Giovanna Grignaffini nasce a Fontanellato, dove i genitori, insieme alla nonna materna, gestiscono fino al 1961 la Trattoria della Rosa, e poi la Locanda Grande, affacciata alla Rocca, il piccolo castello circondato dal fossato e dall’acqua che custodisce il ciclo di affreschi del Parmigianino, fra i più importanti ed enigmatici del Rinascimento. Su questa scena incantata Giovanna impara presto a servire caffè e amari. Nel 1955 nasce Nene, sodale fidata e inossidabile sorella di vita e di progetti.

Giovanna è una bambina vivace. Comincia presto a confondere le regole conformiste di paese, condividendo con gli amici maschi la passione per il calcio – mai sopita. Il che non le impedisce di vedere il suo nome stampato sulla “Gazzetta di Parma” come la più brava allieva di Fontanellato per tutte le scuole medie. Unica femmina a tirare calci al pallone, subisce senza desistere le dure reprimende e i ceffoni di sua madre, fino a giocare da titolare in serie A nella squadra Cebora Bologna, nel ruolo di mezzala.

Forte di tanta “fama”, compie gli studi superiori al liceo classico Romagnosi di Parma, confermandosi intelligente, brillante e profonda, qualità che svilupperà ulteriormente frequentando la Facoltà di Filosofia all’Università di Bologna. Nel 1973 si laurea in Estetica con Luciano Anceschi, discutendo una tesi sul cinema di Godard. È una scelta piuttosto inconsueta per i tempi: il cinema è ancora estraneo all’ambito accademico, e poi Godard è in quegli anni l’autore più difficile e scomodo della Nouvelle Vague; certo il più teorico, per come scardina il linguaggio cinematografico, e per questa via il più politico, perché racconta i volti, i corpi, gli spazi, le relazioni impreviste dei tempi nuovi. Un cinema di molto pensiero e di poche parole, non traducibile da nessuna scrittura, carico di insofferenza e desiderio. Tutti ingredienti che torneranno nella ricerca, ma anche nella scrittura di Giovanna, compresa quella romanzesca che prenderà forma molto più tardi.

La ricerca nel cinema diventa quindi da subito il suo lavoro. Il grande critico Adelio Ferrero la vuole al suo fianco sino alla sua morte (1977) nel corso di Storia e Teoria del Cinema dell’Alma Mater di Bologna e Giovanna partecipa ai formidabili anni del Dams di Umberto Eco, che abiterà sino agli anni Novanta, insieme ai tanti colleghi e soprattutto amici: Omar Calabrese, Roberto Grandi, Ugo Volli, lo stesso Eco; con loro condividerà esperienze tra cultura e politica sin dal ‘77 bolognese e molti progetti successivi, oltre che innumerevoli e indimenticabili momenti conviviali e cantate notturne.

Alla ricerca affianca l’organizzazione di convegni, seminari, curatele e numerosi articoli che pubblica su riviste come “Cinema&cinema” e “Lapis”, progetto condiviso con Lea Melandri. Nel frattempo collabora attivamente al magico sodalizio della MovieMovie, la società di produzione che la sorella Nene ha fondato insieme a Francesco Conversano (www.moviemovie.it) dando vita con Stefano Barnaba a una realtà che in più di 40 anni ha realizzato molti fra i più bei documentari prodotti in Italia. Giovanna curerà in particolare Effetto cinema. La scena, il montaggio, la colonna sonora (rispettivamente usciti nel 1983, 1984, 1985) e negli anni Novanta La signora senza camelie, sulla vita di donne attive a Bologna negli anni '50 tra politica, cultura e sindacato, insieme a Raffaella Lamberti.

Le sue principali pubblicazioni raccolgono i momenti clou della sua ricerca. La Nouvelle Vague (La pelle e l’anima. Intorno alla Nouvelle Vague, 1984), l’amato Bertolucci, gli anni Trenta del cinema europeo. E poi lo studio dell’impatto dell’arte cinematografica, nuova sotto tutti gli aspetti, sulle estetiche contemporanee, attraverso le parole dei primi critici e teorici del Cinema, da lei tradotti – Bela Balasz ed Epstein per la prima volta in italiano. Traccia così un paesaggio capace di restituire a chi legge la peculiarità di un’arte “muta” che scatenava una pedagogia della visione e delle passioni del tutto inedita. Sono i temi del libro Sapere e teorie del cinema. Il periodo del muto, 1989. Questa ricerca comprendeva qualche anno dopo in un piccolo libro agile e prezioso (Signore e signori il cinematografo. La nascita del cinema e il suo mito, 1995), un approccio più storico-sociale di quel “dispositivo cinematografico” che aveva ereditato, in una ideale storia della visione, consuetudini, pratiche, fruizioni proprie di altre grandi attrazioni.
E poi ci sono le monografie: Rene Clair, Jean Renoir, Godard naturalmente, il già citato Bernardo Bertolucci, Pupi Avati, ma anche l’approfondimento di quella mitografia dell’Attore, anzi dell’Attrice, che la impegnerà in molti scritti importanti, che mirano al cuore complicato del “corpo” e del volto femminile sullo schermo. Il lavoro di Giovanna Grignaffini si concentra quindi su quella dimensione filosofica per eccellenza, forte di tanti studi francesi e non, la sostanza dell’immagine che innamora, il corpo ritrovato nello schermo e fuori dallo schermo. Temi che costellano la raccolta La Scena madre. Scritti sul cinema (2006). In questo senso è Marilyn Monroe a rappresentare un filo rosso di ricerca, per la potenza della sua biografia e della sua presenza materiale e immateriale, a porre le domande più decisive che torneranno, in forma di romanzo, nell’ultimo libro pubblicato di Giovanna Come il volo di un colibri (2016).

Amatissima dalle giovani e giovani allievi, con cui collabora frequentemente, Giovanna Grignaffini ha coniugato una dimensione di ricerca e di pensiero rigoroso e solitario, quasi una introversione naturale a un esercizio di felice socialità mai superficiale, che rifletteva una rara capacità di ascolto e di elaborazione del pensiero altrui, al pari di ogni tipo di scrittura e di espressione: dal saggio filosofico alla “canzonetta” la sua sensibilità coglieva sotto la più pop delle espressioni come nei testi sacri della filosofia contemporanea uno spirito del tempo da calibrare, da comprendere, da interrogare. L’importanza delle relazioni di amicizia e di pensiero è centrale nella sua biografia, foriera di progetti culturali e politici, un modo di essere nel mondo che le apre “naturalmente” l’impegno politico in ogni stagione della vita: dalla corsa a Firenze nel 1966, a salvare i libri della Biblioteca Nazionale dal fango, agli anni Settanta, dal femminismo a quello politico in Parlamento. Sono, questi ultimi, gli altri due ambiti in cui Giovanna Grignaffini si è spesa senza risparmio, con entusiasmo e spirito di servizio.

Fin dalla sua costituzione – ufficializzata nel 1983 - aderisce all’Associazione Orlando, dalla quale prende corpo il Centro di Documentazione delle Donne di Bologna, allora con sede in via Galliera; Giovanna lo presiederà dal 1989 al 1992. Tra le prime importanti iniziative organizzate al Centro, nel 1982, la prima rassegna cinematografica dedicata al cinema delle donne, con il titolo Niente cade dal cielo in cui cinque importanti registe tedesche, Helma Sanders Brahms, Helke Sanders, Ulrike Ottinger, Margarethe von Trotta, dialogano con Dacia Maraini, Barbara Duden, Piera Detassis e molte altre.
Negli anni della sua presidenza dell’associazione Orlando, il femminismo italiano è attraversato da aspri dibattiti e persino conflitti che Giovanna tenterà di governare grazie, anche, alla “politica dell’aperitivo”, uno spazio di discussione conviviale per favorire il confronto propositivo tra posizioni diverse.

Con qualche timore per la politica come professione, si candida quindi al Parlamento nel 1994 nelle liste dei Progressisti. Viene eletta e resta in carica per tre legislature fino al 2006, partecipando con entusiasmo al progetto dell’Ulivo di Romano Prodi. Si dimostrerà ben presto una delle migliori espressioni della società civile impegnata in politica, perché dotata di competenza, determinazione, intelligenza e passione.

Riesce così a ritagliarsi un ruolo importante nel gruppo parlamentare e nel lavoro di commissione, promuovendo moltissime iniziative in favore della cultura e del movimento delle donne, tra le quali spicca la battaglia per il riconoscimento della violenza sessuale come delitto contro la persona e non più contro la moralità pubblica e il buon costume e la legge di riforma della Siae.
Ma Giovanna non ha mai smesso di occuparsi di Bologna, la sua città d’adozione. Si deve al suo impegno, per esempio, il merito di aver conquistato per il Centro delle donne la prestigiosa sede nell’ex Convento di Santa Cristina.

L’esperienza parlamentare rappresenta una tappa decisiva della sua vita, non solo per l’impegno dedicato ai temi dell’informazione, della cultura e delle politiche femminili, ma anche per la costruzione di nuove importanti relazioni politiche e di amicizia. Con Giovanna Melandri, Letizia Paolozzi, Franca Chiaromonte, Laura Pennacchi e Fulvia Bandoli darà vita a un sodalizio fatto di un ricco scambio di idee e di progetti che sopravviveranno ben oltre la sua presenza in Parlamento.

Nella sua "terza vita", lasciata la politica attiva e orfana del lungo legame con Patrizia Polacco, si lancia con pudore e coraggio nella scrittura narrativa, ed è una scrittura pensosa e reticente, non troppo diversa da quella saggistica, ma comprensiva di tutto ciò che conta per lei: l’utopia, il cinema, le amicizie, la qualità delle relazioni, lo spazio, la visione, e soprattutto le domande senza risposta. Il primo romanzo, Però un paese ci vuole (2012) è un’affettuosa e geometrica elegia di Fontanellato, della sua giovinezza e degli amici rimasti. Il racconto della ricerca di senso e di spazio di una generazione. Nel citato Come il volo di un colibrì (2016) trova infine la forma a lungo cercata, sempre attraverso un pensiero plurale e collettivo di un gruppo di amici e amiche, della verità inafferrabile della persona Norma Jean/Marilyn Monroe, l’artista consapevole della propria esistenza paradossale che ebbe a scrivere: “vorrei scomparire nell’immagine”.

Nei suoi quaderni fitti di appunti e di frasi perfette, Giovanna ha raccolto negli ultimi anni il materiale per un nuovo romanzo dedicato alla sapienza e alla vita misteriosa dei cani, compagni di vita, insieme ai gatti, fedeli, silenziosi e presenti.
Parti della sua biblioteca (oltre 6000 volumi) sono state donate alla Biblioteca di Fontanellato, all’Istituto Gramsci di Bologna, alla biblioteca del Centro di Documentazione delle Donne di Bologna, ed è in corso una donazione alla Biblioteca Umanistica Ezio Raimondi dell'Università di Bologna. In particolare, la parte della sua biblioteca sul rapporto tra cinema e femminismo è stata donata alla Biblioteca Italiana delle Donne.

Fonti, risorse bibliografiche, siti su Giovanna Grignaffini

Giovanna Grignaffini, La vita è cinema. Jean Renoir, tutti gli scritti 1926-1971, Longanesi 1978.
Giovanna Grignaffini, Rene Clair, Il Castoro 1979.

Piera Detassis e Giovanna Grignaffini, Sequenza segreta. le donne e il cinema, Feltrinelli 1981.

Giovanna Grignaffini, La pelle e l’anima. Intorno alla Nouvelle Vague, La Casa Usher 1984.

Giovanna Grignaffini, Sapere e teorie del cinema. Il periodo del muto, CLUEB 1989.

Giovanna Grignaffini, Storie di famiglia. Il cinema di Pupi Avati, Feltrinelli 1993.

Giovanna Grignaffini, Signore e signori il cinematografo. La nascita del cinema e il suo mito, Marsilio 1995.

Giovanna Grignaffini, La scena madre. Scritti sul cinema, Bononia University Press 2006.

Giovanna Grignaffini, Introduzione al cinema del Novecento, in Storia della civiltà europea, a cura di Umberto Eco, Encyclomedia Publisher 2014.

Un fondo dell’attività accademica è stato donato al Centro di documentazione delle Donne nel 2007 (cfr. www.cittàdegliarchivi.it)

Da enciclopediadelledonne.it è stata curata la versione ebook del romanzo Però un paese ci vuole di Giovanna Grignaffini.



Voce pubblicata nel: 2025

Ultimo aggiornamento: 2025