Sull'“Unità” del 27 novembre 1985 la storica Michela De Giorgio la definiva una studiosa "antesignana", una pioniera degli studi sulla storia delle donne in Italia, che determinò il riconoscimento istituzionale della disciplina all'università, pur essendo "un po' fuori e un po' dentro dai luoghi di legittimazione politica".

Pur avendo rivendicato per anni la sua appartenenza al movimento operaio ed essendo stata la portavoce delle istanze delle donne di sinistra che avevano preso parte al movimento mondiale femminista, gli studi universitari di Franca Pieroni si incentrarono inizialmente sui dibattiti dei movimenti per l'emancipazione femminile, che reclamavano il diritto di voto e la parità giuridica nell'Italia risorgimentale. Una storia politica in cui le donne avevano partecipato attivamente. Queste tematiche rappresentarono l'oggetto della sua tesi di perfezionamento, dopo essersi laureata in storia moderna a Firenze con una tesi su Guizot – relatore Gaetano Salvemini.

La sua produzione storiografica sull'emancipazionismo femminile, che si fondava sulle imprese delle donne risorgimentali come Annamaria Mozzoni e sull'associazionismo femminile liberale e socialista è stata rivalutata dopo gli anni Sessanta e come afferma la storica Annarita Buttafuoco "si trattava di un intersecarsi tra l'impostazione di lavoro della storica ed il suo percorso personale come militante prima nella resistenza fiorentina poi nel Pci".

Franca Pieroni Bortolotti nacque il 6 ottobre del 1925 a Firenze nel quartiere di Rifredi, la cittadella proletaria, dove sorgevano le fabbriche, “la culla delle rivalità collettive e individuali, un mutuo soccorso... un gran pettegolaio" scrive nei suoi diari inediti (Ma tu voce festiva della speranza), in cui ammette che l'interesse per la storia delle donne le si era "imposto", quando volle ricostruire le vicende delle sigaraie della Manifattura tabacchi di Firenze, a cavallo tra il periodo postrisorgimentale e il fascismo. La storica voleva fornire la sua testimonianza sulla specificità femminile, senza tenere conto del biologismo e del separatismo, tramite la critica al mazzinianesimo di Annamaria Mozzoni. Il suo modo innovativo di dare un valore sociale alla donna come madre e lavoratrice le fecero scoprire un universo femminile vivace e progressista. La Bortolotti dichiara "a 8 anni ho giurato di divenire scrittrice, a 17 anni attivista di partito e a 27 anni storiografa... Con la sopraggiungente passione di divenire funzionaria di partito".

Il padre era un operaio comunista, che divenne commerciante, e proibì alla figlia di schierarsi dalla parte dei partigiani – ma il tentativo fu vano. Le consigliava di focalizzarsi nello studio, che gli avrebbe permesso di divenire maestra e di sopportare le ore di puericultura. La zia Tilde influenzò la giovane ragazza, molto legata alla famiglia e selezionata come segretaria del gruppo socialista di Rifredi. L'interesse per i classici marxisti e il socialismo scientifico e le teorie sull'accumulazione del capitale di Rosa Luxemburg la conquistarono. Rodolfo, emigrato dalla Svizzera e dalla Francia come rifugiato politico, la convinse a partecipare al Fronte della gioventù. Tale incarico richiedeva "segretezza cospirativa" e completa dedizione alla causa partigiana, anche se la nostra nutriva dei dubbi sulle intenzioni pacifiche di Stalin e sul suffragismo inglese.

Il tempo spensierato in cui le zie e la madre "facevano le scampagnate con le bandiere rosse e con i giovanotti che le corteggiavano" era giunto al termine, e le zie erano del parere che "regine o contadine, di fronte alla morte e ai figlioli siamo tutte uguali". La Bortolotti provava tenerezza per la madre, che era impiegata in un magazzino di sartoria e la ricordava così: "Mia madre in quel modo caldo e appassionato, solidale e polemico... per la straordinaria lucidità del suo spirito critico che era la sua forza e per la sua diffidenza verso la politica, che era la sua debolezza"; era un modello femminile da emulare.

La Bortolotti prestò servizio nei Gruppi di difesa della donna durante la resistenza: la giovane ragazza abbandonava il mondo delle fanciulline, per abbracciare la causa di Palmiro Togliatti e sconfiggere il fascismo. Nel 1944 molte persone aspiravano a divenire "rivoluzionari di professione" e le donne nei Gruppi di difesa dei comitati di liberazione nazionale raggiunsero un livello di maturità incredibile, anche insieme ai membri della croce rossa italiana. Il loro impegno assistenziale durante le insurrezioni fu coadiuvato dall'operato degli alleati. La condivisione della tradizione socialista e democratica di Togliatti e la preparazione politica gettarono le basi per la fondazione di un'organizzazione partitica, in cui le donne e gli uomini erano equamente rappresentati. Le ragazze facevano le dattilografe per copiare le pagine scritte da Lenin e cercavano indumenti, viveri e medicine per i combattenti. Nei suoi racconti risalta la figura di Elena Lattanzi, una partigiana molto coraggiosa, che ebbe modo di incontrare dopo gli accadimenti del 1956 in Ungheria, mentre portava a spasso il bambino nella culla e quella di Aldo Braibanti studente universitario, incaricato del coordinamento dei gruppi.

Nelle sue memorie Franca Pieroni descrive il suo rapporto con il suo superiore come ambivalente, un uomo a cui era assoggettata e da cui dipendeva la sua sorte: "Sono forte Aldo Braibanti, accusato di plagio, ...sogno sempre che uno sguardo penetri al fondo delle cose che scrivo, che una mano carezzi tutta la mia persona...vorrei proprio sapere da te come fare a raggiungere l'infanzia di un uomo che ho incontrato, bloccato nel suo filisteismo rispettabile e solido, come il mio mascherato dalla tipica maschera politica, come il mio ben disposto a rimandare alle semplici gioie nel paradiso rassicurante e lontano dell'irraggiungibile società comunista".

L'effervescenza di quegli anni spaventosi non le fece apprezzare fino in fondo la qualità dello studio che gli veniva impartito all'università e i professori gli apparivano come dei superstiti che si barcamenavano, nel dare il loro consenso elettorale alla destra democristiana o al partito comunista.
Durante la lezione del Morandi su Guizot la Bortolotti divenne consapevole che la storia della Riforma e del Risorgimento era complessa e che "l'uomo di cultura in quanto tale non può incidere direttamente sulla realtà politica... attraverso lo scrupolo filologico e la lealtà si possono gettare i semi che danno frutti... Marx e il Guizot sulla rivoluzione inglese erano più vivi dei contemporanei".

Delio Cantimori voleva dissuaderla nell'intraprendere la strada dell'insegnamento e le propose di dedicarsi a tempo pieno al lavoro editoriale su commissione, retribuito, e mostrava entusiasmo per le sue ricerche. Al momento della sua scomparsa, Franca rimpianse il vecchio professore, a cui era "molto affezionata”, legata da un animato e costruttivo "dialogo dei sentimenti e delle idee".

Nel 1952 Franca Pieroni si sposò con Lando Bortolotti, esperto in pianificazione territoriale. Vissero a Livorno – funzionario del comune – dal 1962 al 1971. Dopo il matrimonio Franca decise di "mettersi in competizione con il mondo dei padri di Lando Bortolotti", l'intellettuale operaia che si confrontava con la media borghesia dotata di bontà. Lando non le impedì di esprimersi e di recitare la parte della donna sacrificata, che cresceva un figlio, poiché ella voleva dimostrare di essere in grado di lavorare il doppio e quando dovette fare "la scelta di campo" tra il giornalismo e la storiografia, il marito rimase deluso.

Nel ricordo di un viaggio in Boemia in occasione del festival della gioventù la Bortolotti, mentre passeggiava per le strade di Mala Strana, fa un raffronto tra la placida Moldava e l'alluvione dell'Arno del 1966, che aveva sommerso la città e allagato la biblioteca nazionale e i volontari e le autorità locali dovettero occuparsi del salvataggio delle opere letterarie e artistiche. A distanza di tempo immersa nell'atmosfera della città vecchia "per le strade silenti della vecchia Praga io camminavo corazzata di saggezza crociana... è sempre bene prendere il potere...è sempre bene sposarsi...ho tutta la vita per la vita degli altri, ma il momento inatteso non dirmi che non c'è, perché l'ho atteso".
La donna comunista non si limitava soltanto a leggere Gramsci, a diplomarsi, a eleggere i dirigenti dello stato, ad accudire e a crescere i figli, ma pretendeva molto di più, essendo responsabile dell'avanguardia intellettuale. Le donne si impegnarono in modo collettivo a educare i figli della società italiana e a far rispettare la loro autodeterminazione sentimentale ed economica.

Nel suo diario i pensieri intimi della studiosa e della giornalista sono accompagnati dalle riflessioni positive e negative che riguardano la vita familiare e politica e la ricerca di senso è frammista a una sensazione di angoscia e di mancanza di soddisfazione: "Ho perduto l'amore, ho perduto la vita, ho perduto la gioia... Tutti vogliono quello che non ho, la mia forza, e la mia ricchezza… ho voluto una vita normale.....come mia madre voleva, ho voluto una vita onesta, politicamente chiara, che è un modo di darle un senso... ho avuto tutto questo e un marito, un bambino, un libro scritto… un partito… un lavoro.. e sono sola… e sono sola... so che il tuo cuore un tempo era quasi con il mio. Compagno è una parola semplice, uno che fa la stessa strada... penso che ci sia stata molta reciprocità nell'amore filiale e paterno... tu sei il solo che ha visto il mio viso reale…"..."il legame con il partito non mi preoccupa, se riesci a fare qualcosa di più grande è il partito stesso che ti cerca".

Dopo il 56' la studiosa non lasciò il partito e proseguì nel ricostruire "storisticamente in modo dialettico la vita… il partito ha condotto dieci anni di lotte magnifiche...alla testa degli operai e dei contadini italiani per la trasformazione della società…" e il XX congresso offriva la possibilità di rivolgersi ai professori: il tabù di Stalin si poteva sormontare.

La Bortolotti fece parte della sezione assistenza dell'Unione donne italiane (Udi) e della redazione di "Toscana nuova" e di "Noi Donne" dal 1946 al 1955. Numerosi articoli e novelle sono apparsi su "Noi donne"1.

Nel 1960, quando viene indetto il concorso dal Consiglio della donna fiorentina, Pieroni Bortolotti presentò la sua ricerca sulle operaie della manifattura tabacchi Manetti e Roberts.
Dal 1973 la Bortolotti insegnò Storia dei partiti e dei movimenti politici e dal 1980 Storia del risorgimento presso la Facoltà di Giurisprudenza di Siena.

Nel 1976 in una lettera a Rachele Farina all''Unità” ribadiva che alla sesta conferenza delle donne comuniste la subalternità delle donne all'interno dell'organizzazione è stata superata e la libertà femminile si è concretizzata nei vari aspetti della vita del partito. Nella lettera la Farina le rispose: "Cara Franca, spero di vederti a Milano al convegno faticosamente organizzato. Riuscirà a delineare la frontiera del femminismo attuale". Un altro convegno fu organizzato sull'altra metà della resistenza, "Un incontro fra generazioni sulla via della liberazione femminile".
Per la Motti "la scrittura autobiografica" della Bortolotti "sembra procedere per grandi ondate secondo il diverso peso della riflessione sul passato" e traccia gli "itinerari di soggettività”.

Il binomio socialismo/femminismo fu alla base del suo progetto di ricerca, che coinvolse la Mozzoni, ma anche la "Lega per la pace e la libertà" con l’impegno di Charles e Elisa Lemonnier e il progetto de “Les Etats unis d’Europe”, le scrittrici e pensatrici Clémence Royer e Maria Goegg.

Pieroni Bortolotti era scettica in merito alla separazione dei sessi ed era favorevole alla dialettica tra i sessi e pertanto ella dimostrò di essere solidale con il movimento di liberazione della donna e il neofemminismo, le cui lotte determinarono l’approvazione della legge sulla parità salariale del 1960 e della tutela delle lavoratrici madri del 1971. Nel 1983 il PCI era un partito di massa e il numero delle donne che aderirono al nuovo programma fu rilevante, grazie alle feste popolari delle donne comuniste e dell’Unità come quelle di Viareggio, alle quali la Bortolotti prese parte attivamente.

Morì a Firenze il 24 novembre 1985.

Note


1 "Ci si incontra lo stesso" (giugno 1951), "'Vent'anni" (ottobre 1952), "Nasce una biblioteca", (aprile 1953), "Sei la mia vita"(maggio 1953), "La Margherita è sbocciata a Firenze” (ottobre 1953), "Le coraggiose donne di Doccia” (giugno 1954), "Le donne che leggono” (gennaio 1956).


Fonti, risorse bibliografiche, siti su Franca Pieroni Bortolotti

Ma tu voce festiva della speranza, scritti inediti di Franca Pieroni Bortolotti, a cura di Lucia Motti e Laura Savelli, Pacini editore, Pisa 1998

Le lotte delle sigaraie fiorentine dalla fondazione della Camera del lavoro all'avvento del fascismo1893-1922, in "Movimento operaio e socialista in Liguria", supp, al n. 5-6 1960, pag.3-16

Franca Pieroni Bortolotti, Femminismo e socialismo dal 1900 al primo dopoguerra, Messina Firenze, G. D'Anna, 1969

F.Pieroni Bortolotti, Francesco Misiano. Vita di un internazionalista, Roma , Editori riuniti, 1972

F.Pieroni Bortolotti, Socialismo e questione femminile in Italia, 1892-1922, Milano, Mazzotta, 1974

A.M.Mozzoni, La liberazione della donna, a cura di F.Pieroni Bortolotti, Milano, Mazzotta, 1975

Movimento operaio e lotta politica a Livorno 1900-1926, Roma, editori riuniti, 1977, in collaborazione con N. Badaloni

F.Pieroni Bortolotti, Femminismo e partiti politici in Italia, 1919-1926, editori riuniti, 1978

F.Pieroni Bortolotti, Alle origini del movimento femminile in Italia, 1848-1892, Einaudi, Torino, 1975

F.Pieroni Bortolotti, La donna, la pace, l'Europa, l'associazione internazionale delle donne dalle origini alla prima guerra mondiale, Milano Franco Angeli, 1985

A.Buttafuoco, La trama di una tradizione: leggere Franca Pieroni Bortolotti, Siena Arezzo, Università degli studi di Siena , 2001

M.Gavioli, Percorsi della soggettività negli inediti di Franca Pieroni Bortolotti, Rassegna bibliografica, pag.552-556

A che punto è la storia delle donne, a cura di A. Rossi Doria, Viella 2003

Archivio Franca Pieroni Bortolotti conservato dall'Istituto Gramsci di Roma

Presso la Biblioteca delle Oblate di Firenze sono conservati i lavori presentati dal 1991 al 2003 per partecipare al Premio Franca Pieroni Bortolotti


Valeria Stolfi

Nata a Praga il 28 novembre del 1970, laureatasi in Scienze politiche e Scienze bibliche protestanti, ha pubblicato nel 1992 la raccolta di racconti Al di là del muretto e nel 2007 il libro dal titolo La collaborazione giornalistica di Flavia Steno per il Secolo XIX e La Chiosa (1898-1927).Nel 2007, nel 2009 e nel 2011 sono usciti sulla rivista di cultura «Slavia» degli articoli concernenti le sue ricerche sull'accesso allo studio universitario femminile nella seconda metà dell'800 in Svizzera, su una rivista femminile russa femminile prerivoluzionaria e su alcuni racconti sugli emigrati russi a Berlino dopo la rivoluzione.

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Voce pubblicata nel: 2023

Ultimo aggiornamento: 2024