Nata a Codevilla da una famiglia benestante antifascista, si laurea in chimica all’università di Pavia e si trasferisce subito dopo a Milano, dove inizia a lavorare in uno stabilimento chimico. Dalla metà degli anni Trenta è attiva, con il marito Antonio Semproni, anche lui chimico, nel Partito comunista d’Italia clandestino, impegnandosi in particolare nelle attività legate a Soccorso Rosso. Nel 1942, scoperta dalla polizia fascista, è arrestata a Bergamo e inviata al confino. Torna in libertà dopo il 25 luglio 1943, si trasferisce in Svizzera, dove raccoglie per il Partito Comunista fondi per la lotta armata e svolge un lavoro redazionale nei due periodici italiani “Fronte della gioventù per l'Indipendenza e la Libertà” e “L'Italia Libera”, che erano fonte di informazione per gli italiani prigionieri nei campi svizzeri. Al suo rientro in Italia, nel 1944, lavora nella redazione clandestina de “l’Unità” e viene nominata responsabile della commissione femminile del Pci Alta Italia.

Nel 1946 viene eletta all'Assemblea Costituente, dove porta in dote un importante patrimonio di esperienza e cultura che spende fin da subito nelle battaglie più difficili facendo squadra con le altre Costituenti, ma dimostrando anche una particolare determinazione nel difendere comunque le sue convinzioni. Membro della Commissione per i trattati internazionali, in questo ambito interverrà in merito all'approvazione del Trattato di pace fra l'Italia e le potenze alleate firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, sostenendo che una pace duratura non si stabilisce solo attraverso un Trattato, ma si ottiene soprattutto attraverso una politica di riconciliazione e di collaborazione con gli altri popoli. Ma svolse anche numerosi interventi nel corso del dibattito, in seduta plenaria,sul progetto di Costituzione, adoperandosi per il riconoscimento della parità femminile sia nella famiglia che nel mondo del lavoro con interventi sull'obbligo da parte dello Stato di tutelare la famiglia e l'eguaglianza morale e civile dei coniugi e conducendo con determinazione una battaglia, insieme in particolare con la democristiana Maria Federici e la collega di partito Teresa Mattei, per l’accesso delle donne alla Magistratura. Questa causa fu da lei sostenuta con molta passione e profondità di argomenti, sostenendo che “le qualità di sensibilità, di intuizione, di tenacia, di pazienza, di coscienza, il senso di umanità che spesso si riscontrano nella donna, uniti alla conoscenza profonda del diritto, troverebbero un impiego infinitamente utile nel campo della Magistratura” e citando, a conferma di questo, Shakespeare che nel Mercante di Venezia, quando era necessario trovare, per affrontare la delicata causa sollevata dall’usuraio Shyloch, “un giudice dotato di finezza, di cuore, d’intelligenza ed onestà, un giudice che amministri la giustizia vera, la giustizia dello spirito della legge e non della lettera soltanto”, individuò questo magistrato in una donna, Porzia, “la quale salva, insieme con la maestà della legge, la vita di un innocente e domina alla fine con la sua sottile ed umana misericordia, il malvagio usuraio”.

Maria Maddalena Rossi viene eletta poi anche alla Camera dei Deputati nella prima legislatura repubblicana (1948-1953) - dove si distingue in particolare per le sue battaglie a favore dei minori, chiedendo per esempio di snellire i procedimenti di adozione – e rieletta deputato nel 1953 nella II legislatura e nel 1958 per la III. Particolarmente degno di nota è l’intervento che fece in aula il 7 aprile 1952 in seguito a una interpellanza che aveva presentato con altri parlamentari a proposito della mancata liquidazione di 60mila pratiche di pensione e di indennizzo alle donne che furono vittime di stupri di guerra nel Lazio meridionale - pur convinta che “Nessuna pensione di guerra potrà mai risarcire né vecchie né giovani per ciò che hanno subito, nessun indennizzo potrà mai ricompensarle di ciò che hanno perduto”- definendo il loro “uno dei drammi più angosciosi”

Anche il tema della pace tra i popoli e gli Stati resterà una costante del suo impegno, sia in Parlamento sia come dirigente dell’Unione Donne Italiane di cui fu eletta Presidente Nazionale nel 1947, incarico che le venne rinnovato nel 1949 e nel 1953.

Nel 1963 lascia l’attività parlamentare per dedicarsi a quella amministrativa, come consigliere comunale e assessore ai lavori pubblici prima e poi, dal 1970 al 1975, come sindaco a Porto Venere, in provincia di La Spezia, località in cui aveva trascorso molte vacanze estive e dove decise di stabilirsi. Prima di morire, nel 1995, lascia al suo paese natale, Codevilla, la sua ricca collezione di arte contemporanea, insieme a parecchi libri e dischi.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Maria Maddalena Rossi

Patrizia Gabrielli, Maria Maddalena Rossi: la difensora della “Ciociaria” in Patrizia Gabrielli, Il primo voto. Elettrici ed elette, Castelvecchi, Roma 2016

Livia Turco, Maria Maddalena Rossi, in www.fondazionenildeiotti.it

Referenze iconografiche: Maddalena Rossi al Ricevimento in onore della delegazione olandese, 1959. Foto di  dati.camera.it. Creative Commons Attribution 4.0 International license.

Voce pubblicata nel: 2018

Ultimo aggiornamento: 2023