolse a Roma dal 23 al 30 aprile 1908: «tutte così poco accoglienti, così poco fraterne, così intimamente sconosciute ed ostili quasi lʼuna allʼaltra» come scrive a Gozzano in una lettera dalla Capitale. Ma la verità è che Guglielminetti ha avuto sempre un’autonomia di giudizio, un modo tutto personale di difendere le donne, e non tutte a prescindere: solo quelle come lei, fuori dal coro. In una lettera a Sibilla Aleramo, che pure aveva criticato ai tempi del Congresso delle donne, definendo il suo aspetto quello di una «governante di buona famiglia che porti i vestiti smessi della padrona», con «una faccia florida e inespressiva di massaia», scrive di sentire ad accomunarle lo stesso spirito randagio e anticonformista 2. E ci tiene a precisare: «le donne in genere non mʼinteressano, perché le convenienze le hanno tracciate tutte quante – o quasi – col compasso, come figure geometriche».

Passata alla prosa poco prima della Grande guerra con I volti dellʼamore (1913) sperimenta, con esiti incerti, anche il genere teatrale e la narrativa per lʼinfanzia. Il successo ottenuto con i versi viene replicato dai romanzi Gli occhi cerchiati dʼazzurro (1920) e soprattutto La rivincita del maschio (1923) che, ripubblicato nel 1928, le vale anche unʼaccusa di oltraggio al buon costume.

Il 2 maggio 1925, partecipa alla riunione promossa dal Comitato Pro Voto Donne, tenuto nella Camera di Commercio di Torino. Conclude il suo discorso affermando tra gli applausi «che se gli uomini ora corteggiano le donne per conquistarne il cuore quando essi saranno elettrici le corteggeranno il doppio per averne il cuore e… il voto». Nell’ironia con cui non rinuncia alla femminilità, alle armi nelle mani delle donne per conquistare un diritto sacrosanto, sta tutta la sua modernità.

Qualche giorno dopo, la «poetésse italienne de la rébellion» – come era stata definita oltralpe 3 – viene invitata a Parigi dalla romanziera femminista Madame Aurel e dallʼitalianista Alfred Mortier, per una lettura dei suoi versi nel celeberrimo salotto letterario di Rue du Printemps. Qui incontra Natalie Clifford Barney e Colette, con cui instaura un rapporto di stima reciproca e che inviterà a collaborare con la pubblicazione di alcune novelle a «Le Seduzioni», la rivista che fonda nel 1926 e dirige fino al 1928.

Nel numero 33 della rivista (datato 10 dicembre 1927) Guglielminetti spende parole di vivo entusiasmo per Grazia Deledda: le titola La più grande scrittrice dell’ora presente, e in una lettera aperta rievoca il tempo passato insieme, anni prima a Viareggio e nella sua casa romana poco prima del conferimento del premio Nobel. Non perde l’occasione di ricalcare l’importanza per le donne di sottrarsi ai lavori femminili per dedicarsi alla scrittura.

Nel 1927 pubblica gli sketch umoristici Il pigiama del moralista: dialoghi brillanti, un linguaggio ricercato e battute a effetto per una galleria di personaggi che, pur nella leggerezza del genere, si fanno notare per originalità e modernità. Una sorta di anticipo della raccolta di novelle Tipi bizzarri (1931), che non smentisce le doti della scrittrice. Non c’è più spazio per gli stilemi fin de siècle, per le donne dedite a «divertire e ad eccitare il maschio», la donna «belvetta presa al laccio» che si dimena sotto le «mani tenaci» dellʼuomo non è più contemplata e non c’è più spazio neanche per «le donne che suscitano incendi con unʼocchiata». Le donne belle, negli sketch de Il pigiama del moralista hanno smesso di fare le donne fatali per diventare donne rèclame, attrici cinematografiche, manicuriste. Sono donne nuove, che fumano, portano i capelli corti e vivono liberamente la propria sessualità.

Nel frattempo altri eventi arricchiscono in vario modo la fama della scrittrice: la storia dʼamore con Dino Segre, in arte Pitigrilli, destinata a finire nel peggiore dei modi con accuse reciproche nellʼaula di un tribunale (lʼintricata vicenda che coinvolse anche Anselmo Jona, ex jazzista con velleità letterarie, e Piero Brandimarte, gerarca fascista che accusava Pitigrilli di antifascismo e le vicende giudiziarie che ne seguirono). Il 4 maggio 1929 Guglielminetti viene dichiarata «seminferma mentalmente» e il 17 marzo 1931, con sentenza definitiva, affetta da «totale infermità mentale transitoria». Pazza: è questo l’ultimo appellativo che le attribuisce un mondo in cui si era trovata troppo spesso a recitare una parte.

Muore nel 1941 a seguito di una ferita riportata cadendo dalle scale, mentre tenta di raggiungere il rifugio antiaereo. Inesorabilmente, fino alla fine, «quella che va sola» come recitano alcuni dei suoi versi più noti.

Note


1 da Guido Gozzano e Amalia Guglielminetti, Lettere d’amore
2 da Sibilla Aleramo e il suo tempo. Vita raccontata e illustrata, a cura di Bruna Conti e Alba Morino
3 Riferimento a Une poetésse italienne de la rébellion. Amalia Gugliminetti di Alfred Mortier

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Amalia Guglielminetti

Guido Gozzano/Amalia Guglielminetti, Lettere dʼamore, a cura di Franco Contorbia, Macerata 2019

Mario Gastaldi, Amalia Guglielminetti. Enigma svelato, Sandron, Palermo-Roma 1930.

Marziano Guglielminetti, Amalia. La rivincita della femmina, Costa & Nolan, Genova 1987, poi in La musa subalpina: Amalia e Guido, Pastonchi e Pitigrilli, a cura di Mariarosa Masoero, Leo S. Olschki, Firenze 2007.

Anna Nozzoli, Tabù e coscienza: la condizione femminile nella letteratura italiana del Novecento, La Nuova Italia, Firenze 1978.

Giuliana Morandini, La voce che è in lei. Antologia della narrativa femminile italiana tra ʼ800 e ʼ900, Bompiani, Milano 1980.

Bruna Conti e Alba Morino, a cura di, Sibilla Aleramo e il suo tempo. Vita raccontata e illustrata, Feltrinelli, Milano 1981.

Vanna Zaccaro, Le seduzioni di Amalia Guglielminetti, in Escritoras italianas fuera del canon, Edición de Daniele Cerrato, Asociación Cultural Benilde Mujeres&Culturas, CulturasΜjeres, Sevilla 2017.

Alessandro Ferraro, Singolare femminile. Amalia Guglielminetti nel Novecento italiano, Società Editrice Fiorentina, Firenze 2022.

Amalia Guglielminetti, Il pigiama del moralista, introduzione e cura di Marialaura Simeone, Tab Edizioni, Roma 2023.

Referenze iconografiche: Amalia Guglielminetti fotografata da Mario Nunes Vais, immagine in pubblico dominio.

Voce pubblicata nel: 2023

Ultimo aggiornamento: 2023