[…] The best is yet to come and babe, won't it be fine? You think you've seen the sun, but you ain't never, never seen it shine […] Wait till our lips have met And wait till you find that sunshine day You ain't seen nothin' yet… […].[

[…] Il meglio deve ancora venire e tesoro, non sarà meraviglioso? Pensi di aver già visto il sole, ma non l’hai ancora visto brillare […] Attendi finché le nostre labbra non si saranno incontrate E aspetta finché non avrai vissuto quel giorno di sole Per il momento, non hai ancora visto niente… […].


Una voce risoluta e brillante intona questa promessa di gioia in uno dei suoi album più celebri, Alexandria the Great, pubblicato dalla Impulse! Records nel 1964. Il brano in questione, The best is yet to come, si ricorderà forse maggiormente per la versione di Frank Sinatra, incisa nello stesso anno con l’orchestra di Count Basie. Agli amanti della serie televisiva Star Trek la canzone suonerà familiare in quanto cantata dagli attori in una delle puntate di Star Trek: Deep Space Nine, nel febbraio del ’99.

Dolorez “Lorez” Alexandria Turner, cantante jazz di Chicago, firma con le stesse note sinatriane un’attesa che viene ricompensata da tutte le sue squisite interpretazioni jazzistiche. L’eleganza, il lirismo e la finezza della sua voce possono essere comparati a quelli di “colleghe” come Sarah Vaughan o Ella Fitzgerald, ma l’unicità della sua musicalità conferma l’unicità di ognuno e il contributo che la voce umana può dare al genere musicale che ha reso originalità e interpretazione improvvisativa segni distintivi e peculiari: il jazz.

Nel disco Alexandria the Great è doveroso citare almeno altri tre pezzi esemplari: due che nascono come ballad (composizione concepita in una velocità lenta, anche se in questo caso specifico la prima delle due è resa ad una velocità media) e un medium (brano che si esegue solitamente a media velocità).

I primi due esempi sono I’ve never been in love before e My one and only love, rispettivamente scritti dai compositori Frank Loesser e Guy Wood. Il terzo è Satin doll, tipico tune (scritto nel ’53 da Billy Strayhorn e Duke Ellington con le parole di Johnny Mercer), su cui da sempre si cimentano i jazzisti provenienti da ogni dove nelle jam sessions. Qui si intrecciano dinamicamente piano, chitarra e sax. Svetta la sonorità altrettanto propulsiva di Lorez, che conclude l’intervento con una frase di scat, modalità canora che è solita solo accennare in brevi momenti nelle proprie registrazioni. Ci fa intendere così che ciò in cui eccelle è un fraseggio finemente improvvisato che serpeggia tra le parole del testo. La raffinatezza dell’accompagnamento musicale è confermata dal flauto di Bud Shank e dal vibrafono di Victor Feldman. Oltre ai classici strumenti della sezione ritmica formata da Jimmy Cobb alla batteria, Wynton Kelly al piano, Al McKibbon e Paul Chambers al contrabbasso, compaiono la chitarra di Ray Crawford e il sax alto di Paul Horn.

La vocalist si cimenta con grande versatilità anche in fiori all’occhiello del musical, come Over the rainbow (cantata da Judy Garland per il film Il mago di Oz nel 1939) e Get me to the church on time. Quest’ultima, melodia principale di My fair lady (musical di Broadway del ’56 in cui Rex Harrison e Julie Andrews recitano nei panni dei protagonisti) è una scelta insolita nel contesto jazzistico: Alexandria la interpreta nell’atmosfera orchestrale solenne. In questa versione la sua vocalità dà inizio a una caratteristica che possiamo osservare in un’altra cantante solo di poco più giovane, Nancy Wilson, dedita al jazz quanto al genere della canzone popolare americana, al pop, al soul e al rhythm and blues. Si tratta della profondità vocale che caratterizza la vena bluesy, in particolar modo nelle ballad. Bluesy è un’ambientazione lenta, colma di pathos, simile a quella che si crea nei brani prettamente blues.

Se confrontiamo la vocalità di Lorez con quella di altre cantanti jazz come Billie Holiday o Sarah Vaughan, notiamo che il tono patetico, malinconico, sentimentale è meno accentuato rispetto alle altre. In Holiday, sopra tutte, il dolore di una vita viene percepito immediatamente da chi ascolta. Al contrario, le sonorità di Lorez alternano swing rilassato a momenti più vivaci, che comunicano uno stile di vita più sereno e stabile, a differenza di molti protagonisti della storia del jazz, le cui storie tormentate si riversano inevitabilmente nelle loro musiche.

Non si sa molto delle origini di Lorez, della sua famiglia e della sua infanzia, nonché della sua successiva vita privata. In campo artistico esordisce adolescente come cantante di gospel in chiesa e, prima di intraprendere il percorso di solista, prende parte a un coro a cappella itinerante, spostandosi dalla sua città di origine in tutto il Midwest. In seguito trova impiego in diversi locali di Chicago (come il Cloister Inn o il Brass Rail) e comincia a incidere i suoi primi lavori per etichette discografiche indipendenti: con la King Records; firma This is Lorez, album di debutto del ‘57, accompagnata dal gruppo del pianista e compositore Walter Fleming, detto “King” Fleming.

L’anno successivo la vede alle prese con un omaggio al grande sassofonista Lester Young, soprannominato Prez o Pres (diminutivo di President): esce Lorez Sings Pres: A Tribute to Lester Young, in cui Lorez riprende alcuni successi di Billie Holiday, grande amica del sassofonista e sua collaboratrice. In questo album il suo scat diventa dominante e assume un’agilità che ci rammenta la stessa Ella Fitzgerald, maestra dell’improvvisazione vocale.

L’ammirazione per la grande Billie Holiday si nota nelle stesse parole di Lorez quando, all’ascolto di un brano di Billie, Violets for your furs, nel ’65, dichiara: “[…]. Come è possibile per una donna essere così incredibile? Oltretutto questa [versione] risale ad un periodo in cui si suppone non cantasse bene […]. Ha sempre recepito il messaggio. Non ha mai fallito.”.

Altri due capolavori compaiono nel contratto con la King Records: The Band Swings Lorez Sings e Singing Songs That Everyone Knows (intitolato anche Standards with a Slight Touch of Jazz). Nel primo dei due la voce spicca su un tappeto orchestrale segnando la prima cooperazione tra la cantante e un’orchestra. La sua capacità di swingare, scattare e parafrasare le linee testuali è tale da renderla paragonabile ai timbri di Carmen McRae o Sarah Vaughan.

Alla richiesta di descrivere cosa ha reso così speciale il suo modo di cantare, ella afferma: “Il mio sentimento di fronte ad un testo. Sono una cantastorie, cerco di avere una dizione eccellente, così non avrete il bisogno di cercare di indovinare cosa sto dicendo. Alcune persone ascoltano una canzone per anni e non hanno idea di quali siano le parole contenute in essa.”.

La destrezza vocale di Lorez si nota negli album con la Argo Records degli anni seguenti, con ricchezza di blue notes e grande interplay con i musicisti accompagnatori, tra cui il trio del pianista Ramsey Lewis in Early in the Morning (1960). Gli altri lavori sono Sing No Sad Songs for Me (1961), Deep Roots (1962) e For Swingers Only (1963).

Dopo le avventure dell’Illinois arriva all’inizio degli anni ‘60 il suo approdo in California, a Los Angeles, e la prosecuzione della sua carriera di leader vocale. Nella “City of Angels” si esibisce in clubs come The Parisian Room o Marla’s Memory Lane che vedono aumentare la sua popolarità e le collaborazioni con i grandi jazzisti dell’epoca, dai gruppi più ristretti del trio alle compagini più estese delle orchestre. Ecco aprirsi i recordings con la Impulse! (etichetta di Creed Taylor, resa famosa, tra le altre, per le registrazioni del sassofonista John Coltrane, tanto da venire riconosciuta come “The house that Trane built”). Nel ’64 vi incide oltre alla già citata Alexandria the Great, More of the Great Lorez Alexandria, in cui compaiono perle come Dancing on the Ceiling (Lorenz Hart, Richard Rodgers) e No More (Tutti “Toots” Camarata, Bob Russell). Il direttore Camarata guida l’orchestra che si aggiunge in alcuni brani del secondo album di Alexandria per la Impulse!.

Nelle note di copertina del primo album per questa label vi è un’interessante citazione della cantante, in cui sottolinea che tutti nella sua famiglia cantano e hanno cantato, essendo legati alla chiesa e ai cori che vi nascono, come da solida tradizione americana. Tuttavia, in un’intervista per la rivista «DownBeat» a metà anni ’60, riferisce: “Ho provato intensamente a distaccarmi dal cantare con sfumature religiose […]. Forse è perché è stato questo il mio background. Il “Gospelizing” - o l’uso del cosiddetto cantare “soul” – è diventato molto comune nel business. Ma non sono una “urlatrice” e non mi definisco una cantante gospel. Non lo ero neanche quando cantavo in chiesa. Non so urlare; non lo so proprio fare. Tuttavia il mio modo di cantare era efficace… Chiunque può cantare in modo spirituale senza essere etichettato come un cantante Gospel.”.

Dopo gli impegni con la Impulse!, Alexandria sposta le proprie attività nei campi di nuove etichette discografiche statunitensi legate al jazz, tra cui Pzazz, Discovery, Trend e Muse, tutte e quattro oggi inattive. Importanti sono i tre volumi che contengono gli omaggi al paroliere e songwriter Johnny Mercer (i primi due per la Discovery, il terzo per la Trend; siamo tra l’’81 e l’85): Sings the Songs of Johnny Mercer, Vol. I; Sings the Songs of Johnny Mercer, Vol. II: Harlem Butterfly; Sings the Songs of Johnny Mercer, Vol. III: Tangerine. Nel primo volume, al cui accompagnamento strumentale pensa il pianista Mike Wofford, compaiono tracce oggi classiche come Early Autumn o The Days Of Wine And Roses. Gli altri due lavori vedono in gruppo il Gildo Mahones Quartet formato da piano, sax, contrabbasso e batteria. Il secondo e il terzo volume ricevono la nomina al Grammy nell’84, interpretando saggiamente ed eccellentemente, oltre alle tracce principe Harlem butterfly e Tangerine, capolavori del compositore americano quali Come rain or come shine, Skylark… e poi: I’m old fashioned, Midnight sun

Ricordiamo la bellissima interpretazione di Lorez di Over the rainbow? Essa è un esempio della sua bravura nel trasformare un brano estremamente noto in qualcosa di innovativo e inaudito, talvolta rendendo irriconoscibile il tono originale. È nel periodo dell’album dell’87 Dear to my heart (per la Trend) che la vocalist conferma che dopo circa trent’anni di carriera non si era ancora esaurito il suo desiderio di variare, rinnovare, reinventare. Torna il pianista Gildo Mahones nel secondo lavoro firmato dalla Muse, nel ’93, in cui appare anche il sassofonista tenore e flautista Herman Riley.

Nel 1995 si affida alla Hindsight Records, etichetta tuttora impegnata a diffondere collezioni che hanno l’intento di catturare lo spirito della “Golden Age” in cui queste registrazioni sono nate. Da qui nasce il disco Talk about cozy, con pezzi già comparsi gli anni precedenti in altri album, come i già citati The best is yet to come e I’ve never been in love before.

La sua ultima opera viene rilasciata nel 1996 dalla Muse Records e prende il titolo di Star Eyes. Ecco comparire ancora una volta My one and only love, già brillantemente e finemente presente in Alexandria The Great. Houston Person è al sax tenore, Bruce Forman alla chitarra, Stan Hope al piano, Peter Weiss al contrabbasso e Michael Carvin alla batteria. Lorez Alexandria ha qui il compito di dipingere la tela del quadro e apporre tutti i segni, gli abbellimenti e le fioriture melodiche che desidera. Lorez viene colpita da un ictus che la costringe a ritirarsi dalle scene a metà anni ’90.

Qualche tempo dopo, nel 2001, Alexandria muore in una città della contea di Los Angeles, Gardena.

È la critica a definirla come “One of the most gifted and underrated jazz singers of the twentieth century.” – “Una delle cantanti jazz più talentuose e sottovalutate del ventesimo secolo.”.


Fonti, risorse bibliografiche, siti su Lorez Alexandria


Dahl Linda, Stormy Weather: The Music and Lives of a Century of Jazzwomen, Proscenium Publishers, 1984

Johnson David Brent, Alexandria the Great, Night Lights Radio Program, Indiana Public Media, 2005

Thurber Jon, Lorez Alexandria; Jazz Singer Noted for Style, 24 maggio 2001, in «Los Angeles Times», (ultima consultazione 31 luglio 2023)

www.allaboutjazz.com (ultima consultazione 31 luglio 2023)

www.allmusic.com (ultima consultazione 31 luglio 2023)

www.discogs.com (ultima consultazione 31 luglio 2023)

www.last.fm (ultima consultazione 31 luglio 2023)

www.rateyourmusic.com (ultima consultazione 31 luglio 2023)

https://www.youtube.com/results?search_query=lorez+alexandria (ultima consultazione 31 luglio 2023)

www.wbssmedia.com (ultima consultazione 1 agosto 2023)


Voce pubblicata nel: 2023

Ultimo aggiornamento: 2023