Una strada intitolata a una strega non è cosa molto diffusa, ma a Broni, in provincia di Pavia, esiste. La strada, in pieno centro storico a due passi dal municipio, è via Caterina Medici. Lei, Caterina, è una strega famosa: fra i tanti autori che ne hanno parlato, anche Alessandro Manzoni, che ne fa cenno nel Capitolo XXXI de I promessi sposi, Pietro Verri nella sua Storia di Milano (1825) e Leonardo Sciascia, che le dedicò il libro La strega e il capitano (Bompiani, 1986). Al di là del saputo, l’aspetto curioso è l’intitolazione che fu adottata dal Comune di Broni il 28 ottobre 1900. A proporre l’intitolazione fu Pietro Saglio, ingegnere, storico e presidente della Commissione incaricata il 20 maggio di quello stesso anno di censire lo stradario bronese e di proporre nuovi nomi per vie già esistenti o di recente realizzazione. Si previlegiarono intitolazioni che evocassero personaggi ed eventi del periodo risorgimentale, ma a due strade furono dati nomi particolari e per l’epoca illuminati: la vecchia via del Molino divenne via Caterina Medici, mentre un’altra strada fu intitolata a Giordano Bruno.

Nelle motivazioni della Commissione urbanistica si legge che l’intitolazione a Caterina aveva lo scopo di riscattare “dalla superstizione e dall’ignoranza” che l’avevano mandata al rogo la concittadina bronese. Caterina Medici nacque, infatti, a Broni nella seconda metà del Cinquecento. La data esatta non è stata rintracciata perché gli atti relativi alle nascite dei decenni fra Cinquecento e Seicento nella parrocchia di Broni sono andati dispersi. Le sue origini, però, sono specificate nel sunto dei documenti del processo a suo carico intentato dalla famiglia del senatore Luigi Melzi di Milano nel 1616. Anche in questo caso, la fonte dei documenti integrali è andata dispersa, nel 1788: il sunto, con citazione di varie deposizioni, fu consegnato alla fine del processo ai Melzi quale parte danneggiata ed è conservato dai discendenti, i Melzi d’Eril. Ne hanno fornito completa trascrizione Giuseppe Farinelli ed Ermanno Paccagnini nel volume Processo per stregoneria a Caterina de Medici 1616-1617 (Rusconi, 1989).

Da questi documenti emerge che Caterina, nata a Broni, era figlia di un maestro. Non viene indicata alcuna informazione sulla madre. A tredici anni, Caterina fu violentata da un uomo di Piacenza, Bernardino Zagalia detto Pinotto, che poi la sposò. I due andarono a vivere a Pavia. Caterina confessò di aver ricevuto i primi rudimenti di magia già a Broni, da ragazzina, da una fattucchiera chiamata Rosone o Rossone e di aver effettuato tre malefici su uomini del posto: due per provocare impotenza a chi aveva abusato di lei e uno per provocare la morte a un giovane che aveva dichiarato di amarla, ma che poi l’aveva tradita. Il terzo uomo si salvò, sempre a quanto riferito da Caterina, perché la ragazza si pentì di avergli comminato una fattura dagli effetti così definitivi e intervenne con una controfattura. Rimasta vedova, Caterina iniziò a lavorare a servizio di famiglie nobili e ricche fra Piemonte e Lombardia: a Pavia, Livorno Ferraris, Trino Vercellese, Occimiano, Casale Monferrato e dal 1612 a Milano.

Il 15 agosto 1616 prese servizio presso la casa del senatore Luigi Melzi. Luigi Melzi, nato nel 1554, laureato in Giurisprudenza a Pavia nel 1577, giureconsulto, Conte Palatino, Vicario Generale dello Stato di Milano nel 1582 e in seguito anche Vicario di Provvisione, era uno degli uomini politicamente più potenti nella Milano dell’epoca. Vedovo, aveva quattordici figli, fra cui Ludovico, anch’egli uomo di legge, Gerolamo, che divenne Vescovo di Pavia, e due figlie suore presso il convento milanese di San Bernardino, Margherita e Faustina. Dopo qualche tempo dall’entrata in servizio di Caterina, il Senatore Melzi iniziò ad accusare dolori di stomaco. Fra i medici chiamati a visitarlo fu anche Ludovico Settala, Protofisico di Milano (in pratica, l’attuale Assessore alla Sanità), medico e grande luminare per i suoi tempi. Nessun medico riuscì a individuare la causa dei dolori allo stomaco sofferti dal Melzi.

Intanto si faceva strada nei figli del Senatore, in particolare in Ludovico, il sospetto che il padre potesse avere una relazione amorosa con la sua serva, Caterina, fatto che avrebbe potuto comportare una dispersione del ricco patrimonio paterno. Nei giorni intorno al Natale del 1616 capitò in casa Melzi, apparentemente per caso, un tale Capitano Vacallo (di lui non si sa altro oltre al nome), amico di famiglia. Il Vacallo riconobbe in Caterina la serva che era stata a suo servizio nel 1613 e poi allontanata perché rea di aver eseguito un sortilegio affinché il Vacallo s’innamorasse di Caterinetta, figlia di un’altra serva, Isabetta, di Varese. A dar man forte al Vacallo giunse in casa Melzi un altro testimone, Andrea Cavagnolo. Le figlie suore del Senatore si fecero portare in convento i cuscini del letto nel quale il Senatore dormiva e vi scoprirono dentro dei nodi fatti con filo di refe, capelli e un legnetto. I nodi furono bruciati per allontanare il loro effetto demoniaco. Il Senatore dichiarò, allora, di star meglio. Tanto bastò perché Caterina fosse interrogata sul fatto di aver attuato un maleficio nei confronti di Luigi Melzi. E Caterina confessò, aggiungendo, però, che il sortilegio aveva la finalità “ad amorem”, per far innamorare di lei il Melzi, non “ad mortem”.

Il 26 dicembre 1616, Ludovico Melzi denunciò Caterina all’autorità civile di Milano. Iniziò subito il processo. Le deposizioni contro Caterina furono undici. Nessuna deposizione arrivò in sua difesa. Caterina fu interrogata otto volte fra il 27 dicembre 1616 e il 31 gennaio 1617 e venne torturata almeno due volte, benché avesse confessato di essere una strega. La pratica delle torture era obbligatoria anche in caso di confessione spontanea, poiché ritenuta azione di purificazione. Nel frattempo venne coinvolto anche Ludovico Settala che, esaminato il corpo di Caterina, vi trovò due macchie, una scura in corrispondenza del rene destro e una bianca a forma di croce sotto il seno, che il medico interpretò come marchi del Diavolo. Ne I promessi sposi, Manzoni, riconoscendo il grande intuito da parte del Settala nell’individuare i primi segni della pestilenza, purtroppo non creduto, non si astiene dall’accenno alla vicenda di Caterina: il Settala con un suo “deplorabile consulto, cooperò a far torturare, tanagliare e bruciare, come strega, una povera infelice sventurata perché il suo padrone pativa dolori strani di stomaco”. Dopo la sentenza di colpevolezza di Caterina da parte del tribunale civile, la pratica passò al tribunale dell’Inquisizione, che confermò la sentenza.

Il 4 febbraio 1617 Caterina venne condannata a morte. La condanna fu eseguita un mese dopo, il 4 marzo. Caterina venne incatenata (“tanagliata”) e portata su un carro nelle strade di Milano sino a piazza Vetra, luogo dell’esecuzione. Lì venne eretta per la prima volta una baltresca, una torre di legno molto alta perché tutta la folla potesse vedere anche da lontano il rogo. Caterina fu prima strangolata per provocarle stordimento e poi bruciata viva. Durante le sue confessioni aveva raccontato in modo dettagliato la sua “istruzione” di strega, i procedimenti di fatture, le partecipazioni ai barilotti, specie di sabba non svolti in date fisse, i nomi delle sue maestre e di chi ai barilotti aveva partecipato, ma anche i nomi di chi era stato vittima dei suoi malefici, soprattutto bambini. È chiaro che in un’epoca in cui pestilenze, carestie e miseria uccidevano, tornava facile credere o far credere di possedere poteri sovrumani, donati da un patto di sangue dal Diavolo, per provocare malattie e morte. Di averli, però, Caterina era convinta, unica sua arma per difendersi da un mondo che le aveva dato soltanto violenza. Lasciò due figlie, Vittoria e Angelica, avute dal capitano Giovanni Pietro Squarciafico del quale fu serva a Occiminano dal 1598 al 1610, quando fu allontanata per volere del vescovo di Casale, Tullio Del Carretto, data la condotta immorale.

E ha lasciato una strada, a Broni, che la riscatta dall’orrore subito.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Caterina Medici

Oltre ai testi citati all’interno della voce, si segnala:
Cinzia Montagna, Chi ha paura di Caterina? Storia vera della strega di Broni, di un mulino, di una strada e di due fate, Primula Editore, Voghera, 2016



Cinzia Montagna

Cinzia Montagna è giornalista professionista. È coautrice del programma televisivo di e con Patrizio Roversi Slow Tour Padano in onda dal 2020 su Rete4. Ha collaborato dal 2015 con Roversi e Syusy Blady nella realizzazione di video e documentari e con Paolo Massobrio in Golosaria tra i castelli del Monferrato dal 2007. Laureata in Lettere, in Teoria e Storia della Storiografia, all’Università di Pavia, svolge dal 2009 ricerche dedicate in particolare a figure femminili nella storia e ha varie pubblicazioni al suo attivo.

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Voce pubblicata nel: 2024