To create one's world in any of the arts takes courage 1.

Georgia Otto O'Keeffe nasce nei pressi di una fattoria a Sun Prairie, nel Wisconsin il 15 novembre 1887. Seconda di sette fratelli e sorelle, riconosce fin dalla giovanissima età la sua vocazione per l’espressione artistica 2, strada che verrà intrapresa anche dalla sorella minore Ida O’Keeffe (1889-1961). Il Novecento vede O’Keeffe tra le artiste più conosciute e apprezzate negli Stati Uniti, fama che le sarà riconosciuta anche fuori dai confini americani dopo la sua morte, grazie a una serie di mostre internazionali di grande successo.

L’opera di O’Keeffe è esposta per la prima volta a New York nel 1916, fortemente sostenuta dal fotografo Alfred Stieglitz (1888-1946), che sarebbe diventato presto il suo promotore, amante e marito. La copiosa produzione dell’artista (si contano 1029 opere riconosciute) è ora conservata con oltre 500 opere in più di cento collezioni pubbliche in Asia, Europa, Nord e Centro America, mentre il Georgia O’Keeffe Museum, alla data della sua morte nel 1986, ospita l’altra metà, come per volere dell’artista stessa a testimonianza ed eredità della sua lunga e articolata carriera.

Dal 1915 al 1918, O'Keeffe studia e insegna in Carolina del Nord, Virginia e Texas, ricordando il periodo, anche nella sua particolare autobiografia Georgia O’Keeffe (1976), come il più bello della sua vita:

there was no one around to look at what I was doing - no one interested - no one to say anything about it one way or another" 3.

O’Keeffe si sente libera, esplora nuove espressioni artistiche e trova nell’astrazione il miglior mezzo espressivo, anche mentre si confronta con insegnanti influenti come Alon Bement e Arthur Wesley Dow. L’approccio al design di Dow, per esempio, caratterizzato dall’incontro con il giapponese Katsushika Hokusai, lascia un profondo segno nella formazione di O’Keeffe come, peraltro, l’iniziazione di Bement al Cubismo e Post-Impressionismo attraverso l’opera di Jerome Eddy (1914) e di Wassily Kandinsky, nel contenuti del volume, Concerning the Spiritual in Art (1912). Nonostante resti affascinata dall’idea di Bement di “riempire uno spazio con la bellezza,” O’Keeffe è determinata a continuare per la sua strada:

"I decided to start anew – to strip away from what I had been taught – to accept as true my own thinking. This was one of the best times of my life. [...] I was alone and singularly free, working into my own, the unknown – no one to satisfy but myself"4.

Indipendente e audace, O’Keeffe si distingue subito tra gli artisti figurativi contemporanei per il suo interesse verso l’astratto come mezzo espressivo originale, aprendo così le porte all’età Modernista:

"In 1914, I went back to New York to study with Arthur Dow at Teachers College, Columbia University. On my first Sunday in the city, I noticed that the American Watercolor Society was having its fall show so, remembering some of my old friends and acquaintances, I went down to see what they were doing. Everyone was just about as they had been six years before" 5.

O’Keeffe è attratta da ciò che Kandinsky definisce “necessità interiore” (Concerning the Spiritual in Art 27) che la pittrice sente coincidere con il proprio desiderio di innovazione e originalità. Prende le distanze da ciò che le è stato insegnato, e ripete a sè stessa che sarebbe sciocca a non dipingere nel modo che davvero intende. A tale proposito, è fondamentale il supporto che riceve dall’amica fotografa e attivista Anita Lily Pollitzer (1894-1975). È Pollitzer infatti a portare una di serie di carboncini su carta bianca, disegni astratti intitolati Special, alla 291 Art Gallery diretta da Stieglitz, il quale, all’insaputa della stessa O’Keeffe, appende i lavori alle pareti della Galleria nel maggio del 1916. Gratificata dall’interesse dimostrato verso le sue opere, O’Keeffe lentamente inizia a sperimentare l’acquerello realizzando una serie di dipinti in Texas nel 1917, dal titolo Evening Star, mostrandosi entusiasta del risultato ottenuto nell’esprimere la vastità dei cieli texani. Stieglitz continua a incoraggiarla, e così O’Keeffe, comunque attratta da questa figura proiettata al futuro quale il fotografo dimostrava essere, torna al colore e alle forme che renderanno la sua opera inequivocabilmente unica e originale.

Nel giugno del 1918 si trasferisce su invito di Stieglitz a New York dove alloggia “on the top floor of a brownstone house next to the back of the Anderson Galleries on 59th Street” (sul piano più alto di un edificio di mattoni accanto al retro delle Anderson Galleries sulla 59a Strada). Lo studio di proprietà di Stieglitz diventa il luogo dove la relazione tra i due si trasformerà in una storia d’amore potente e appassionata.

Nel contempo, O’Keeffe continua a viaggiare per l’America, inseguendo il sogno della Grande Pittura Americana. Nei momenti di separazione, i due amanti si scrivono costantemente, fino a produrre una corrispondenza epistolare vastissima raccolta in un primo volume My Faraway One: The Letters of Georgia O’Keeffe and Alfred Stieglitz, Volume 1, 1915-1933, a cura di Sarah Greenough (2011). Inseparabili, Stieglitz e O’Keeffe, nel loro appartamento al 30° piano dello Shelton Hotel, lavorano e vivono New York City nei mesi invernali e primaverili, mentre trascorrono le estati e l’autunno nella residenza di famiglia degli Stieglitz a Lake George, ad Adirondak Park, New York State.

O’Keeffe stupisce con le sue opere astratte in olio tra il 1918 e il 1923, per la precisione e carattere che ben si allineano alle idee moderniste di Stieglitz già espresse in fotografia. Le rappresentazioni ingigantite di soggetti dalle forme semplici e riconoscibili, come i fiori per esempio, rimangono tra le opere che più contraddistinguono l’artista nel mondo ancora oggi, e subiscono chiaramente il fascino del mezzo fotografico:

Nobody sees a flower really; it is so small. We haven't time, and to see takes time - like to have a friend takes time. […] I had to create an equivalent for what I felt about what I was looking at - not copy it" 6.

La sorpresa e la consapevolezza del proprio talento arriva con l’inaspettato successo dei suoi dipinti dedicati ai grattacieli di New York, una serie di opere che Stieglitz più di una volta aveva ritenuto essere un’impresa impossibile:

Of course, I was told that it was an impossible idea - even the men hadn’t done too well with it. From my teens on I had been told that I had crazy notions so I was accustomed to disagreement and went on with my own idea of painting New York" 7.

La personale vittoria spinge O’Keeffe a continuare con la sua sperimentazione anche se si rivela spesso essere un percorso estenuante e arduo per una donna, soprattutto dopo una scomoda retrospettiva fotografica di Stieglitz dove quest’ultimo espone alcune foto di nudo della stessa O’Keeffe alle Anderson Galleries accanto ai dipinti astratti della compagna e alle sue rappresentazioni floreali che già avevano stimolato critiche in chiave freudiana, così popolare all’epoca. O’Keeffe non gradisce questo approccio alla sua arte, contro il quale si oppone per tutta la sua vita. Rivolgendosi ai critici, scrive nella sua autobiografia:

You hung your own associations with flowers on my flower and you write about my flower as if I think and see what you think and see of my flower – and I don’t" 8.

O’Keeffe inizia a soffrire di depressione, presumibilmente a seguito del comportamento autoritario, dominante e omnipresente di Stieglitz. Decide così di accettare l’invito di trascorrere l’estate del 1929 a Taos, nel New Mexico, presso la residenza dell’eccentrica Mabel Dodge Luhan, scrittrice e sostenitrice delle arti. Il soggiorno segna l’inizio di un costante pendolarismo tra il Sud-Ovest e New York, che vede la pittrice dividersi tra la fruttuosa linfa creatrice dei luoghi del deserto americano e la fedeltà e lealtà alla figura di Stieglitz nella frenetica realtà newyorkese.

Proprio a partire dal 1929, O’Keeffe trascorre ogni primavera ed estate in New Mexico, dipingendo e tessendo profonde relazioni con le comunità indigene di Santa Fe e Abiquiu, fino a rendere il New Mexico la sua residenza permanente nel 1949, una volta completato il restauro dell’adobe di Abiquiu e dato il definitivo addio a Stieglitz, morto nell’agosto del 1946.

Le fotografie che ritraggono O’Keeffe alla guida della sua Ford Model A per centinaia di miglia tra Taos, Alcade, Espanola, Santa Fe, e Ghost Ranch ad Abiquiu contribuiscono alla costruzione di un’immagine di O’Keeffe destinata a diventare iconica e affascinante, immersa nei paesaggi del territorio Navajo. Tra le pareti a picco di Black Place e la montagna dalla vetta spianata di Mount Pedernal, O’Keeffe trascorre lunghe giornate a raccogliere ossa sbiancate e rocce che diventano soggetti dei suoi dipinti, spesso abbinati a fiori artificiali creati dagli abitanti del posto. O’Keeffe è rispettosa e rapita dalla cultura e dalle tradizioni del luogo, rispetto che onora con un restauro accuratissimo di Ghost Ranch, una proprietà della Chiesa Cattolica che riesce ad aquistare nel 1940, e del suo giardino. I lunghi e laboriosi lavori sono documentati nel volume Maria Chabot-Georgia O’Keeffe: Correspondence, 1941–1949. O’Keeffe si immerge nella bellezza disarmante del New Mexico, e così pure la sua arte che mira a fondere insieme gli elementi caratterizzanti del luogo dando loro nuova autorevolezza: le chiese, le croci, gli alberi di cotone, i fiumi, le colline diventano nuovi soggetti carichi di quel senso di “americanità” che O’Keeffe insegue:

One can not be an American by going about saying that one is an American. It is necessary to feel America, like America, love America and then work" 9.

Negli anni Cinquanta, ormai settantenne, O’Keeffe inizia a viaggiare per il mondo. Il lascito artistico migliore dopo queste esperienze trascende in questo caso le forme scontate del ricordo dei luoghi e si traduce in opere inaspettate come la serie di dipinti Sky Above Clouds, nei quali O’Keeffe, dal finestrino dell’areoplano, guardando verso la terra, ritorna all’arte non figurativa dei suoi primi anni, quando appunto si sentiva totalmente libera e appagata. Forse implicitamente rivolgendosi ai suoi critici più feroci, O’Keeffe scrive,

Where I was born and where and how I have lived is unimportant. It is what I have done with where I have been that should be of interest" 10.

Nell’ottobre del 1970, il Whitney Museum of American Art presenta una retrospettiva dell’artista riscuotendo un incredibile successo e attirando l’attenzione del movimento femminista verso questa figura coraggiosa e controversa. Invitata da alcune esponenti a diventare uno dei simboli di questa “Feminist Second Wave”, O’Keeffe replica con un’apparente mordace affermazione, “Go work” (Karbo 217), ovvero “andate a lavorare,” sintetizzando così in due parole il suo impegno alla causa femminista di già lungo corso, quando all’inizio del Novecento aveva deciso di intraprendere la carriera di artista.

Nel 1971, O’Keeffe inizia a soffrire di una patologia maculare degenerativa che le provoca la progressiva perdita della vista. Tuttavia, continua a lavorare con l’aiuto del suo assistente ceramista e scultore Juan Hamilton che diventa suo amico e curatore legale.

Nel 1977, O’Keeffe riceve la “Medal of Freedom” dal Presidente Gerald Ford e nel 1985 viene insignita della National Medal of Arts.

L’ “imperatrice di Abiquiu” (Karbo 219) O’Keeffe muore il 6 marzo del 1986 al St Vincent’s Hospital di Santa Fe, assistita e accudita dalla famiglia Hamilton, lasciando un’eredità artistica multipla ed incommensurabile al pubblico che l’ha conosciuta: il piacere di sentire il bello anche nelle forme più semplici.

Note


1 Per creare il proprio mondo nelle arti ci vuole coraggio. (Tutte le citazioni a seguire sono tratte dall’autobiografia di Georgia O’Keeffe, Georgia O’Keeffe, pubblicata nel 1976 senza numeri di pagina. Le traduzioni si intendono di servizio e sono di Cristiana Pagliarusco)
2 “I had it in my head, well, I couldn’t have been 12…that I was going to be a painter”. Era nella mia testa l’idea, dunque, avrò avuto 12 anni...che sarei diventata una pittrice.
3 Non c’era nessuno intorno a osservare quel che stavo facendo - nessuno interessato - nessuno a esprimere opinioni per un verso o per l’altro.
4 Decisi di cominciare da zero—di spogliarmi di ogni cosa che mi era stata insegnata—di accettare come vero il solo mio pensiero. Fu questo il miglior tempo della mia vita. [...] Ero sola e straordinariamente libera, esplorando me stessa, l’ignoto—nessuno da compiacere se non me medesima.
5 Nel 1914, tornai a New York a studiare con Arthur Dow al Teachers College, alla Columbia University. Durante la mia prima domenica in città, notai che la Società Americana di Aquerellisti esponeva per la sua mostra autunnale, ricordando alcuni vecchi amici e conoscenti, andai a vedere su che cosa stessero lavorando. Tutti erano ancora più o meno rimasti a sei anni prima.
6 Nessuno vede un fiore realmente; è così piccolo. Non abbiamo tempo, e per vedere ci vuole tempo - come avere un amico richiede tempo. […] Dovevo creare un equivalente per ciò che sentivo mentre lo guardavo – non crearne una copia.
7 Certo, mi era stato detto che era un’impresa impossibile—nemmeno agli uomini era riuscita troppo bene. Dalla mia adolescenza mi ero sentita dire che avevo idea pazze quindi ero abituata a non essere d’accordo e quindi andai avanti con la mia idea di dipingere New York. (O’Keeffe)
8 Associate al mio fiore le vostre idee circa i fiori e scrivete del mio fiore come se fossi io a pensare e vedere ciò che voi vedete e pensate del mio fiore—io non lo faccio. (O’Keeffe)
9 Una persona non può definirsi americana semplicemente andandosene in giro dicendo che è un’americana. È necessario sentire l’America, amare l’America, adorare l’America e poi lavorare. (O’Keeffe)
10 Dove io sia nata e dove e come io abbia vissuto non è importante. Ciò che dovrebbe contare è che ho fatto con i luoghi dove sono stata. (O’Keeffe)

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Georgia O'Keeffe

Cowart, Jack, e Juan Hamilton e Sarah Greenough, Georgia O’Keeffe: Arts and Letters. Catalogo Mostra. Washington, DC: Bullfinch Press and Boston, MA: Little, 1987

Dijkstra, Bram. Georgia O’Keeffe and the Eros of Place. Princeton, NJ: Princeton University Press, 1988

Drohojowska-Philp, Hunter. Georgia O’Keeffe: Pioniera della Pittura Americana. Milano: Johan & Levi, 2010

Giboire, Clive. Lovingly, Georgia: The Complete Correspondence of Georgia O’Keeffe and Anita Pollitzer. New York: Simon & Schuster, 1990

Greenough, Sarah. My Faraway One: Selected Letters of Georgia O’Keeffe and Alfred Stieglitz: Volume One, 1915–1933. New Haven, CT: Yale University Press, 2011

Kandinsky, Wassily. Concerning the Spiritual in Art. Tr. Michael T. H. Sadler, http://www.public-library.uk/ebooks/22/92.pdf (ultimo accesso in data 18.02.2024)

Karbo, Karen. How Georgia Became O’Keeffe: Lessons on the Art of Living. Guilford, CT: Skirt!, 2013

Lisle, Laurie. Portrait of an Artist: A Biography of Georgia O’Keeffe. New York: Seaview Harper & Row, 1980

Lynes, Barbara Buhler, e Ann Paden, Maria Chabot-Georgia O’Keeffe: Correspondence, 1941–1949. Albuquerque: University of New Mexico Press, 2003

O’Keeffe, Georgia. Georgia O’Keeffe. New York: Viking Press, 1976; reprinted, New York: Penguin Books, 1985

O’Keeffe, Georgia. Some Memories of Drawing. Ed. Doris Bry. Albuquerque, NM: University of New Mexico Press, 1974

Robinson, Roxana. Georgia O’Keeffe: A Life. Hanover, NH: University Press of New England, 1999

Siti di riferimento
The Georgia O’Keeffe Museum, https://www.okeeffemuseum.org/ (ultimo accesso 18.02.2024)

Georgia O’Keeffe Biography, Peter Jones Productions, https://youtu.be/I7tclGaHfeA?si=zbR-lLLbkvlqXdKw (ultimo accesso 18.02.2024)


Voce pubblicata nel: 2024

Ultimo aggiornamento: 2024