A lungo sugli steli si disfano
Luisa e i fior di loto
E tu senza una bara
Col petalo sfogliato dell’estate
Discendi la corrente,
o nera, come folaga in esilio
che s’allontana e a noi
lascia l’inverno.
È ingiallito anche il tuo pianoforte,
cade il sereno foglia a foglia
[…]
(Gilberto Finzi) [1]

Luisa Levi è nata nel 1929 - tanto più piccola dei suoi fratelli Silvana e Franco - in una bella, agiata casa di Mantova; frequentava una scuola elementare in città, suonava il pianoforte e la fisarmonica, organizzava giochi in cortile, aveva molte amiche e una serie sterminata di parenti in varie città italiane, faceva bellissime vacanze e in ogni occasione c’era qualcuno che la fotografava e poi con le sue fotografie e quelle dei suoi fratelli e cugini componeva un album che segue passo a passo la crescita dei tre ragazzi Levi.
La vita di Luisa Levi è raccontata nel libro Cercando Luisa (Sansoni, Milano 2000) di Maria Bacchi. È la vita di una bambina allegra, con molte relazioni e molte attività, che nel 1938 – lei aveva 9 anni- cambia bruscamente e dolorosamente: Luisa deve lasciare la scuola frequentata fino ad allora e si ritrova con gli altri bambini e bambine della sua stessa religione in un’unica classe speciale, grandi e piccoli, maschi e femmine tutti insieme. Cambiano le abitudini e cambiano, in modo certamente incomprensibile per una bambina, gli adulti. Luisa cresce, e nel periodo in cui passa dall’infanzia all’adolescenza subisce tutti gli affronti e le umiliazioni pensati dal nazifascismo per gli ebrei: deve abbandonare la sua casa, i suoi oggetti, gli studi, le amiche e i parenti; deve scappare, nascondersi, viene denunciata e infine, nell’aprile del 1944, deportata e rinchiusa ad Auschwitz; nell’inverno successivo marcerà fino a Bergen Belsen, dove muore, probabilmente nel febbraio del 1945.
Di lei restano una lettera scritta ai cugini, il frammento di una canzoncina inventata, una bambola e l’album delle foto.
Queste tracce sono custodite in Israele da Silvana Levi Daiagi, figlia del fratello di Luisa, l’unico sopravvissuto dell’intera famiglia.
La storia di Luisa, ricostruita da Maria Bacchi a partire da questi minuti frammenti, dalle scarse carte d’archivio e dai ricordi di chi l’ha conosciuta, ha cominciato - ricominciato - a girare in città a partire dal 2000. Non si è più fermata, ha toccato nel profondo e scosso molte persone, ha suscitato molte domande; soprattutto ha generato altre storie.
La prima è la storia del nome di Luisa, attribuito all’Istituto Comprensivo 1 di Mantova, che raccoglie sei fra scuole per l’infanzia, primarie e una secondaria. Il nome è stato scelto fra molti nel 2005, all’atto di istituzione dell’Istituto perché nell’edificio dell’attuale scuola secondaria si trovava, nel 1938, la Classe speciale per fanciulli di razza ebraica frequentato da Luisa e da tutti gli altri bambini e bambine ebrei della città, parte di quella comunità che a Mantova contava circa 500 persone.[2] Da allora un gruppo di insegnanti ha messo in piedi una ricerca storico-didattica sperimentata con alunni/e dai 5 ai 14 anni, che ha trovato la sua stesura definitiva con la stampa del percorso - destinato ad insegnanti e classi - Storia di Luisa. Una bambina ebrea di Mantova (Arcari, 2011, a cura di Maria Bacchi e Fernanda Goffetti).
Da allora, ogni 27 gennaio, Giornata della Memoria, gli alunni dell’Istituto commemorano Luisa con la Celebrazione dei bambini e delle bambine: realizzano effimere installazioni artistiche nelle piazze della città e cantano Con un piccolo paio di occhiali, canzone scritta e musicata da Carlo Cialdo Capelli per le loro voci, sviluppando il frammento della canzone inventata da Luisa per intrattenere i bambini dell’Asilo Israelitico.
I ragazzi più grandi dell’Istituto Comprensivo hanno realizzato un film su di lei e altri ragazzi, di Mestre, hanno messa in scena una pièce teatrale.
Di lei parlano nei loro libri autobiografici sua cugina Donatella Levi (Vuole sapere il nome vero o il nome falso, Cierre Grafica, 2011) e il suo amico Italo Bassani (Tanzbah’, Mantova 1997).
È come se Luisa Levi continuasse a incontrare persone – adulti, bambini e ragazzi- che, dedicandole pensieri assorti e delicati, se ne costruiscono una immagine, ognuno la sua, e ne custodiscono la memoria.

NOTE

1. Gilberto Finzi, poeta coetaneo e mantovano a Luisa Levi ha dedicato questa poesia, pubblicata in Poesie laghiste, Scheiwiller, Milano, 1997, p.40.
2. La classe speciale raccoglieva i soli bambini/e di scuola elementare, fra i 6 e gli 11 anni; il numero, non stabile, era da 11 a 16 (registri dal 1938 al 1944, Mantova, Archivio di Stato, Archivio della Direzione didattica I Circolo fasc. 59). Nel 1938 vivevano in Italia circa 48.000 ebrei; di questi furono arrestati e deportati 6.806, di cui 5.969 morti (Il libro della memoria di Liliana Picciotto Fargion, Milano 2002).
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Voce pubblicata nel: 2012

Ultimo aggiornamento: 2012